giovedì 20 ottobre 2011

Elia Kazan, indimenticabile grandissimo regista



Elia Kazan

Il 7 settembre di cento anni addietro, nel 1909, nasceva a Istanbul Elia Kazanjoglou, regista e pro­duttore cinematografico statunitense, più volte Premio Oscar per la regia (morì a New York il 28 settembre del 2003).


Di origini greche, a quattro mesi dalla nascita, si trasferì in USA con la famiglia, divenendo uno dei tanti umili immigrati che hanno fatto grande l’America e che hanno onorato il panorama della cinematografia mondiale: innumerevoli e splendidi sono i suoi film girati tra gli anni cinquanta e sessanta, rimasti nella memoria collettiva.

A proposito del suo talento a ottenere il meglio dai suoi attori, scrisse: «La macchina da presa è più di un registratore, è un microscopio, penetra, entra dentro le persone e consente di vedere i loro pensieri più intimi e nascosti, e sono riuscito a farlo con gli attori. Voglio dire, ho rivelato cose che gli attori non sapevano stessero rilevando di loro stessi.».

I suoi interessi iniziali furono la letteratura e il teatro: diresse tutte le commedie di Arthur Miller e Tennessee Williams, dei quali aveva intuito grandezza e immortalità.

Dalla fine degli anni trenta si era dedicato al cinema, ed ebbe il merito d’imporre all’attenzione del pubblico e della critica la sua icona cinematografica, Marlon Brando, il protagonista dei suoi due grandi film Un tram che si chiama Desiderio (1951), dalla commedia di Williams, e Fronte del porto (1954), che vinse il Leone d’Argento alla Mostra del Cinema di Venezia e che si aggiudicò ben otto premi Oscar. Come dimenticare anche Un albero cresce a Brooklyn (1945) ispirato dal bel romanzo di Betty Smith, Mare d’erba (1947), Viva Zapata! (1952), La valle dell’Eden (1954), tratto dal capolavoro di John Steinbeck, Il ribelle dell'Anatolia (1963), Il compromesso (1969), I visitatori (1972), e Gli ultimi fuochi (1976).

Uno tra i grandi film di Elia Kazan è Splendore nell’erba (1961), il cui copione è stato scritto da William Inge, drammaturgo statunitense che per questo film fu premiato con l’Oscar per la migliore sceneggiatura originale (nel 1953 aveva già vinto il Premio Pulitzer per l’opera teatrale “Picnic”). Questo film, tra l’altro, ci ha fatto conoscere il grande poeta inglese William Wordsworth (1770–1850), segnato dalla povertà e dalle sventure domestiche; una strofa della sua “Ode: Intuizioni di immortalità nei ricordi dell’infanzia” (Intimation of Immortality from Recollections of Early Childhood) (1807) è recitata nel film e si è come scolpita nei nostri cuori: «Se niente può far sì che si rinnovi / all’erba il suo splendore o che riviva il fiore, / della sorte funesta non ci dorremo allora / ma, ancor più saldi in petto, godrem di quel che resta» (questa poesia esprime con sofferta malinconia la nostalgia degli ideali, di ciò che non può essere più, insieme alla necessità di accogliere nella vita reale anche soltanto quel che resta dei sogni).

Kazan era un convinto sostenitore del metodo Stanislavskij (il metodo del regista russo Konstantin Stanislavskij, conosciuto negli USA per il suo Il lavoro dell’attore su se stesso del 1938), che insisteva sul lavoro preparatorio che l’attore deve affrontare per dare verità interiore al suo personaggio, utilizzando il proprio vissuto, la propria «memoria emotiva». Per questo, a New York nel 1947, fondò l’“Actors’ Studio” insieme a Robert Lewis e a Cheryl Crawford; a loro si unì poi Lee Strasberg che nel 1951 ne divenne l’infaticabile direttore. Questa prestigiosa scuola d’arte drammatica (ancora esistente) ha consacrato tutti i migliori attori dello star sy­stem americano, forgiati sulle esperienze del “Group Theatre”, una compagnia degli anni trenta che aveva esportato in USA molte innovative soluzioni del teatro europeo.

Un unico neo della biografia di Elia Kazan fu l’abbaglio preso nel 1952, collaborando con la com­missione per le attività antiamericane di McCarthy e prendendo posizione contro registi e attori di sinistra (fu attivo nel compilare quelle famigerate liste di proscrizione che costrinsero molti artisti e produttori a presentarsi dinanzi al Comitato e a subire l’emarginazione o addirittura l’esilio). A causa di questi comportamenti, per anni, Kazan fu costretto a subire il duro ostracismo della critica di sinistra. (www.zam.it, News, 25/7/2009)

P.S. Il film Un tram che si chiama Desiderio (A Streetcar Named Desire) (1951) di Elia Kazan, superbo capolavoro della cinematografia, fu tratto dall'omonimo dramma di Tennessee Williams – messo in scena dallo stesso Kazan nel 1947 con Jessica Tandy come protagonista – ed era interpretato da Kim Hunter, Karl Malden, Vivien Leigh e Marlon Brando. E' la storia tragica di Blanche Dubois, segnata dal suicidio del marito, fragile e sessualmente inquieta, colta e di modi raffinati,la quale va ospite a New Orleans in casa della sorella Stella, sposata col rude e ribelle ma sexy Stanley Kovalski e incinta di lui. Blanche tenta di farsi sposare da un maturo corteggiatore, Harold Mitchell, ma si sente anche fatalmente attratta dal cognato che la disprezza e che – quando la moglie viene ricoverata in ospedale per il parto – la violenta facendola scivolare nella follia. Distrutta dai fantasni del passato e del presente, Blanche è costretta al ricovero in clinica psichiatrica.

Ha scritto Morando Morandini (ne "il Morandini", Zanichelli editore): «Kazan usa la cinepresa come un microscopio che penetra nella psicologia dei personaggi, punta sulla crudeltà del linguaggio nell'esibizione dei corpi, del sudore o dell'odore, scarta una scelta naturalistica nella scenografia, si affida alla violenza della parola per suggerire le pulsioni di morte che dominano il testo. 9 nomination agli Oscar e 3 statuette per V. Leigh, K. Hunter, K. Malden. Rieditato nel 1993 con i 4 minuti a suo tempo censurati. Rifatto 2 volte per la TV.». Il film ebbe una statuetta anche per la migliore scenografia in bianco e nero a Richard Day e George James Hopkins; fu presentato nel 1951 al Festival di Venezia: Elia Kazan ottenne il Gran premio della giuria e Vivien Leigh si aggiudicò il premio per la migliore interpretazione femminile. Ha commentato Marzia Gandolfi in una sua interessante recensione al film: «Con Brando nasceva al cinema un nuovo tipo di attore, intenso e introspettivo, indolente ed esplosivo, portatore di un "metodo" innovativo messo al servizio del realismo sociale del cinema di Kazan. Il metodo era quello del maestro russo Stanislavskij, praticato dall’Actors Studio fondato a New York da Lee Strasberg e dallo stesso Kazan. "Un tram che si chiama desiderio" è un grande classico mutuato da Broadway... A teatro come al cinema fu diretto da Elia Kazan, che per primo utilizzò le convenzioni melodrammatiche di Hollywood per raccontare la realtà sociale e i suoi conflitti e per drammatizzare le relazioni tra uomini e donne... Al centro di questo dramma, girato all’inizio degli anni Cinquanta e ambientato nel dopoguerra, ci sono due donne, un uomo e una sfida, quella che Stanley Kowalski sferra contro il mondo garbato di Blanche, e ancora prima contro l’intero sistema della cortesia e della buona creanza... La macchina da presa sembra superare la fenomenologia degli attori e scavare un percorso interiore, che rivela e libera da una parte il sadismo e la carica erotica di Stanley, dall’altra l’instabilità e la stravaganza di Blanche. La convivenza, lo stato di cattività e la miseria economica e culturale in cui versano finiscono per esasperare la relazione e farla esplodere nell’odiosa violenza finale (consultare http://www.filmfilm.it/film.asp?idfilm=21031)».

Il film Fronte del porto (On the Waterfront) (1954), un vero classico del cinema di Elia Kazan, narra di Terry Malloy, portuale e pugilatore di talento, che viene coinvolto dal fratello Charley (un piccolo criminale e pezzo grosso di una gang che controlla le losche attività dell'organizzazione sindacale che gestisce con mano brutale i lavoratori del porto di Hoboken, in New Jersey. Innamoratosi di una giovane studentessa, Edie Doyle, la sorella di un amico vittima del racket, e sostenuto dal sacerdote Padre Barry, Terry si riscatterà mettendosi con dignità e coraggio – pesto e massacrato dalla banda dei corrotti sindacalisti – alla testa degli altri portuali guidandoli nello sciopero e sulla via della emancipazione. Il film fu interpretato mirabilmente da un sublime team di attori: Marlon Brando (Terry Malloy), Karl Malden (Padre Barry), Lee J. Cobb (Johnny Friendly, il boss del porto), Eva Marie Saint (Edie Doyle) e Rod Steiger (il fratello Charley Malloy, che verrà ucciso dai mafiosi del porto). Nel 1954 Elia Kazan vinse il Leone d’Argento e il Premio della Critica alla Mostra del Cinema di Venezia, mentre nel 1955 il film si aggiudicò ben otto premi Oscar (miglior film al produttore Sam Spiegel, migliore regia a Elia Kazan, miglior attore protagonista a Marlon Brando, miglior attrice non protagonista a Eva Marie Saint, migliore sceneggiatura originale a Budd Schulberg, migliore fotografia a Boris Kaufman, miglior scenografia a Richard Day e miglior montaggio a Gene Milford). Da non dimenticare anche le straordinarie musiche di Leonard Bernstein.

Ha così commentato Morando Morandini (ne "il Morandini"): «Da un romanzo di Budd Schulberg (autore anche della sceneggiatura) e articoli di Malcolm Johnson... Film nero – girato per intero a New York, quasi sempre in esterni – con forti implicazioni sociali, sottintesi etici, risvolti politici e accensioni melodrammatiche, è il trionfo dell'ambiguità di Kazan che, come Schulberg, aveva molti conti da regolare con i comunisti e li regola, imbrogliando le carte. È anche il trionfo di uno stile di recitazione, quello del Metodo, cioè dell'Actors' Studio...».:

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