Michael Ende
Ottant’anni addietro nasceva a Garmisch Partenkirchen (il 12 novembre del 1929) Michael Ende, fantasioso scrittore tedesco che sin dall’infanzia si era sempre pasciuto di creatività.
Era il figlio del noto pittore metafisico–surrealista Edgar Ende, le cui opere sotto il regime di Hitler furono confiscate perché considerate “arte decadente”. Studente difficile (era convinto che la scuola penalizzasse le sue pulsioni creative e la sua fantasia), fu sospeso dalla scuola nel 1941, e nel 1945 venne arruolato a 16 anni e mandato al fronte senza addestramento; dopo aver visto morire alcuni suoi compagni, sconvolto dagli orrori della guerra, si diede alla fuga entrando a far parte del Fronte anti–nazista per la Baviera Libera, ove rimase sino alla fine della guerra.
Critico e autore teatrale, raggiunse il successo con il libro per ragazzi Le avventure di Jim Bottone (Un ferroviere e mezzo), cui seguirono gli altri due romanzi per ragazzi Momo (1972) – che ispirò sia la versione cinematografica di Johannes Schaaf (1986) con la colonna sonora di Angelo Branduardi (in cui lo stesso Ende si esibiva in un cammeo) sia quella a cartoni animati di Enzo D’Alò con musiche di Gianna Nannini – e La storia infinita (1979), dalla quale fu tratta la controversa versione cinematografica di Wolfgang Petersen (1984), della quale l’autore cercò di bloccare l’uscita e per la quale fece una causa – perduta – per togliere il suo nome dai titoli di testa (l’autore parlò di «gigantesco melodramma commerciale fatto di kitsch, plastica e felpa»).
Ende morì a Stoccarda il 28 agosto del 1995 per un cancro allo stomaco (aveva soltanto 65 anni).
Con i suoi libri ricchi di luoghi fantastici e di chiavi simboliche, l’autore si è dedicato alla costruzione di un mondo enorme e vario, connotato da sfondi smisurati e da labirinti inestricabili, da enigmi metaforici che divengono muri invalicabili e da una fiabesca trasposizione di eventi reali. E lo scrittore – che amava il teatro – recita con parole incantate le sue incredibili storie, fatte per essere ascoltate, al suo pubblico di lettori che vengono completamente coinvolti nel suo magico cerchio.
Ha scritto l’autore: «Terre e mari, montagne e corsi d’acqua non sono sempre allo stesso posto, come avviene nel mondo degli uomini... Può capitare di passare per un deserto infuocato e trovarsi subito dopo in regioni di nevi artiche. In quel mondo non esistono distanze esterne concretamente misurabili, e così anche le parole vicino e lontano hanno un significato totalmente differente. Tutte queste cose dipendono dallo stato d’animo e dalla volontà di colui che compie un determinato cammino.». E il bambino diviene il compagno di viaggio privilegiato e il partner di avventure inenarrabili, cui chiedere una fiducia incondizionata alla vicenda fantastica per superare il mondo reale ed entrare in quello letterario immaginato dall’autore.
Momo (1972) è senza dubbio tra i romanzi più famosi di Michael Ende: è una tenera favola moderna ma anche una feroce critica al consumismo e alla frenesia della vita moderna, al sentimento d’impotenza di fronte al tempo che passa. Momo è un’orfanella povera e ignorante ma piena di cuore e sorrisi; abita nel rudere di un anfiteatro alla periferia di una metropoli e viene adottata da una piccola comunità: sa ascoltare in silenzio tutti quelli che le parlano «in modo che ai tanti, di botto, si affacciavano alla mente idee molto intelligenti», li sa rincuorare invitandoli a riassaporare le piccole cose della vita e a guardarsi dentro, li fa sentire importanti. Momo deve combattere contro i Signori Grigi, i Ladri del Tempo, che possono trasformare la vita umana in un deserto e che possono rendere sterile il cuore umano.
Il romanzo La storia infinita (1979), grandissimo capolavoro del Novecento tedesco, rappresenta un testo iniziatico, una favola metaforica senza inizio e senza fine, uno stupefacente puzzle di realtà e fantasia, di fumetto e fantascienza, di enigmi e simboli, che s’incastrano come scatole cinesi. È un libro nel libro: quello rubato nel negozio d’antiquariato del signor Coriandoli da Bastiano, giovane frustrato protagonista, che vive di sogni e d’avventura attraverso le pagine dei libri che ama, e quello contenuto nella Montagna Vagante e poi riscritto dal Vecchio; è un libro che parla di altri libri ma che è anche la porta d’ingresso che rompe ogni barriera tra Bastiano e personaggi del mondo di Fantàsia, tra il lettore e i protagonisti immaginari. Attraverso le sue avventure, Bastiano diviene la rappresentazione universale dell’individuo che vuol essere diverso, che sogna quel che non ha ma che riesce a non divenire schiavo della sua fantasia. Tutto ciò può essere esemplificato in ciò che si dicono l’Infanta Imperatrice – affetta da una malattia mortale, il cui regno sta per essere inghiottito dal Nulla, – e il Vecchio della Montagna Vagante: «“Tutto ciò che accade, tu lo scrivi”, disse. “Tutto ciò che io scrivo accade”, fu la risposta». Soltanto un appartenente ai Figli di Adamo, Bastiano–Atreyu (che troverà sul suo cammino Fucùr, il Drago della Fortuna), correrà in aiuto dell’Infanta Imperatrice per salvare Fantàsia e il Mondo. Nell’inseguire i suoi sogni, Bastiano perderà poi la memoria della sua vita umana e diverrà assetato di potere: saranno Atreyu e Fucùr a ridare i ricordi perduti a Bastiano e a consentirgli la conclusione del suo viaggio.
A questo punto, è facile capire cosa Ende nascondesse sotto l’immagine del regno di Fantàsia: il mondo interiore del singolo uomo, l’inconscio collettivo, il senso dell’umanità libera e creativa, un percorso di crescita, il prendere le distanze da un mondo arido senza sogni mantenendo il contatto con la fantasia e la fiaba, ma anche il mantenere l’intelligenza e la razionalità. (www.zam.it, News, 6/11/2009)
P.S. Dal romanzo diMichael Ende La storia infinita (Die unendliche Geschichte), fu tratta la controversa omonima versione cinematografica di Wolfgang Petersen (1984), sceneggiata dallo stesso Petersen e da Herman Weigel, con Noah Hathaway (Atreyu), Barret Oliver (Bastian) e Tami Stronach (l'Imperatrice bambina). Ha commentato Morando Morandini (ne "il Morandini, Zanichelli editore): «Tratto dalla prima parte del romanzo (1979) di avventure fantastiche di Michael Ende che, furioso dopo aver visto il film, fece togliere il suo nome dai titoli: "Auguro la peste ai produttori. M'hanno ingannato. Quello che mi hanno fatto è una sozzura a livello umano, un tradimento a quello artistico". Costato 25 milioni di dollari – la più costosa produzione del cinema tedesco – è un film fantastico con messaggio: se la gente smette di sognare, non può sopravvivere. Trionfo degli effetti speciali, pachidermica macchina di spettacolo, sfilata di mostri, ma senza violenza e nemmeno orrore. Manca di tensione drammatica e di ritmo avventuroso.». In effetti, il film – girato in inglese – è teso e appassionato, e non manca di forza di suggestione rendendo ciò che di favolistico vive nel romanzo di Michael Ende. Si avvale, inoltre, della robusta colonna sonora di Klaus Doldinger, Limahl e Giorgio Moroder.
Seguirono La storia infinita 2 (The NeverEnding Story II: The Next Chapter), film diretto dal regista australiano George Miller (1990), interpretato da Kenny Morrison (Atreyu), Jonathan Brandis (Bastian) e Alexandra Johnes (l'Imperatrice bambina). Considerato inferiore al precedente, il film fu stroncato da Richard Harrington del Washington Post; Morando Morandini (ne "il Morandini") ha commentato: «Deludente seguito del film (1984) di Petersen, ispirato alla seconda parte del libro di Michael Ende: G. Miller... ha il piombo sulle ali. Tedio, con scene e costumi da megashow del sabato sera»; mentre Pino Farinotti (ne "il FARINOTTI 2007", Edizioni San Paolo), ha scritto: «... il film è ricco di effetti speciali, ma povero di idee».
Il film La storia infinita 3 (The NeverEnding Story III) di Peter MacDonald (1994) è meno aderente al romanzo di Ende (nei titoli di testa è però ben specificato che la sceneggiatura è soltanto ispirata ai personaggi del romanzo di Ende e che la trama non è fedele a quella del libro) ed è intrepretato da Jason James Richter (Bastian Bux), Melody Kay (Nicole), Jack Black (Slip) e Carole Finn (Mookie). Ha commentato Morando Morandini (ne "il Morandini"): «3° della serie, ma questa volta Michael Ende riuscì a far togliere il suo nome. Il film risulta ideato da Karin Howard e sceneggiato da Jeff Lieberman. Il progressivo calo del budget è direttamente proporzionale al calo del divertimento, degli effetti, della fantasia.».
Esiste anche una serie a cartoni de La storia infinita (1995 e 1996), prodotta da CineVox (Germania), Ellipse (Francia) e Nelvana (Canada).
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