Tillie Learner Olsen Lee Grant
Il 14 gennaio di cento anni addietro, nel 1912, nasceva in Wahoo (Oakland) Tillie Olsen, scrittrice statunitense e femminista impegnata politicamente. Seppe dare corpo e voce alle esperienze e ai sogni della donna appartenente alla working class americana.
Cresciuta in un humus politico ricco e particolare, Tillie era la figlia dei due immigrati russi di origine ebraica Ida e Samuel Learner, attivisti politici già ai tempi della Rivoluzione russa, costretti a riparare negli Stati Uniti (Omaha, Nebraska) dopo una rocambolesca fuga del padre da una prigione zarista, ma rimasti militanti nel partito socialista russo. Seconda di sei figli, la Olsen venne cresciuta a pane e politica, a companatico e proteste sindacali. Il padre era divenuto intanto segretario del Nebraska Socialist party. Interruppe il liceo – ove si era sentita piuttosto discriminata a causa delle sue origine e delle sue idee politiche – prima della "graduation", per dedicarsi a un duro lavoro costituito da umili occupazioni. Scrisse: «Non ho rimpianti, la biblioteca è stata il mio college».
S'iscrisse al Partito Comunista nel 1930 e divenne membro della "Young Communist League", trovando lavoro presso il "New Masses" e il "Daily Worker" (selezionava, tra l'altro, le lettere inviate ai due giornali). Rimasta incinta giovanissima, diede il nome di Karla alla figlia (per celebrare l'amatissimo Karl Marx) e si buttò nell'organizzare manifestazioni e proteste, che le costarono l'arresto nel 1932. Ammalatasi di pleurite e tubercolosi, costretta all'immobilità forzata e all'emarginazione politica, si dedicò alla scrittura scoprendo il suo grande talento letterario.
Trasferitasi da madre "single" in California con la sua bambina, nel 1934 si dedicò alla causa dei sindacalisti marittimi e, durante uno sciopero dei portuali, venne arrestata per la seconda volta con l'accusa di vagabondaggio e rilasciata soltanto perché era già una scrittrice famosa. Messa sotto contratto dalla Random House, dal 1934 sino alla fine degli anni '50 non scrisse nulla perché troppo assorbita dalla politica e dalle necessità quotidiane: appuntò, però, ogni pensiero e osservazione, preparando il suo lavoro letterario successivo. L'unico racconto scritto e pubblicato nel 1934, The Iron Throat (La gola di ferro), richiamava metaforicamente la miniera di carbone dalla quale i poveri minatori venivano come ingoiati per non ritornare più alla luce. La storia riguardava la famiglia Holbrook ma si muoveva essenzialmente tra due protagoniste–io narranti: la piccola Mazie e la madre Anna, le donne di casa costrette a subire l'analfabetismo e l'odiosa frustrazione degli uomini (un marito e padre ubriaco, pronto ad alzar le mani), perdendo ogni fiducia in un impossibile futuro migliore.
Nel 1944 sposò Jack Olsen, che aveva conosciuto nella "Young Communist League", del quale prese quel cognome che la rese famosa. Rimarranno insieme fino alla morte di Olsen, avvenuta nel 1989. Ebbero tre figlie (oggi, tutte attiviste politiche molto impegnate), cresciute le quali, Tillie si dedicò al suo amore per la scrittura, frequentando dal 1953 al 1961 un corso di scrittura creativa alla San Francisco University. Poté finalmente affinare le sue doti naturali di scrittrice. Nel 1961 pubblicò Tell Me a Riddle, che raccoglieva quattro racconti (citati in tutte le antologie americane e tradotti in undici lingue) che raccontavano la difficile quotidianità della donna lavoratrice negli anni cinquanta, focalizzando le relazioni tra madre e figli (soprattutto figlia), e la ricchezza di quell'eredità di coraggio e speranza che una donna può trasmettere, pur nella sua povertà e nella sua inadeguatezza culturale (e nel libro vive lo slang dei marinai e degli afroamericani, e la lingua viva e ricca degli immigrati). Il volume le fu ispirato dalla madre Ida, della quale scrisse: «Mia madre è una poesia che non sarò mai all'altezza di scrivere, anche se tutto ciò che scrivo è una poesia dedicata a lei». Nel primo racconto I Stand Here Ironing risuona la voce di una madre della working class: mentre umilmente stira, con la mano premuta sul ferro da stiro (metafora di ciò che schiaccia l'uomo nella società), ripercorre tutte le tappe esistenziali della figlia primogenita (dedicatasi al teatro per comunicare con se stessa nella pantomima, e che vive ormai fuori di lei, oltre di lei) e riflette sul suo difficile destino materno (e molto è autobiografico): l'abbandono del padre, le difficoltà economiche, l'assenza degli aiuti di stato, il nuovo compagno e la nascita di altri quattro figli. Il secondo racconto è Hey Sailor, What Ship? e il terzo Oh Yes.
Il quarto racconto, quello che dà il titolo al volume, è Tell Me a Riddle (tradotto in italiano Fammi un indovinello, dalla battuta che la protagonista, quasi in agonia, dice all'uomo che è stato suo marito per quarant'anni). Questa storia, nella quale sono concentrati cinquant'anni cruciali di storia, fu adattata per il cinema da Lee Grant, attrice e regista americana, nata nel 1927 a New York, anch'essa immigrata di origini ebraiche, inserita nella blacklist per dodici anni negli anni '50 per non aver voluto testimoniare contro il marito Arnold Manoff (1914–1965), uno sceneggiatore di Hollywood simpatizzante di sinistra, dinanzi alla "House Committee on Un–American Activities", premio Oscar come migliore attrice non protagonista nel 1976 per l'interpretazione di Felicia Carp in "Shampoo". La Grant girò nel 1980 l'omonimo film – intitolato in Italia Come far volare il tempo – sceneggiato da Joyce Eliason e da Alev Lytle, interpretato da Melvyn Douglas, Lila Keddrova, Brooke Adams e Zalman King. Definito dalla critica: «Un po' statico, ma denso e rispettoso adattamento di un racconto di Tillie Olsen» ("il Morandini", di Laura, Luisa e Morando Morandini, Zanichelli editore), film e racconto narrano di due anziani genitori Eva e David – ebrei russi emigrati nel 1905 come i genitori di Tillie –, di Lennie (il figlio), di Helen (la nuora) e di Jeannie, Carol e Allie (i nipoti). Eva e David non vivono in armonia ma si distruggono in vecchi rancori; i figli vivono il conflitto profondo tra i genitori come un «affare di famiglia», trovando inspiegabile il loro desiderio di separarsi in età avanzata. Quando Eva scopre di avere un cancro che le lascia poco da vivere, ripercorre tutta la sua esistenza (vissuta prevalentemente in ambito familiare) e, grazie al distacco realizzato dalla malattia e da una perdita dell'udito, decide di rifiutare i ruoli stereotipati di moglie, madre e nonna sottomessa che le sono stati appioppati dalla società; si riappropria allora della sua vita, recuperando l'identità russa perduta e ritornando a rivivere gli ideali rivoluzionari e i sentimenti di giustizia sociale di quando era una giovane donna, piena di entusiasmo. Nell'ultima parte di questa storia complessa, molto struggente, Eva è agonizzante e David (che l'assiste) è costretto ad ascoltare il suo delirio e – tentando di parlare con lei – parla a se stesso ed è costretto ad ammettere che ha tradito i suoi ideali, la moglie, e anche se stesso.
Nel 1974 la Olsen pubblicò Yonnondio, from the Thirties, un romanzo ricco di lirismo e poesia, che aveva iniziato a scrivere nel 1937 e di cui il già citato "The Iron Throat" costituiva il primo capitolo. Costretta dalle circostanze della vita e dall'attività politica, aveva abbandonato il suo testo per riprenderlo nel 1972, quando il marito aveva ritrovato, messo da parte in soffitta, il vecchio manoscritto e gli appunti inediti. Il termine «Yonnondio» (tratto da una poesia di Walt Whitman) fa riferimento a un termine della lingua della tribù degli Irochesi ed esprime il senso del «lamento per una perdita» (il lamento della scrittrice per la perdita del manoscritto incompleto, poi ritrovato). La storia inizia con il crollo economico del 1929 e narra la disumanità delle condizioni di lavoro degli agricoltori nelle praterie del Midwest e degli operai industriali nei sobborghi metropolitani, all'affannosa ricerca di una vita appena decente (protagonisti le già ricordate Mazie e Anna, la bambina e la madre). In proposito ebbe a scrivere la Olsen: «Nei libri che leggo non c'è nessuno simile alla gente che conosco». Questo straordinario romanzo fu ricollegato al Realismo Proletario o Socialista (genere letterario nato nella Russia degli anni '30), in quanto testimonianza della realtà di un ben preciso periodo sociale, e fu anche considerato come un testo del Femminismo americano.
In Silences, un saggio pubblicato nel 1978, la scrittrice illustrò con dettagli dolorosi come sia possibile che particolari circostanze della vita possano costringere al silenzio uno spirito libero e creativo.
Tillie Olsen raggiungerà vertici inaspettati, diventando famosissima negli anni '70 (riscoperta dalle nuove femministe che leggevano i suoi lavori per la prima volta) e insegnando presso diverse università americane e norvegesi. Si spese, allora, in seminari e conferenze con lo scopo d'incoraggiare le giovani donne del proletariato alla rivalutazione delle proprie capacità e le molte e brave ma sconosciute donne scrittrici alla consapevolezza dei propri meriti.
Le furono conferite sei Lauree ad honorem e ricevette diversi premi, tra i quali il "Ford Foundation Grant" (1959), il "National Endowment For The Arts, grant in literature", lo "O'Henry Award for best short story" (1961), la "John Simon Guggenheim Fellowship" e il "Mari Sandoz Award" (1994). Nei ultimi suoi anni Tillie Olsen è fu onorata con tre "Lifetime Achievement awards".
Morì il 1º gennaio del 2007, all'età di 93 anni. Ann Hershey le ha dedicato il bel film documentario Tillie Olsen – A Heart in Action iniziato nel 2000 e completato nel 2007, toccante ritratto e sentito omaggio a Tillie Learner Olsen, ricco di materiali d'archivio, interviste e commenti sulla sua opera da parte d'importanti femministe.
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