Frederic Prokosch
Il 17 maggio del 1908 nasceva a Madison nel Wisconsin Frederic Prokosch, narratore e poeta statunitense definito «Uno dei grandi minori del 900».
Bambino prodigio, era figlio di un immigrato austriaco (un linguista–filologo che insegnava all’Università di Yale) e di una concertista di piano. Laureatosi a 18 anni presso l’Haverford College, si perfezionò alla Yale University e prese una seconda laurea presso il King’s College della Cambridge University.
Alla ricerca di un’impossibile identità (forse anche sessuale), viaggiò confusamente per diverse città seguendo il suo cuore d’esule che non apparteneva a nessun luogo, e durante la II Guerra mondiale fu diplomatico in Portogallo e in Svezia (nazioni neutrali). Amò l’Europa, cui fu legato da saldi legami affettivi, da soggiorni e da frequentazioni letterarie.
Era un bravo giocatore di tennis e di squash, ma amava soprattutto le farfalle che raccolse per il mondo con cura maniacale, divenendo un vero esperto.
Morì nel 1989 in Francia nella sua casa di Pian de Grass nelle Alpi Marittime, ove aveva trascorso gli ultimi anni di vita.
Giovanissimo, colse un grande successo internazionale con Gli Asiatici (1935), che fu tradotto in 17 lingue e pubblicato in Italia nel 1937. Più che un romanzo è un ciclo di novelle picaresche ambientate negli anni ’30 in un Oriente immaginario e in una Cina visionaria, rappresentati però da un punto di vista geografico e sociale in modo accurato senza che Frederic vi fosse mai stato (conobbe nella realtà queste amate lande soltanto dopo molti anni). Il libro raccontava la storia parzialmente autobiografica di un giovane americano che compie un viaggio di crescita da Beirut alla Cina, attraverso l’Asia, facendo incontri indimenticabili. E l’immenso paesaggio desolato è uno dei protagonisti del romanzo.
Baciati dal successo di pubblico e di critica, seguirono: Sette in fuga (1937), che vinse l’Harper Prize e che fu pubblicato in Italia nel 1949 – incentrato su sette europei bloccati in Turkestan, estranei tra loro e separati dal parlare lingue diverse, che tentano di sopravvivere con la fuga per l’Asia centro–orientale (il romanzo riprendeva immagini di luoghi descritti nel primo fortunato libro) – ; Notte dei poveri (1939), dedicato alle vicende avventurose di due vagabondi in viaggio per l’America; e I cieli d’Europa (1941), che raccontava Adolf Hitler come un artista fallito.
Dopo questi primi romanzi, però, il successo di Prokosch cominciò a declinare mentre iniziava a delinearsi l’idea di una sua grande statura letteraria, sulla scia del consenso di grandi scrittori e critici, quali Capote (che fu da lui influenzato moltissimo), Camus, Vidal, Gide, Wilder, Mann, Yourcenar (che volle tradurre a forza in francese i suoi libri), oltre allo scrittore italiano Pier Vittorio Tondelli che guidato dall’interesse letterario fece un viaggio nel tentativo vano d’incontrare lo scrittore (che poi trasformò in un racconto).
Prokosch scrisse altri 16 romanzi; da I cospiratori, che racconta di un combattente per la libertà olandese che durante la guerra scappa dal nazismo rifugiandosi nella neutrale Lisbona, fu tratto nel 1944 il drammatico film di Jean Negulesco con la bellissima Hedy Lamarr e con Paul Henreid, accostato in qualche modo al più famoso film “Casablanca”.
Tradusse anche i versi di grandi poeti, e scrisse volumi di versi influenzati non poco dal grande poeta angloamericano Thomas Stearns Eliot, suo entusiasta estimatore.
Nel 1983, dopo un lungo periodo di silenzio letterario, scrisse il libro di memorie Voci, nel quale organizzò una vera e propria «pinacoteca» di ritratti di alcuni grandi del 900 (ricchi di squarci di sofferta umanità), tra i quali quelli di Woolf, Joyce, Eliot, Mann, Nabokov, Blixen, Chagall e degli italiani Malaparte, Moravia e Praz. Questa opera entusiasmò il pubblico e la critica, e il suo grande successo diede una spinta agli editori di tutto il mondo per la riedizione dei suoi romanzi più importanti.
Ingiustamente considerato per anni uno scrittore d’evasione incline a tematiche esotiche, fu invece uno scrittore lucido e meditativo, iperrealista e lirico insieme, ricco di sensualità e passione, ironico e misterioso, romantico ma anche capace di soluzioni piene d’effetto e immaginazione, in grado di conferire con poche significative parole un colore e un odore irresistibile a una scena d’azione o a una situazione emotiva. (www.zam.it, News, 8/5/2008)
P.S. Dal romanzo The Conspirators (I cospiratori) di Frederic Prokosch, scritto nel 1943, fu tratto nel 1944 il film omonimo, sceneggiato da Vladimir Pozner e Leo Rosten (con dialoghi aggiuntivi di Jack Moffitt), diretto da Jean Negulesco, con Hedy Lamarr, Paul Henreid, Peter Lorre, Ricardo Quintanilla e Victor Francen. Si tratta di una spy–story melodrammatica, incentrata su un gruppo di resistenti olandesi riparati a Lisbona; tra i compagni, che comprendono anche una donna bellissima e misteriosa, serpeggia il sospetto che nel loro gruppo sia nascosto un infiltrato; per identificare il traditore viene inviato uno dei capi con lo scopo d'indagare. Notevole per atmosfere e recitazione degli attori, il film lascia molto a desiderare per credibilità e aderenza alla realtà. Nella sua non benevola recensione del 21 ottobre del 1944, Bosley Crowther parlò di una regia antiquata e priva di logica e scrisse a proposito della Warner Bros che sperava di bissare il successo di "Casablanca" diretto nel 1942 da Michael Curtiz: «Se la Warner avesse ordinato la parodia di un intrigo internazionale e di spie, il risultato sarebbe stato "The Conspirators" – aggiustato, naturalmente con alcune gags».
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