giovedì 15 dicembre 2011

Tino Carraro, un grande attore da rimpiangere



Tino Carraro



Cento anni addietro nasceva a Milano (era il 1° dicembre del 1910) Tino Carraro, grande attore italiano di teatro, televisione e cinema (morì a Milano per un arresto cardiaco il 12 gennaio del 1995).

Figlio di un tipografo, si formò artisticamente presso l'Accademia dei Filodrammatici di Milano, mantenendosi agli studi con lavoretti vari.

Dotato di autentico talento teatrale, lavorò con le più importanti compagnie del suo tempo: recitò con Evi Maltagliati e Luigi Cimara (strabiliante la sua interpretazione di Vronskij nella celeberrima Anna Karenina del 1941), e con Laura Adani ed Ernesto Calindri. Fu con Orazio Costa presso il Teatro Piccolo di Roma, ove si fece notare con Le colonne della società di Ibsen e Così è (se vi pare) di Pirandello. Dal 1952 primeggiò presso il Piccolo Teatro di Milano ove rimase sino al 1962; per anni, fu l'attore–feticcio del regista Giorgio Strehler, rappresentando al meglio la linea stilistica e il metodo recitativo del Piccolo Teatro. Carraro aveva, infatti, un suo infallibile modo di recitare volto a modellare il ruolo dell'attore attraverso uno studio meticoloso che non indulgeva alle esagerazioni attoriali e all'istrionismo che dominavano il teatro del­l'epoca (senza andar lontano, quelli del pur grande Gianni Santuccio, di cui aveva preso il posto nel Piccolo Teatro). Tipici in lui furono misura, assenza di divismo e un minimalismo di grande spessore che scavava nei meandri dei sentimenti dell'uomo. In questo periodo, come riportato da Maria Grazia Gregori (m.g.g.) nel "Dizionario dello Spettacolo del 900", brillano come prove indelebili le sue interpretazioni ne L'ingranaggio (1952) di Sartre, Giulio Cesare (1953) di Shakespeare, Trilogia della villeggiatura (1954) di Goldoni, Giardino dei ciliegi (1954) di Cechov con la grandissima Sarah Ferrati, Nost Milan (1955) di Bertolazzi, Opera da tre soldi (1956) di Brecht con Milly e Mario Carotenuto, Coriolano (1957) di Shakespeare, Platonov (1959) di Cechov con Sarah Ferrati, e L'egoista (1960) di Bertolazzi in cui diede una delle sue più grandi interpretazioni. Il sodalizio con Giorgio Strehler si ruppe nel 1963, quando il regista per Vita di Galileo di Brecht gli preferì Tino Buazzelli (ma soltanto per un fatto estetico: la somiglianza di Buazzelli a Galileo Galilei per la sua stazza). Nel 1966 partecipò alla versione de Il giardino dei ciliegi (1966), messa in scena da Luchino Visconti con Paolo Stoppa, Rina Morelli e Micaela Esdra. Ma al Piccolo Teatro Tino Carraro ritornò negli anni settanta (che videro alcuni dei suoi più strepitosi successi): Re Lear (1972) e Tempesta (1978) di Shakespeare, Temporale (1980) di Strindberg e I giganti della montagna (1994) di Pirandello, col quale diede l'addio al teatro (per qualche recita, con grande fatica, perché la sua salute era ormai molto compromessa, recitò l'epilogo del dramma rimasto incompiuto, così come Pirandello lo aveva narrato sul suo letto di morte al figlio Stefano).

Tino Carraro contribuì anche alla televisione dei grandi sceneggiati televisivi: come dimenticare l'interpretazione del gelido e implacabile poliziotto Javert ne I miserabili (1964) – che sovrastò la pur grande interpretazione di Gastone Moschin (Jean Valjean) – o quella del pavido Don Abbondio ne I promessi sposi (1967), diretti entrambi da Sandro Bolchi, o quella del professore Ernest Reinhardt in A come Andromeda (1972) di Vittorio Cottafavi. Ma fu anche un magistrale protagonista de Il mulino del Po (1963) e Le mie prigioni (1968) di Sandro Bolchi, I grandi camaleonti (1964) di Edmo Fenoglio, La donna di quadri (1968) di Leonardo Cortese, Con rabbia e con dolore (1972) di Giuseppe Fina, Piccolo mondo antico (1983) di Salvatore Nocita, e di molte altre grandi produzioni televisive.

Fu anche interprete di numerosi radiodrammi, insieme ai più grandi attori del tempo che non disdegnavano la radio: Ubaldo Lay, Riccardo Cucciolla, Giancarlo Sbragia, Sergio Fantoni, Valentina Fortunato, Sergio Tofano, Carlo Romano, Adriana Innocenti, Emma Gramatica, Lea Padovani, Paolo Carlini, e molti altri ancora.

E innumerevoli furono anche, tra il 1952 e il 1987, le sue interpretazioni cinematografiche; ne ricordo soltanto alcune: Giorno per giorno disperatamente (1961) di Alfredo Giannetti, Le belve (1971) di Gianni Grimaldi, Cadaveri eccellenti (1976) di Francesco Rosi e Notte italiana (1987) di Carlo Mazzacurati.

Tino Carraro non può, e non deve essere dimenticato: questo grande attore che stupì le platee per le sue altissime qualità interpretative, sostenute da una forte disciplina e da un intenso approfondimento psicologico. ("Persinsala.it", 1 dicembre 2010)

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