martedì 3 gennaio 2012

Emilio Salgari: immaginario avventuroso e realtà disperata



Emilio Salgari



Il 25 aprile 1911 moriva a Torino Emilio Salgari. Sono passati cento anni ma restano popolari i suoi libri di avventura, sui quali si sono formate varie generazioni di ragazzi, entusiasmati da Sandokan, Yanez o il Corsaro Nero (ma piacevano anche alle ragazze, che amavano Jolanda la figlia del Corsaro Nero o la perla di Labuan).

Nella letteratura mondiale d'avventura, il ruolo e l'inventiva di Salgari non sono stati inferiori a quelli di Twain o Melville. Nato a Verona il 21 agosto 1862 da piccoli commercianti, crebbe nel comune di Negrar (Valpolicella) in una frazione chiamata oggi "Ca' Salgari". Voleva diventare capitano di marina e frequentò il Regio Istituto Nautico Paolo Sarpi di Venezia senza cogliere l'obiettivo ma – "uomo di mare" nel cuore – si fece chiamare sempre «capitano», sognando regioni lontane e spiagge remote che nei suoi libri seppe ricostruire, rispettando con accuratezza maniacale sia il contesto storico sia la geografia (giovandosi anche di atlanti e carte nautiche).

Morbosamente prolifico, creò storie fantasiose che si muovevano tra i pirati della Malesia, i corsari di Antille e Bermude, gli avventurieri nel Far West e in India, i pescatori di balene, i cacciatori di foche, i minatori dell'Alaska e i predoni del Sahara. A venti anni pubblicò su un settimanale milanese le quattro puntate de I selvaggi della Papuasia e nel 1883 sul giornale veronese "La nuova Arena" uscì a puntate La tigre della Malesia che piacque tanto al pubblico dei lettori. Seguirono poi due grandi dolori: la morte della madre (1887) e il suicidio del padre (1889). Nel 1892 sposò Ida Peruzzi (un'attrice teatrale che amava chiamare «Aida», come l'eroina di Verdi) e si trasferirono in Piemonte. Tra il 1892 e il 1900 pubblicò moltissimi libri, tra i quali diventarono famosi I misteri della jungla nera, I pirati della Malesia e Le Tigri di Mompracem. Adorato dal pubblico e tradotto all'estero, fu però ignorato dalla critica che considerava minore e popolare la sua produzione.

In perenni difficoltà economiche (strozzato dai debiti e frustrato dall'amarezza di non poter assicurare un futuro ai quattro figli) era costretto a scrivere in modo quasi compulsivo anche per i gravi problemi di salute della moglie che dal 1903 cominciò a manifestare turbe mentali, per finire poi ricoverata in manicomio. Salgari doveva scrivere per contratto almeno tre libri l'anno e, per sfuggire alla clausola dell'esclusività, pubblicò anche molte opere con pseudonimi diversi.

Nel 1909 scriveva al pittore Giuseppe "Pipein" Gamba (suo primo grande illustratore): «La professione dello scrittore dovrebbe essere piena di soddisfazioni morali e materiali. Io invece sono inchiodato al mio tavolo per molte ore al giorno e alcune della notte... Debbo scrivere a tutto vapore cartelle su cartelle, e subito spedire agli editori, senza aver avuto il tempo di rileggere e correggere.». Questi lavori forzati di scrittura (una vera "giungla" di carta) minarono il suo già precario equilibrio psichico: tentò il suicidio nel 1910 e lo realizzò il 25 aprile 1911 squarciandosi con un rasoio gola e addome nel bosco della Madonna del Pilone (aveva solo 49 anni).

Lasciò tre lettere. Ai figli scrisse: «Figlioli, vado a morire, voi sapete dove, poiché è sul colle ove andavamo a cogliere i fiori. Sono un vinto: non vi lascio che 150 lire, più un credito di altre 600...» mentre ai suoi editori rimproverò: «A voi che vi siete arricchiti con la mia pelle mantenendo me e la mia famiglia in una continua semi–miseria o anche più, chiedo solo che per compenso dei guadagni che io vi ho dato pensiate ai miei funerali. Vi saluto spezzando la penna.»). Il tragico fil rouge del suicidio familiare legò anche i due figli Romero (1931) e Omar (1963); quest'ultimo aveva voluto testimoniare la leggenda di Salgari con il libro Mio Padre (1940).

G. Arpino e R. Antonetto in Emilio Salgari, il padre degli eroi (1991) hanno scavato a fondo nella vita dello scrittore mentre E. Ferrero nella sua biografia Disegnare il vento (2011) ha parlato di «bohème di una vita più sognata che praticata» e di «un vero forzato della penna, pagato a cottimo, che non sapeva gestirsi, né vendersi bene».

In "Emilio Salgari, una produzione grandiosa e un destino avverso" (Corriere della Sera, 03/01/2011) P. Cacucci ha evidenziato una «letteratura antimperialista» e un ruolo misconosciuto di «alfiere dell’anticolonialismo», riportando quanto detto da Paco Taibo II sul suo alto valore educativo («Un ragazzo che legge Salgari, da adulto non potrà essere razzista») o da Luis Sepúlveda, il cui nonno esule e anarchico aveva organizzato il primo circolo di lettura delle opere salgariane (quasi dei seminari libertari), e concludendo che Salgari «oberato di debiti e stretto nella morsa di editori rapaci... non resse alle umiliazioni di una vita ingrata».

Tanto amato dai ragazzi ma infelice e tormentato, con i suoi libri ha nutrito il cinema e la televisione di tutti i tempi. La filmografia tratta dalle sue opere è veramente sterminata.


Si va dai film di Vitale De Stefano diretti tra il 1920 e il 1921 (Il corsaro nero, Jolanda la figlia del Corsaro Nero, La regina dei Caraibi, Gli ultimi filibustieri, Il Corsaro Rosso e Il figlio del Corsaro Rosso), a quelli girati negli anni Trenta e Quaranta di Amleto Palermi (Il corsaro nero), Enrico Guazzoni (I pirati della Malesia e La figlia del Corsaro Verde), Giorgio Simonelli (Le due tigri) e Marco Elter (Il figlio del Corsaro Rosso e Gli ultimi filibustieri), e a quelli degli anni Cinquanta di Mario Soldati (I tre corsari e Jolanda la figlia del Corsaro Nero), Gian Paolo Callegari e Ralph Murphy (I misteri della giungla nera e La vendetta dei Thugs), e Carmine Gallone (Cartagine in fiamme). Molti sono stati i film salgariani degli anni Sessanta, tra i quali Sandokan la tigre di Mopracem, I pirati della Malesia e La montagna di luce di Umberto Lenzi, e Sandokan alla riscossa, Sandokan contro il leopardo di Sarawak, I misteri della giungla nera e L'avventuriero della Tortuga di Luigi Capuano. Degli anni Settanta e di Sergio Sollima ricordiamo il film Il corsaro nero, lo sceneggiato televisivo Sandokan e il sequel La tigre è ancora viva: Sandokan alla riscossa. Più recenti sono le miniserie televisive Il segreto del Sahara di Alberto Negrin (1987) e I misteri della giungla nera di Kevin Connor (1991), e Il ritorno di Sandokan (1996) di Enzo G. Castellari e L'elefante bianco (1998) di Gianfranco Albano, in due puntate. ("Persinsala.it", 21 aprile 2011)

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