martedì 13 dicembre 2011

Clark Gable, il declino e la rinascita – Parte 2



Clark Gable, maturo



Arruolatosi nell'aviazione e reduce dalla recente morte dell'amata moglie Carole Lombard, Clark Gable partecipò alla seconda guerra mondiale con diverse coraggiose missioni di guerra sui B–17 che gli meritarono due decorazioni e una fama di eroe intrepido e spavaldo nella vita oltre che nel cinema.


Al ritorno dalla guerra, congedato con il grado di maggiore, non era più un ragazzo ma un uomo appesantito che non aveva perso però un'oncia del suo appeal virile e del suo magnetismo.

La sua stella subì però un certo appannamento: Avventura (Adventure) (1945) di Victor Fleming, I trafficanti (The Hucksters) (1947) con Ava Gardner, e Mogambo (1953) con Grace Kelly non avevano avuto un grande successo, tanto che la MGM nel 1954 non gli rinnovò più il contratto.

Era entrato in un periodo grigio sia dal punto di vista della carriera sia da quello personale: nel 1949 sposò Sylvia Ashley, una lady inglese, vedova dell'attore Douglas Fairbanks senior (il matrimonio fu un vero disastro e divorziarono un anno dopo), ma nel 1955 si unì a Kay Spreckels (nata Kathleen Williams), un'attrice–modella pluridivorziata, che gli regalò una vita serena e la ripresa del successo lavorativo (era divenuto un attore libero e molto pagato, che  prendeva delle ricche percentuali sugli incassi).

Appartengono a questa fase: L'avventuriero di Hong Kong (Soldier of Fortune) (1955), Un re per quattro regine (King and Four Queens) (1956), La banda degli angeli (Band of Angels) (1957), Mare caldo (Run Silent Run Deep) (1958), Dieci in amore (Teacher's Pet) (1958), Ma non per me (But Not for Me) (1959) e La baia di Napoli (It Started in Naples) (1960).

In questo periodo, l'attore – che era stato un forte bevitore di whiskey ed era un fortissimo fumatore – aveva preso a ingrassare e dovette sottoporsi a numerosi regimi dietetici con l'uso anche di farmaci dimagranti.

Come scrive Daniela Zacconi (ne "L'amico pubblico n. 1",  Film TV, n. 47, novembre 2005), «in sostanza continua a replicare il personaggio su cui poggia la sua popolarità. Che è quello del seduttore ironico, irriverente e un po' mascalzone che Gable ha declinato in tutte le possibili accezioni.».

Il suo ultimo film fu Gli spostati (The Misfits) (1960), denso e possente, scritto da Arthur Miller e diretto da John Huston, con Marilyn Monroe e Montgomery Clift. L'interpretazione di Clark Gable fu considerata notevole e di spessore: interpretava un rude e attempato cowboy, un fallito anti–eroe che vive faticosamente catturando cavalli selvaggi e che ritrova nell'amore per la fragile divorziata Marilyn il suo possibile riscatto e la sua dimensione umana.

Questo film simbolico e premonitore fu sfortunato – e l'ultimo – anche per la Monroe.

A proposito di Marilyn, pur rimproverandole di essere «così maledettamente poco professionale», Gable espresse giudizi lusinghieri: «assolutamente femminile, senza artifizi... superlativa... Ogni cosa che fa è diversa, strana, eccitante... Fa sì che un uomo sia orgoglioso di essere uomo» (in Mike Evans, "Marilyn", traduzione di Michele Lauro, Giunti Editore, 2006).

Le riprese del film furono difficilissime ed estenuanti per tutti, e proprio alla fine del film, a novembre, Clark Gable fu colpito da infarto. Ricoverato a Los Angeles, nel momento in cui sembrava essersi ripreso moriva improvvisamente passando dal sonno alla morte: la moglie aspettava il suo unico figlio (John Clark), che egli non riuscì a conoscere.

Scrive Daniela Zacconi: «...un attacco di cuore spegne bruscamente i riflettori del divo cinquantanovenne. Appesantito e malinconico, Gable ha appena finito di girare quello che resterà il testamento spirituale suo e di Marilyn Monroe (che con lui condivide la scena e la prematura scomparsa), il crepuscolare Gli spostati, probabilmente il suo film migliore.».


Dopo il funerale, cui parteciparono tutti i giganti di Hollywood, fu seppellito nel "The Great Mausoleum" di Forest Lawn a Glendale, accanto all'amata Carole Lombard. Ha scritto Maria Grazia Bosu (in "Clarke Gable – Biografia" su Ecodelcinema): «La sua morte sancì la fine di un’epoca, quella dell’uomo duro, virile e seducente, rude ma mai immorale.». ("Persinsala.it", 16 novembre 2010)

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