lunedì 22 agosto 2011

Le antenate bistrattate dei reality show – Letteratura popolare. Un genere che si nutre di sogni


Jane Austen e Liala

Da adolescente mi dilettavo nella lettura di Jane Austen (1775–1817), l’antesignana meno romantica e più nobile della letteratura rosa ma non disprezzavo Delly, pseudonimo di Jeanne Marie Petitjean de la Rosière (1875–1947) e del fratello Frédéric (1876–1949), autori di romanzi di successo; un unico titolo esemplificativo: Schiava… o Regina?.

Umile erede del “romanzo sentimentale”, il romanzo rosa è un genere limitato a un ambito di sottocultura, pur facendo felici ragazzine e donne di tutto il mondo (di ieri e di oggi), che spesso si passano di generazione in generazione questi libri e li leggono di nascosto, vergognandosene perché ne avvertono tutta la nascosta manipolazione. È letteratura di donne per le donne, che si nutre di sogni e che sogni impossibili alimenta, riconoscendo nell’amore il problema femminile fondamentale.
Esiste una delimitazione netta tra letteratura di serie A e serie B, e nessuna legittimazione è riconosciuta a quest’ultima, trascurata dalla critica letteraria che non vuole proprio sporcarsi le mani. Alcuni autori, che per decenni hanno avuto ristampe delle loro opere e lettori appassionati, sono confinati in un limbo disprezzato senza meritare mai una citazione nei dizionari enciclopedici, né tanto meno nelle antologie o nelle storie della letteratura (Delly è ignorata da tutte le enciclopedie che ho consultato). Eppure, anche soltanto come fatto sociologico di costume e di consumo, questa letteratura alternativa andrebbe valutata.
Le più classiche scrittrici rosa italiane sono Mura, Liala e Luciana Peverelli. Mura era lo pseudonimo di Maria Volpi Nannipieri, un’autrice di romanzi ricchi di passione distruttiva che sfidavano ogni convenzione ed erano prediletti da umili ragazze ma anche apprezzati da uomini colti come Riccardo Bacchelli. Il suo romanzo Sambadù, amore negro, che raccontava la passione travolgente tra un ingegnere africano e una donna italiana (realmente trasgressiva per il periodo), fu fatto sequestrare da Mussolini perché considerato troppo scandaloso. 
Animata dall’amore, Mura, prese nel 1940 un aereo che precipitò sull’isola di Stromboli (quando la vita supera la fantasia letteraria!).
Un’altra scrittrice dal successo duraturo è Liala (pseudonimo di Amalia Liana Negretti), nata nel 1897 e morta nel 1995 a 98 anni, che scrisse molti romanzi nei quali rivisse sempre il sogno d’amor perduto per un pilota, morto nel 1926, al quale aveva donato interamente il suo cuore, seppur già sposata (trasgressione allora imperdonabile!). 
I suoi romanzi, consolatori della rassegnata situazione femminile durante il Regime ma forieri di devastanti disillusioni, hanno trame rigide e ripetitive ed esprimono grande conformismo; l’evoluzione è verso il lieto fine e i personaggi sono creati sugli archetipi del tempo: la protagonista, bella e pura (forse intelligente ma questo non era importante), si realizza in un virtuoso e conveniente matrimonio; l’anta­gonista, bella e moderna ma diabolica, frappone mille ostacoli; l’eroe, prestante e altezzoso (lui sì, intelligente e realizzato nella sua attività) è un uomo plasmato sul mito del superuomo dannunziano. Lo stesso D’Annunzio, raffinato letterato (al quale Liala deve il suo pseudonimo), scriveva di lei con entusiasmo che era «compagna di volo e d’insolenze».
Ricordo con tenerezza la “Collana per Signorine” della Salani che offriva un’ampia scelta di romanzi rosa; essa ha oggi passato il testimone ai libri di Maria Venturi e Sveva Casati Modignani.

Ritengo la letteratura rosa un genere minore, meritevole di attenzione e certamente utile, avendo il merito di avvicinare alla lettura anche un pubblico semplice. Credo, poi, che leggere sia pur sempre un bene per lo sviluppo dei sentimenti umani; inoltre, se moltissimi lettori leggono questi libri, ciò deve pur significare qualcosa. Umberto Eco, in Tre donne intorno al cor… Invernizio, Serao, Liala (1979), esprimeva la sua voce autorevole in favore della letteratura popolare.
Nell’odierna cultura di massa, purtroppo, la lettura è stata sostituita dalla visione dei “reality show” ove la protagonista è sempre bella, ma non più virtuosa né tanto meno intelligente o emancipata. Ma si è mai veramente completata l’evoluzione della donna nella società moderna? (“La Sicilia” 8/1/2007)
P.S. Il reality show (il termine è traducibile in italiano come "spettacolo della realtà"), è un genere televisivo che per me ha segnato il declino di quella televisione di qualità che adoravo: quella degli sceneggiati d'autori (che hanno divulgato i classici e la letteratura), quella dei programmi d'approfondimento e informazione (che ci facevano partecipi della Storia), quella che costruì infine l'italiano – pur contaminandolo –come lingua della nazione.
Nel reality televisivo vengono simulate delle situazioni particolari, in cui spesso esiste un copione anche se allo spettatore tutto appare come una rappresentazione vera di vita reale. Amatissimi e popolarissimi non soltanto in Italia, hanno portato alla ribalta la gente comune in televisione perpetuando il suo significato di grande fabbrica di sogni. Con il tempo, però, i reality hanno contribuito a cambiare regole e costumi e n'è nata una tv "trash", completamente falsa e priva di valori (a parte quello dell'apparire in qualsiasi modo e contro qualsiasi freno o opportunità), capace – agendo come uno specchio deformante – di suscitare ottusi meccanismi d'identificazione e di esaltare i peggiori stereotipi contemporanei (incluso il gusto dell'esibizione sguaiata del corpo femminile o l'ingannevole idea di un successo immediato e dirompente).
In realtà – e per fortuna – questo genere sembra oggi al tramonto e il pubblico appare essersi stancato della gente comune e sembra preferire nuovamente nel reality televisivo la presenza dei protagonisti dello spettacolo o dello sport.
Tra i reality show più amati ricordiamo: gli Amici di Maria De Filippi, Ballando con le stelle, il Grande Fratello, La fattoria, La talpa, L'isola dei famosi, Music Farm, SOS Tata e X Factor; ultimo per gusto e qualità, La pupa e il secchione.

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