mercoledì 11 gennaio 2012

La Bella e la Bestia: fiabe e psicologia



Jeanne-Marie Leprince de Beaumont


La programmazione di "Rai uno" ci ha regalato nei primi giorni del 2012 La Bella e la Bestia (Beauty and the Beast), una stupenda favola contenuta ne "I racconti delle Fate" di Madame Le Prince de Beaumont (1711–1780) – una sorta d’istitutrice vissuta alla corte di Luigi XVI, il Re Sole – , nella versione animata Disney, trasmessa il 2 gennaio del 2012.


Il film d'animazione "La Bella e la Bestia", vero grande capolavoro, apparve nel 1991 per la regia di Gary Trousdale e Kirk Wise, fu nominato come miglior film e vinse due premi Oscar (per la colonna sonora di Alan Menken e per la migliore omonima canzone, composta da Alan Menken – fu il suo ultimo lavoro (morirà di AIDS nel 1991) – su testo di Howard Ashman, cantata sia da Angela Lansbury sia da Céline Dion in duetto con Peabo Bryson sui titoli di coda). è la storia del sacrificio di Bella che si sostituisce al padre, intrappolato nel castello di Bestia, un mostro reso tale da una maledizione che ha trasformato in oggetti animati il suo cameriere (un candeliere), il suo maggiordomo (un orologio) e la sua governante (una teiera). Col tempo, Bella passa dalla pietà all'amore per il mostro, rompendo la maledizione e trasformando Bestia in un bellissimo principe.

è un’altra classica fiaba (scritta nel 1757) che celebra l’amore impossibile, una delle fiabe più popolari al mondo, ricca di significati simbolici. La fiaba originale di Madame Le Prince de Beaumont racconta come Bella riesce attraverso l’amore a ottenere la felicità per sé e per l’infelice mostro, la Bestia, privo di spirito ma dal cuore gentile. Per Bella «non è né la bellezza né lo spirito d’un marito a rendere la moglie contenta, è la bontà del carattere, la virtù, le buone maniere; e il mostro ha tutte queste buone qualità.». Quando, credendo di averla ormai perduta, il mostro si lascia quasi morire di fame, Bella accorre in fretta perché capisce che l’amicizia si è trasformata in un caldo amore, e bacia e abbraccia la Bestia, che altro non è che un bellissimo principe trasformato dal malefizio di una fata. E la fata dice a Bella: «[…] venite a ricevere il premio dell’ottima scelta che avete fatta; voi avete preferito la virtù alla bellezza, e anche allo spirito: meritate di trovare tutte queste doti riunite in una sola persona.». In questa fiaba c’è una morale quasi filosofica, che appare con evidenza nelle ultime parole con le quali finisce la narrazione: «[…] lui sposò la sua Bella, con la quale visse lungamente in una felicità perfetta, perché basata sulla virtù.» (Newton Compton Editori, Roma 2004).

Nel suo libro "Donne che amano troppo" (presentazione di Dacia Maraini, traduzione di E. Bertoni, Universale Economica Feltrinelli, Roma 1989), la psicoterapeuta Robin Norwood dedica a questa fiaba – che contiene «una profonda verità spirituale» – il capitolo dal titolo La Bella e la Bestia, che fa riferimento al tema della donna che col suo amore disinteressato vuol redimere l’amato. Robin, per la quale questo è «un pregiudizio culturale», così scrive: «La Bella, amando ciecamente il mostro spaventoso (negazione), sembra avere il potere di cambiarlo (controllo) […] Qual è, dunque, il significato centrale de La Bella e la Bestia? È “l’accettazione”. L’accettazione è l’antitesi della negazione e del controllo. È la disponibilità a riconoscere la realtà per quello che è, e a permetterle di esistere, senza sentire il bisogno di cambiarla. Questo è il segreto di una felicità che non viene dalla pretesa di manipolare le cose e le persone che ci circondano, ma dalla capacità di sviluppare una pace interiore, anche di fronte alle provocazioni e alle difficoltà. Ricordate che, nella favola, la Bella non aveva alcun bisogno che la Bestia cambiasse. La valutava realisticamente, l’accettava per quello che era, e apprezzava le sue buone qualità. Non aveva cercato di trasformare il mostro in un principe. Non aveva detto: “Sarò felice quando non sarà più un animale”. Non la compiangeva e non aveva cercato di cambiarla. L’accettazione da parte della Bella lasciava “libera” la bestia di sviluppare il meglio di se stessa. Che questo suo vero se stesso fosse proprio un principe di bell'aspetto (e un partner perfetto per lei) dimostra simbolicamente che lei aveva avuto una grande ricompensa per la sua accettazione. Il premio era stato una vita ricca e piena, rappresentata nella favola dalla conclusione: “e da allora in poi vissero felici per sempre”. L’accettazione vera di un individuo così com’è, senza cercare di cambiarlo con incoraggiamenti, manipolazioni o coercizioni, è l’aspetto più profondo dell’amore, e per lo più molto difficile da realizzare […] Paradossalmente, è proprio l’accettazione autentica che consente all’altro di cambiare, se vuole […] Finché non lo “accetta” così com’è, lei rimane congelata, sospesa, aspettando che lui cambi per poter cominciare a vivere.».

Nel paese della fantasia (e come talora si crede, anche nella vita di ogni giorno), l’amore può trasformare la realtà: ciò che accade a Bestia accade anche al rospo che si trasforma in una bellissima principessa, quando viene amato e baciato. A proposito di fiabe, Gilbert Keith Chesterton (1874–1936), romanziere e critico inglese, ha scritto che esse sono «cose assolutamente ragionevoli» e con riferimento proprio alla fiaba di Bella e la Bestia ha osservato: «Una creatura deve essere amata prima ancora di essere amabile».

Per lo psicanalista–psicoterapeuta viennese Bruno Bettelheim (1903–1990) ne "Il mondo incantato - Uso, importanza e significati psicoanalitici delle fiabe", Feltrinelli, Milano 1977 , questa fiaba spiega sia al bambino sia all’adulto che cosa significhi «esser veramente innamorati». Nel capitolo del suo libro Il ciclo fiabesco dello sposo–animale, lo psicoterapeuta confronta l’amore a prima vista di Biancaneve, Cenerentola e la Bella Addormentata con l’impegno nell’amore di Bella e Bestia, consistente nella capacità di «creare un legame con un’altra persona (l’io senza il tu vive un’esistenza solitaria)... di essere nello stesso tempo capace e felice di essere se stesso con un’altra persona». Con la sua dedizione, Bestia – che ha saputo divenire un essere dolce e amorevole, nonostante la natura animalesca, – rompe l’incantesimo e si reintegra nella sua umanità, ed entrambi gli innamorati ottengono il premio dell’unione con la persona amata e la felicità duratura.


D’altra parte, credo proprio che sia una realtà che l’amore trasformi; diceva S. Agostino (354–430): «L’amore uccide ciò che siamo stati perché si possa essere ciò che non eravamo».

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