La Bibbia La coppia del cantico dei cantici
La Bibbia è la
raccolta delle Sacre Scritture dell’Ebraismo e del Cristianesimo ed è certamente
il grande libro dell’umanità (dalle sue origini al suo destino soprannaturale).
Pur non essendo un testo squisitamente letterario, è un racconto ricco di
fascino, stracolmo di parole d’amore eterno e pregno di universalità, in quanto
esprime i sentimenti e le intuizioni dell’uomo in tutta la sua profondità. È
quasi una piccola biblioteca. I greci la chiamavano, infatti, “tà biblìa”, vale
a dire “i libri”. La sua struttura è complessa perché comprende una pluralità
di contenuti e di lingue, e include diverse letterature.
La Bibbia è suddivisa nell’Antico e nel Nuovo Testamento,
ove testamento sta per patto o alleanza. Il “Canone” (cioè la Regola)
costituisce l’elenco dei libri contenuti nella raccolta della Bibbia e
comprende i 47 libri dell’Antico Testamento: a 39 di loro è riconosciuta
autorità dagli Israeliti, componendo la Bibbia ebraica ed essendo costituita
dai testi ebraici e aramaici (il vero e proprio monumento della letteratura ebraica
antica); gli altri 8 sono i libri Deuterocanonici in lingua greca, inseriti più
tardivamente e non riconosciuti da ebrei e protestanti. La Bibbia comprende
anche i 27 libri del Nuovo Testamento, che raccolgono la vita e i
pronunciamenti di Gesù e che non vanno al di là del 100 d.C., chiudendosi con
il Vangelo di Giovanni. I libri al di fuori del Canone, pur avendo caratteristiche
e temi simili a quelli della Bibbia, non sono stati mai riconosciuti come
canonici. Ciascuno dei libri del Vecchio Testamento è suddiviso in capitoli, e
ciascun capitolo in versetti. Il testo ebraico fu scritto inizialmente con
caratteri fenici su pelli cucite insieme a formare una lunga striscia da
arrotolare (diversi di questi antichi rotoli sono stati scoperti intorno agli
anni Cinquanta nel deserto di Giudea, nei pressi del mar Morto). In seguito, si
usò la lingua aramaica ma a noi sono pervenute le trascrizioni medievali
unificate ed eseguite dagli scribi giudaici.
La Bibbia, il libro religioso degli Ebrei (con riferimento
però al solo Antico Testamento) e dei Cristiani (cattolici, ortodossi e
protestanti), è ispirato da Dio che interviene nella storia dell’Uomo con un intento di salvezza e
per la necessità di dettare le norme della fede, parlando in situazioni diverse
e attraverso uomini diversi. In quanto ispirata da Dio, essa è un testo “divino”,
ma è anche un testo profondamente “umano” perché contiene parole che narrano
storie di uomini e di donne. Al centro della Bibbia, troneggia Dio (Jahvé), che
si presenta a Mosè dicendo: «Io sono colui che sono (Eheye asher eheye)», e che
a tutto s’interessa e tutto dirige. L’Antico Testamento è l’alleanza di Dio con
Abramo e Israele, mentre il Nuovo Testamento è la nuova alleanza di Dio con
Israele e con tutto il mondo attraverso il suo figlio Gesù Cristo.
Molti libri biblici
parlano d’Amore con parole di alto lirismo, come il Cantico dei Canti (Il
Canto sublime), attribuito a re
Salomone, ma forse di un poeta anonimo (scritto tra il VI e IV secolo a.C.), di
natura più propriamente poetica che sacra. Vi s’inneggia all’amore umano e
profano di due giovani sposi che, in un ambiente pastorale, si cercano e si
amano appassionatamente con i corpi e con le anime. Quest’amore è, però, pur
sempre sacro perché proviene da Dio e dalla creazione dell’uomo. Anche in
questo caso esiste forse un intento simbolico: lo sposo è Dio mentre la sposa è
Israele; ed esiste forse anche la metafora dell’amore dell’anima umana per
Cristo. In tale allegoria, l’“agàpe” (l’elevato, incondizionato e compassionevole
amore di Dio) si sovrappone all’“eros”, il più basso amore sensuale e sessuale
della sua creatura che è soprattutto desiderio di esclusività. I brani lirici
sono uno più bello dell’altro, sempre arditi e ricchi di stupende e surreali
espressioni d’amore.
Il poema inizia
così: «Cantico dei cantici, che
è di Salomone. / Mi baci con i baci della sua bocca! / Sì, le tue tenerezze
sono più dolci del vino.». E
continua: «Il mio diletto è per
me un sacchetto di mirra, / riposa sul mio petto. / Il mio diletto è per me un
grappolo di cipro / nelle vigne di Engaddi. / Come sei bella, amica mia, come
sei bella! / I tuoi occhi sono colombe. / Come sei bello, mio diletto, quanto
grazioso! / Anche il nostro letto è verdeggiante. / Le travi della nostra casa
sono i cedri, / nostro soffitto sono i cipressi.» (1. Amabilità dello sposo.). Nel secondo capitolo la sposa invoca: «Sostenetemi con focacce d’uva passa, /
rinfrancatemi con pomi, / perché sono malata d’amore. / La sua sinistra è sotto
il mio capo / e la sua destra mi abbraccia.». E così continua: «Somiglia il mio diletto a un capriolo o a un
cerbiatto. / […] / Il mio
diletto è per me e io per lui. / Egli pascola il gregge tra i gigli. / Prima
che spiri la brezza del giorno / e si allunghino le ombre / ritorna, o mio
diletto, / somigliante alla gazzella / o al cerbiatto, / sopra i monti degli
aromi.» (2. Lo sposo cerca la sposa.)». In un successivo capitolo lo sposo esclama: «Come sei bella, amica mia, come sei bella! /
Gli occhi tuoi come colombe, / dietro il tuo velo. / Le tue chiome come un
gregge di capre, / […] / I tuoi
denti come un gregge di pecore tosate, / […] / Come un nastro di porpora le tue labbra / e la tua bocca è soffusa
di grazia; / come uno spicchio di melagrana la tua gota / attraverso il tuo
velo. / Come la torre di Davide il tuo collo, / […] / I tuoi seni sono come due cerbiatti, /
gemelli di una gazzella, / che pascolano tra i gigli. / […] / Tutta bella tu sei, amica mia, / in te
nessuna macchia.» (4. Lodi
alla bellezza della sposa.). E continua la celebrazione della sposa: «Quanto soavi le tue carezze, / sorella mia,
sposa, / quanto più deliziose del vino le tue carezze. / L’odore dei tuoi
profumi sorpassa tutti gli aromi. / Le tue labbra stillano miele vergine, o sposa,
/ c’è miele e latte sotto la tua lingua / e il profumo delle tue vesti è come
il profumo del Libano. / Giardino chiuso tu sei, / sorella mia, sposa, / […]»
(4. Invito alla sposa.).
A sua volta, la sposa amante celebra le innumerevoli virtù
dello sposo: «Il mio diletto è bianco e vermiglio, / riconoscibile tra mille e
mille. / Il suo capo è oro, oro puro, / i suoi riccioli grappoli di palma, /
neri come il corvo. / I suoi occhi come colombe / su ruscelli di acqua; / i
suoi denti bagnati nel latte, posti in un castone. / Le sue guance come aiuole
di balsamo, / aiuole di erbe profumate; / le sue labbra sono gigli, / che
stillano fluida mirra. / Le sue mani sono anelli d’oro, / incastonati di gemme
di Tarsis. / Il suo petto è tutto d’avorio, tempestato di zaffiri. / Le sue
gambe, colonne di alabastro / posate su basi d’oro puro. / Il suo aspetto è
quello del Libano, / magnifico come i cedri. / Dolcezza è il suo palato; / egli
è tutto delizie! / Questo è il mio diletto, questo è il mio amico, / o figlie
di Gerusalemme» (5. Descrizione dello
sposo.).
Lo sposo adorante osserva invece: «Le curve dei tuoi fianchi
sono come monili, / opera di mani d’artista. / Il tuo ombelico è una coppa
rotonda / che non manca mai di vino drogato. / Il tuo ventre è un mucchio di
grano, / circondato da gigli. / I tuoi seni come due cerbiatti, / gemelli di
gazzella. / Il tuo collo come una torre d’avorio; / i tuoi occhi sono come i
laghetti di Chesbon / presso la porta di Bat-Rabbim; / il tuo naso come la
torre del Libano / […] / Quanto sei bella e quanto sei graziosa, / o amore,
figlia di delizie! / La tua statura somiglia a una palma / e i tuoi seni a
grappoli. / Ho detto: “Salirò sulla palma, / coglierò i grappoli di datteri; /
mi siano i tuoi seni come grappoli d’uva / e il profumo del tuo respiro come di
pomi” / Il tuo palato è come vino squisito, / che scorre dritto verso il mio
diletto / e fluisce sulle labbra e sui denti!» (7. Contemplazione della sposa.).
Denso di ardore amoroso è l’ultimo brano del Canto: «Mettimi
come sigillo sul tuo cuore, / come sigillo sul tuo braccio; / perché forte come
la morte è l’amore, / tenace come gli inferi è la gelosia; / le sue vampe son
vampe di fuoco / una fiamma del Signore! / Le grandi acque non possono spegnere
l’amore / né i fiumi travolgerlo. / Se uno desse tutte le ricchezze della sua
casa / in cambio dell’amore, non ne avrebbe che dispregio.» (8. Stabilità dell’amore.). Che parole
strabilianti! Che combinazione di frasi irresistibili per organizzare una
narrazione dal fascino straordinario! Pur occupandosi dei problemi eterni
dell’umanità, re Salomone riesce a creare versi di fantasiosa e fresca poesia
d’amore. [I brani sono tratti da La Sacra
Bibbia – Antico Testamento,
Edizione Ufficiale della Conferenza Episcopale Italiana - CEI S.R.L. per
il Testo Sacro, Roma 1974]
Con riferimento al “Cantico dei Cantici”, in Terre promesse – La Bibbia letta dal buco della serratura (La Stampa web
del 23/4/2004), la scrittrice ebraica torinese Elena Loewenthal così scrive: «Un
poderoso io narrante abita fra le pagine della Bibbia: è il Dio onnipotente […]
Più di rado, con maestosa compostezza, si ritira per lasciare fuggevole scena
agli uomini e alle donne. è
allora che la storia si fa piccola, racchiusa fra le mura di una casa, dentro
un’alcova. Anche la Bibbia sa diventare un racconto intimo, al quale ci si avvicina
quasi in punta di piedi, come per non disturbare. è il caso certamente del “Cantico dei Cantici”, un dialogo
d’amore così intimo che leggerlo è un po’ come spiare dal buco della serratura,
e a ogni versetto ci si sente addosso la colpa di un abuso, perché la storia è
tutta soltanto loro, di questi due innamorati che un poco si cercano e un poco
si sfuggono, per amarsi ogni volta di più […]. Queste poche pagine di poesia entrarono per il
rotto della cuffia nel novero dei testi sacri, e a patto di interpretarli come
una rigorosa allegoria […]».
Emily Dickinson, nata ad Amherst il 10 dicembre del 1830 nel
chiuso mondo puritano della Nuova Inghilterra (Massachusetts), amò la Bibbia
che leggeva e rileggeva in continuazione, ma soprattutto il Cantico dei Cantici
di Salomone: «Un libro antico è la
Bibbia – / fu scritto da morte creature / da sacri fantasmi ispirate – / […]»
(1545).
La Bibbia ci offre una vivida rappresentazione della
felicità incantata (quando l’amore è ricambiato) e del tormento aspro (quando
la passione amorosa è invece infelice). E la scarna ed essenziale narrazione
biblica non ha nulla da invidiare alla forza espressiva delle più belle pagine
della letteratura antica e moderna. A proposito dell’essenzialità della lingua
ebraica, George Steiner (L’espresso, N. 44 del 10/11/2005), critico
della letteratura e studioso della lingua ebraica, autore di molti libri
straordinari tra i quali Grammatiche della creazione (Garzanti, Milano
2003), in un’intervista, scriveva: «L’ebraico
è la lingua di scambio tra Dio e gli uomini. Quindi è una lingua di una
meravigliosa economia. Dio ha fretta, ha molto da fare, non ha tempo da perdere
in lunghi discorsi. La grandezza dello scambio linguistico in ebraico, sta
nell’economia della parola. Le altre lingue sono più ricche di ornamenti, di
prodigalità immaginaria. L’ebraico ha invece una laconicità formidabile.».
Voglio ricordare, però, che la Bibbia esprime spesso un
feroce maschilismo e un’evidente misoginia: alla donna era assegnato un ruolo
di bruta sottomissione, se non addirittura di chiara inferiorità, sulla base di
una legislazione di famiglia molto discriminante. Nel Deuteronomio,
raccolta di tre discorsi di Mosè fatti al popolo d’Israele per ricordare
avvenimenti passati e per rinnovare l’amore per Dio, si legge: «Quando un uomo ha preso una donna e ha
vissuto con lei da marito, se poi avviene che essa non trovi grazia ai suoi
occhi, perché egli ha trovato in lei qualcosa di vergognoso, scriva per lei un
libello di ripudio e glielo consegni in mano e la mandi via di casa. […]»
(24. Divorzio.). Naturalmente, nulla di simile esiste con riferimento
all’uomo! Nel Nuovo Testamento, nel Vangelo secondo Matteo (testo in
aramaico pubblicato nel 40-50), ai farisei che ironicamente gli facevano notare
come le sue parole «Quello dunque che
Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi» cozzassero contro l’“atto di ripudio” di Mosè, Gesù
rispose: «Per la durezza del vostro
cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma da principio non fu
così. Perciò vi dico: Chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di
concubinato, e ne sposa un’altra, commette adulterio» (19. Il divorzio.).
In ultimo voglio sottolineare che, a differenza che nel Vecchio Testamento, nei Vangeli non è
facile trovare calde pagine d’amore sensuale. In un suo lungo articolo giornalistico
dal titolo L’amor sacro e profano, il
critico letterario fiorentino Piero Citati (La
Repubblica del 28/1/2006) ha scritto: «Nel Vangelo e nelle Lettere di San
Paolo, c’è un’immensa omissione che nel terzo secolo colpì l’attenzione di
Origene (teologo, 185-253).
Mancano il sostantivo “eros” e il verbo “eran”. Ora nella civiltà ellenistica, “eros”
ed “eran” esprimevano il desiderio, l’affetto, la tenerezza che sfiorava le
persone e le cose “con voluttà e dolore”. […] Con la sua durissima chiarezza
intellettuale, San Paolo estirpò queste parole dal vocabolario cristiano. Nel
Nuovo Testamento e nelle sue Lettere, non c’è più traccia di “eros”. […] Secondo
San Paolo, l’amore cristiano portava un altro nome: “agàpe, caritas”. Esso era
superiore a tutte le altre virtù umane, e ne costituiva il cuore e la musica. […]
L’amore era superiore perfino alla fede. […] agàpe è l’unica virtù perfetta,
piena e assoluta, come sarà perfetta, alla fine dei tempi, la nostra visione
della luce di Dio. […] Nell’amore, tutto è già qui: Dio è già dentro di noi. […]
lo incontriamo soltanto nell’amore. […] Ma se l’amore è il presente assoluto, è
anche l’assoluto futuro. […] Nel vuoto della fine, ci sarà soltanto la “caritas”,
che in quel momento si scioglierà nella visione radiosa di Dio.».
In questi ultimi anni, ha cominciato a farsi pressante la
richiesta d’inserire nell’insegnamento scolastico la Bibbia, in quanto testo
intellettuale che ha offerto e offre contenuti preziosi alla letteratura,
all’arte, alla musica e al costume, in quanto preziosa eredità culturale da
custodire gelosamente e in quanto vero e proprio libro di letteratura da valorizzare,
al di là del semplice recupero del senso delle radici cristiane. Nel 2005, a
Milano, si è tenuto un convegno, organizzato dall’associazione laica “Biblia”, che ha discusso ampiamente proprio
questo problema, affidandolo a tre esperti: il biblista monsignor Gianfranco
Ravasi, il filosofo Salvatore Natoli e il giornalista Gad Lerner. Nello stesso
periodo un folto gruppo d’intellettuali italiani (comprendente tra i primi
firmatari, oltre ai più importanti biblisti, anche Massimo Cacciari, Umberto
Eco, Margherita Hack e Gianni Vattimo), convinti dell’importanza della Bibbia
come fondamento letterario per la formazione educativa e culturale degli
studenti, hanno sottoscritto un appello rivolto sia al Ministero
dell’Istruzione e della Ricerca sia agli altri operatori del mondo della
scuola. Naturalmente, non è stato richiesto il tempo di un’ora di religione
dedicata alla lettura della Bibbia, bensì l’inserimento integrativo della
discussione della Bibbia (quale testo primordiale di grande influenza sullo
sviluppo dell’Occidente) nell’ambito dei diversi insegnamenti scolastici: letteratura,
storia dell’arte, economia politica, filosofia e musica.
P.S. Il 13 febbraio del
2006, per celebrare la festa di San Valentino, Roberto Benigni ha letto e
commentato il Cantico dei cantici nel
suo monologo L'amore farà vivere al Teatro
Verdi di Terni. Nell'introduzione alla sua lettura, l'attore ha esordito
dicendo ai suoi tanti spettatori: «O amici innamorati, sono lieto di inaugurare
l’amore valentiniano di questa città che mi ha fatto innamorare. Perché questa
città di San Valentino mi ha dato tanto amore, e chi più ne ha più ne metta, e
chi meno ne ha meno ne metta. Ho subito accettato quest’invito con erotismo,
perché si parla d’amore, ed è una cosa che mi ha avviluppato subito.». Si è
detto lieto di affrontare il Cantico dei Cantici «che è un libro eccelso, è la
base, il momento più straordinario dei libri della Bibbia». Ha ironizzato col
suo solito sarcasmo su Berlusconi e poi si è addentrato sull'argomento. Ha
detto tra l'altro: «Il Cantico dei Cantici è antecedente di parecchio a lui
[Gesù]. è stato attribuito a
Salomone, anche se in realtà non c’entra niente. Però è stato inserito tra i
libri Sapienziali, perché è un libro ispirato. Per questo sta nella Bibbia.
Perché per stare nella Bibbia ci vuole l’ispirazione: Dio dà l’ispirazione,
quello scrive e Dio lo fa diventare
vero. Perché Dio volentieri s’ispira a coloro che ha ispirato. Quindi ha
ispirato qualcuno – che non
sappiamo chi sia – che ha scritto questo gioiello di bellezza, proprio in mezzo
alla Bibbia. Sai, come quando nei quadri religiosi si vedono le cose cupe, poi
all’improvviso arriva la Primavera del Botticelli. In questo libro la castità
balla insieme alla bellezza e alla sensualità. La Bibbia è un libro
straordinario perché è religiosissimo, ed è sensuale, erotico, pieno d’amore.
C’è il lusso di spargere il seme della vita ovunque. Perché l’amore ha bisogno
di lusso, ha bisogno di spazio, si nutre di se stesso, non gli garba tutto ciò
che non è lui. […] Nel Cantico dei Cantici s’invoca l’amore come atto supremo
dell’esistenza, un sentimento che abbraccia tutta l’umanità. […] Non c’è forza
che può reggere a questo sentimento, e questo Gesù Cristo ce l’ha insegnato, e
nel Cantico dei Cantici questo ritroviamo, perché naturalmente ci vogliono le
due cose: sensualità e tenerezza. […] Il Cantico dei Cantici, che don Paglia mi
ha consegnato di leggere e lo ringrazio perché ci ho ributtato gli occhi dentro
e mi sono sommosso dall’emozione, è composto dei dialoghi: il dialogo
dell’innamorato della sposa con lo sposo, meravigliosi: parla lei e parla lui,
con una forma moderna, straordinaria. Naturalmente sono anche simbolici, perché
come tutti i libri sapienziali il saggio sa che bisogna leggere tenendo
d’occhio anche agli altri significati, ma poi facendo tutta la strada si
ritorna alla semplicità del primo significato, e quindi come dice Dante nella
Divina Commedia: “O voi che avete gli intelletti sani, mirate la dottrina che
s’asconde dietro il velame de li versi
strani”. C’è sempre dei significati, allora all’inizio pensavano che fosse il
richiamo di Dio con Israele, poi c’è stata l’interpretazione di san Paolo che è
naturalmente l’amore di Gesù per la chiesa. Ma quella più bella è quella di
Gesù con l’umanità. […] Ora io vi voglio leggere questo Cantico dei Cantici
augurandovi un inizio di questi festeggiamenti valentiniani meravigliosi a
tutte le coppie, naturalmente della felicità nella goduria più spettacolare
nella tenerezza e la sessualità. E vi voglio leggere questo gioiello che è
stato donato all’umanità, di cui un rabbino del secondo secolo dopo Cristo ebbe
a dire: “L’universo intero non vale il giorno in cui fu dato all’umanità il
Cantico dei cantici”. Ora ve lo leggo: io l’ho scritto a lapis, e non a biro,
perché don Paglia mi ha detto che non si può copiare la Bibbia con qualcosa di
metallico, perché con il metallo si forgiano le armi.»
(http://www.filmfestivalpopoliereligioni.it/cont/index.php?DY=2&CAT=4&ART=150
L'AMORE FARA' VIVERE).
(http://www.filmfestivalpopoliereligioni.it/cont/index.php?DY=2&CAT=4&ART=150
L'AMORE FARA' VIVERE).
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