lunedì 30 gennaio 2012

Barbara Tuchman, I cannoni di agosto, e la mattanza della guerra



Barbara Tuchman



Cento anni addietro, il 30 gennaio del 1912, nasceva a New York Barbara Wertheim Tuchman, scrittrice molto nota per I cannoni di Agosto (1962), con il quale vinse il prestigioso Premio Pulitzer nel 1963, e grande storica americana che seppe leggere la storia in un suo modo originale – limpido e ricco di pathos – divulgando al popolo, con i milioni di copie vendute, i periodi storici più diversi (dal Medioevo e dal Rinascimento sino ai giorni nostri). 


Si distinse per lo stile lucido, la forza narrativa degli eventi, l'accurata raccolta dei dettagli e l'intensa rappresentazione psicologica dei protagonisti dei drammi del mondo e dei leader della guerra, analizzati nella loro essenza profonda di esseri umani (talora, nel loro deficit di senso comune e di senso dell'onore). La Tuchman era convinta che lo storico fosse un narratore di storie che doveva sapere quando interrompere la ricerca e quando cominciare a scrivere; osservò in Practicing History: Selected Essays (1981): «è faticoso, lento, spesso doloroso, talvolta un'agonia. Significa riordinare, rivedere, aggiungere, tagliare, riscrivere. Ma provoca un senso di eccitazione, quasi un rapimento; un attimo nell'Olimpo. In breve, è un atto di creazione.».

Nata in una famiglia agiata e influente, Barbara Tuchman era la figlia del banchiere Maurice Wertheim e la nipote da parte di madre di un importante diplomatico. Laureatasi al Radcliffe College (1933), studiò anche a Cambridge (Mass.) occupandosi di letteratura e di storia; sempre considerò questa combinazione come benefica per la sua attività, a cavallo tra il saggio storico e il romanzo. Sposò Lester R. Tuchman, un noto ricercatore ed eminente professore di medicina clinica. Ebbero tre figlie, e ricominciò a scrivere soltanto quando le bambine iniziarono a frequentare la scuola.

Ricercatrice e giornalista, si abbandonò poi completamente al piacere di frequentare le biblioteche (durante una raccolta fondi per la New York Public Library, aveva scritto sul "New Yorker" del 21 aprile 1986: «Non c'è nulla che mi faccia sentir male come la porta chiusa di una biblioteca») e al gusto di scrivere, divenendo una scrittrice a tempo pieno. Aveva scritto: «I libri sono l'umanità stampata… I libri sono portatori di civiltà. Senza libri, la storia è silenziosa, la letteratura è muta, la scienza è inetta, il pensiero e la speculazione sono a un punto morto. I libri sono i motori del cambiamento, le finestre sul mondo, i fari eretti nel mare del tempo». Insegnò alla Harvard University e all'University of California.

Una sua interessante osservazione, nota come "La Legge di Tuchman", recita così: «Il fatto di essere riportato, moltiplica l'estensione apparente di un qualsiasi andamento deplorevole da cinque a dieci volte»; con essa, la Tuchman voleva evidenziare che i disastri e le catastrofi non sono poi così devastanti così come vengono riportate: nei resoconti della cronaca e della storia certi avvenimenti da sporadici divengono più persistenti, globali e pervasivi di quanto non siano nella realtà. La persistenza della normalità di solito prevale sull'effetto nocivo rappresentato, e molto spesso, nella quotidianità, si può ritornare a casa la sera senza incappare in nessuno degli eventi negativi alla ribalta della cronaca.

Vinse un secondo premio Premio Pulitzer nel 1972 con Stilwell and the American Experience in China (1970), biografia ricca di vivacità e approfondimento psicologico del generale Joseph Stilwell, famoso per essere stato al comando del teatro operativo indo–cinese durante la ii Guerra Mondiale. Tra le altre sue opere importanti sono da ricordare: Il tramonto di un'epoca: Gran Bretagna e Spagna dal 1700 (The Lost British Policy: Britain and Spain Since 1700) (1938), saggio volto a raccontare la storia della Gran Bretagna e della Spagna a partire dal 18° secolo, in cui demoliva la politica britannica nel Mediterraneo occidentale; Bible and Sword: England and Palestine from the Bronze Age to Balfour (1956), sul coinvolgimento dell'Inghilterra nella Palestina nel corso dei secoli e sulle relazioni anglo–palestinesi; Il telegramma Zimmermann (The Zimmermann Telegram) (1958), dedicato all'incidente spionistico che nel 1917 coinvolse la Germania e il Messico, contribuendo a far entrare gli Stati Uniti in guerra durante la i Guerra Mondiale; The Proud Tower: A Portrait of the World Before the War, 1890-1914 (1966), che va dall'ascesa dell'imperialismo statunitense, passando per il socialismo e il comunismo, sino al governo degli stati europei e nordamericani agli inizi del 19° secolo; Uno specchio lontano: Un secolo di avventure e di calamità, il Trecento (A Distant Mirror: The Calamitous Fourteenth Century) (1978), un parallelo storico tra il 14° secolo e l'Europa moderna; La marcia della follia: dal cavallo di Troia alla guerra del Vietnam (The March of Folly: From Troy to Vietnam) (1984), una lucida riflessione sui ricorsi storici delle politiche contrarie agli interessi dei governi, da Troia, attraverso il Protestantesimo e la perdita delle colonie americane, sino al comportamento dissennato del governo americano durante la Guerra del Vietnam; nel concludere scrisse la Tuchman: «La forza del comando spesso causa un venir meno del pensiero». Pubblicò infine The First Salute: A View of the American Revolution (1988), sulle prospettive sulla Rivoluzione Americana; la studiosa poneva la guerra nel contesto storico dei lunghi conflitti  persistenti nel tempo tra Inghilterra e tra Francia e Olanda, e faceva un vivido ritratto umano del generale George Washington.

Il suo capolavoro fu tuttavia I cannoni di Agosto (The Guns of August), che descriveva le decisioni governative e le azioni militari che portarono al disastro della i Guerra Mondiale (vera e propria fine di un mondo), focalizzando soprattutto i primi mesi del conflitto bellico sul fronte occidentale e su quello orientale che avrebbero deciso il destino della guerra a causa della mancanza di decisioni rapide ed efficaci (molti storici hanno però contestato questa tesi). Questo saggio fu molto amato, letto e riletto, da John F. Kennedy – egli stesso un amante della storia – che nel 1962 ne consigliò la lettura al "Comitato Esecutivo del National Security Council" durante i giorni della crisi di Cuba. Nel film di Roger Donaldson Thirteen Days (2000), con Kevin Costner e Bruce Greenwood, che racconta quella crisi, Kennedy alla Casa Bianca – che insieme al fratello Robert resistette ai militari che avrebbero voluto portare avanti progetti d'invasione di Cuba per reagire all'installazione dei missili sovietici – cita il testo della Tuchman, confrontando la situazione che stava vivendo con la tragedia umana affrontata cinquanta anni prima e descritta da Barbara Tuchman (che era una convinta liberal democratica, spesso schierata). Questo è un libro chiave per la comprendere la Grande Guerra e per capire perché essa prese una piega inaspettata, diventando il teatro di un macello per il tracollo dei piani strategici dei due eserciti contrapposti (francese e tedesco) a causa dell'ottusità e dell'incompetenza dei governi e degli stati maggiori, convinti ancora di combattere una guerra di tipo ottocentesco. Questo saggio ha ispirato l'omonimo documentario girato dal regista–produttore americano Nathan Kroll nel 1965 (nella versione italiana, le magiche voci di Emilio Cigoli e Nando Gazzolo), che coprendo il periodo che va dal funerale di Edoardo VII (1910) fino all'armistizio finale, otto anni dopo, e spaziando tra aneddoti, ricostruzioni storiche, documenti e analisi dell'idea di una guerra lampo sostituita nella realtà da una lunga e sofferta guerra di posizione, seppe restituire per intero il messaggio della Tuchman e quel tragico “suicidio dell'Europa” che provocò la perdita di milioni di vite sui campi insanguinati della i Guerra Mondiale. Leonard Maltin, autorevole critico cinematografico americano, su "Guida ai film 2009" (Baldini Castoldi Dalai editore, 2008) ha scritto: «Un adattamento di grande competenza, quando non eccezionale, del best–seller di Barbara Tuchman, che utilizza numerosissimi filmati rari d'epoca. Vale davvero la visione.».

E significato del libro e del film mi ha ricordato le tremende parole scritte da Dostoevskij nell'“Idiota” (Parte seconda, capitolo decimo): «Agli uomini, gli unici essere perfetti della storia, la natura diede la facoltà di dire cose capaci di far scorrere fiumi di sangue, un sangue che, se fosse stato versato tutto insieme, avrebbe già annegato il genere umano.».

Nel 1980 la Tuchman ebbe l'alto onore di essere selezionata dal "National Endowment for the Humanities" (NEH) (istituzione governativa che sostiene la ricerca e l'educazione pubblica nel campo delle discipline umanistiche) per tenere l'annuale Jefferson Lecture intitolata I momenti migliori dell'umanità (Mankind's Better Moments).

Barbara Tuchman morì il 6 febbraio del 1989 a Greenwich all'età di 77 anni.


In occasione della sua morte, in un articolo dal titolo "è morta Barbara Tuchman" (8 febbraio 1989, ricerca.repubblica.it/repubblica/.../02/.../morta-barbara-tuchman.html) ha scritto Romano Giachetti: «…sostenne anni fa che la Storia è qualcosa di fortuito, forse ciclico, e che compito dello storico è tentare di catturare le vicende umane nel loro continuo fluire attraverso un insieme di circostanze sempre mutevoli, con il buono e il cattivo che coesistono continuamente e che come negli esseri umani sono inestricabilmente amalgamati… Uno scrittore, anche uno storico, deve saper tenere desta l'attenzione del lettore, diceva la Tuchman… Ma il lavoro di Barbara Tuchman ha importanza per ragioni diverse, tra cui due soprattutto: la sua archiviazione dell'avventura americana in Vietnam (in The March of Folly, La marcia della follia…), che riflette una posizione assunta ormai da una buona parte degli storici del suo paese (che, cioè, certi errori si debbano attribuire alla costante cecità di governi che testardamente perseguono una politica contraria agli interessi dei loro paesi… fino, appunto, alla cocciutaggine di Lyndon Johnson in Indocina)… A chi le chiedeva cos'è la Storia, diceva…: “è un insieme di fatti che, se messi tutti insieme e riportati in un libro, farebbero morire di noia il lettore più volenteroso. La vera Storia, in fondo, la fanno pochi avvenimenti e pochi esseri umani. Non è forse di questi che vale la pena di parlare?”».

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