Massimo Bontempelli
A Como nasceva 130 anni addietro (il 12 maggio 1878) Massimo Bontempelli, narratore e drammaturgo controverso.
Dopo essersi spostato in varie città al seguito della famiglia, si laureò a Torino in Lettere e Filosofia, dedicandosi al giornalismo e all’insegnamento.
Visse una breve esperienza futurista mettendo in discussione la cultura tradizionale, ed ebbe strette frequentazioni con gli intellettuali parigini e le avanguardie francesi.
Con la rivista “900” – fondata nel 1926 insieme con Curzio Malaparte e inizialmente pubblicata in francese – creò uno strumento culturale aperto a contributi internazionali (la rivista aveva tra i suoi editori stranieri James Joyce). Egli intendeva promuovere il Novecentismo, da lui definito «realismo magico» (espressione oggi adoperata nella letteratura sudamericana per Gabriel García Márquez e Isabel Allende). Questa corrente ebbe un grande ruolo tra gli anni ’20 e ’40 e sosteneva che l’artista, sensibile all’incanto dell’inconscio e dell’imprevedibile, deve tentare di rivelare «il senso magico scoperto nella vita quotidiana degli uomini e delle cose».
La produzione di Bontempelli è sterminata. Inizialmente fu un poeta di gusto carducciano nei volumi di poesie Il purosangue e L’ubriaco (1919). Divenne poi un interessante romanziere con testi ricchi di humour caustico, quali La vita intensa e La scacchiera davanti allo specchio, nei quali tentò di creare un parallelo «analogico» con la pittura del Quattrocento («... il pittore del Quattrocento... quanto maggior peso e solidità dava alla sua materia, tanto più teneva a suggerirci che il suo amore più intenso era per qualche altra cosa attorno e al di sopra di essa»).
Tra i testi narrativi successivi, più intellettualistici e metafisici ma sempre ricchi d’intima tensione, bisogna ricordare: Gente nel tempo, Giro del sole e L’amante fedele (raccolta di racconti surrealistici, con la quale vinse il premio Strega nel 1953). Vi si può cogliere un’analogia con la pittura di Giorgio de Chirico, col quale Massimo condivise amicizie e interessi culturali.
Fu anche uno straordinario drammaturgo con Siepe a nord–ovest, La guardia alla luna, Nostra dea e Minnie, la candida (vera favola metafisica in cui l’anima candida di Minnie «non fa concessioni... è divinamente incauta»).
Fu, infine, un colto e arguto critico: scrisse saggi su Leopardi, Verga, D’Annunzio e Pirandello (che gli fu profondamente legato, rappresentando alcuni suoi drammi nel suo “Teatro d’arte”), e testi raccolti nella famosa antologia L’avventura novecentista e nel volume Introduzioni e discorsi.
Intellettuale dai mille interessi, diresse la rivista di architettura razionalista “Quadrante” e scrisse di musica in Passione incompiuta: scritti sulla musica, 1910–1950. Sentendosi un «dilettante professionale», pubblicò Appassionata incompetenza (1950).
Fu però un uomo contraddittorio: calato nella cultura del tempo e accademico d’Italia, era un entusiasta del fascismo (credeva che avrebbe potuto far nascere una società più moderna); d’altra parte, in periodo di autarchia, fu aperto alle suggestioni europee divenendo un nemico del «provincialismo dello Strapaese italiano». Alla fine degli anni ’30 prese una decisa posizione contro il Regime e durante la guerra (mentre era in confino a Venezia) rivide le sue posizioni politico–ideologiche. Ci fu quindi un lungo periodo nel quale il suo giornalismo si muoveva incoerentemente tra fascismo, antifascismo e Fronte Popolare.
Le sue discusse posizioni ideologiche spesso fecero dimenticare l’artista: molti critici parlarono di autore «ingombrante... sfuggente». Il disinteresse per Bontempelli ha fatto sì che i suoi testi, documenti e lettere siano stati sottratti all’Italia, finendo al “Getty Center” di Santa Monica in California.
Paola Masino, la seconda moglie, scrittrice e antesignana del femminismo, gli fu compagna nel suo percorso esistenziale e letterario (anche la prima moglie, Amalia, era una scrittrice).
Bontempelli morì a Roma il 21 luglio del 1960, dopo un lungo periodo di grave e inarrestabile declino psico–fisico. (www.zam.it, News, 12/5/2008)
P.S. Narratore che concepiva il racconto come uno sganciarsi dall'aderenza alla realtà esterna e un mettersi alla ricerca – al di là della superficie fenomenologica – di rapporti nascosti, significati segreti e coincidenze favolose, Bontempelli ha talora messo in dubbio in modo paradossale e grottesco il dato reale, giungendo sino alla sua disintegrazione. Questo suo fantasticare, fondato sull'assurdo e sul meccanismo magico, raggiunge il suo apice nel dramma Minnie la candida. In modo quasi pirandelliano, il drammaturgo realizza una demistificazione dell'orrido quotidiano attraverso l'alterarsi del linguaggio e il deformarsi delle sensazioni sino a giungere alla totale alienazione di sé. La trama del testo è alquanto paradossale: Minnie si trova al bar col fidanzato e con un amico di lui. Uno dei due le dice che i pesci che si trovano in un acquario là vicino non sono veri ma soltanto una perfetta riproduzione artificiale. Sconvolta, Minnie si ritrova a dover dubitare della sostanza di tutte le cose e ne è così spaventata da rifiutarsi di parlare.
Il “Piccolo Teatro” di Milano ha dato una notevole rappresentazione di Minnie la candida nella stagione 1979–80, per la regia di Carlo Battistoni e con Giulia Lazzarini. Lo stesso Battistoni ne ha tratto un film nel 1982 con Giulia Lazzarini e Antonio Fattorini.
Nel 1940 Riccardo Malipiero pensò di fare di Minnie la candida un'opera lirica, che fu pronta proprio pochi giorni prima della sua partenza per il fronte russo nel giugno del 1942. Rappresentata a novembre del 1942 presso il Teatro delle Novità, provocò un certo sconcerto nel pubblico e nella critica. È stata ripresa a Genova nel 1974 e fu apprezzata sia per la maestria tecnica, sia per «la carica teatrale autentica e la capacità di tradurre in realtà viva e autentica verità l’assurdo».
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