sabato 12 novembre 2011

Pupella Maggio – Attrice napoletana di respiro universale


Pupella Maggio



Nell'aprile di cento anni addietro (il 24 aprile del 1910) nasceva a Napoli la grande attrice tea­trale e cinematografica Giustina Maggio, in arte Pupella.

Figlia d'arte – discendente di Antonio Petito (storico interprete di Pulcinella e drammaturgo) – calcò da bambina le tavole del palcoscenico insieme ai genitori, uno stimato capocomico e un'at­trice di origini circensi, e ai tanti fratelli e sorelle; nella sua autobiografia Poca luce in tanto spazio (1997), scritta con un editore di Todi (divenuta sua città di adozione) e vivace testimonianza del teatro napoletano del '900, raccontando la sua nascita nel camerino del Teatro Orfeo, così scriveva: «A due anni mi portarono in scena dentro uno scatolone legata proprio come una bambola perché non scivolassi fuori. E così il mio destino fu segnato. Da "Pupatella"... divenni per tutti "Pupella" nel teatro e nella vita...» (e una sua poesia così recitava: «Songo brutta e nun so bella / chesta so: 'na cartuscella. / 'na palomma co' 'na scella / e me chiammano Pupella»).

Capace di cantare, ballare e recitare, dotata di una forte vis comica, lasciò la scuola prestissimo (in seconda elementare) per seguire il padre nella sceneggiata napoletana e nella rivista d'avanspettacolo ma, dopo la morte della madre e del padre, stanca di quella vita vagabonda, lasciò il teatro e si spostò a Roma (ove lavorò come modista) e quindi a Terni (ove si occupò in un’ac­ciaieria, curando anche gli spettacoli del Dopolavoro).

Raggiunse quindi Milano, unendosi presso il Teatro Nuovo alla compagnia di rivista della sorella Rosalia, ma nel 1954 – dopo una lunga gavetta con Totò, Nino Taranto e Ugo D'Alessio – diede una svolta alla sua carriera recitando con il grande Eduardo De Filippo, che con la compagnia "Scarpettiana" rappresentava le opere del padre naturale Eduardo Scarpetta. Dopo la morte di Titina, Pupella Maggio vide infine la sua consacrazione come grande attrice napoletana nelle sensibili interpretazioni di Filumena Marturano e di donna Rosa Priore in Sabato, domenica e lunedì, ruolo scritto da Eduardo esclusivamente per lei, col quale vinse la Maschera d'Oro e i premi San Genesio e Nettuno d'Oro.

Questo sodalizio (che sembrava imperituro) ebbe termine però nel 1960 per tutta una serie d'incomprensioni col severo Eduardo e anche perché la Maggio decise di passare con Luchino Visconti per rappresentare L'Arialda di Giovanni Testori insieme a Rina Morelli e Paolo Stoppa.

Ma fu forse col cinema che Pupella Maggio raggiunse grandezza nazionale e internazionale: lavorò con Camillo Mastrocinque (Sperduti nel buio), Vittorio De Sica (La ciociara), Nanni Loy (Le quattro giornate di Napoli), l’americano John Huston (La Bibbia, nel ruolo della moglie di Noè), Luigi Zampa (Il medico della mutua, col quale vinse nel 1969 il Nastro d'Argento come migliore attrice non protagonista per il ruolo di una vecchia paziente) e Federico Fellini (Amarcord, nel ruolo della madre del protagonista); si fece notare soprattutto con una delle sue ultime interpretazioni, quella malinconica e crepuscolare della madre anziana in Nuovo cinema Paradiso di Giuseppe Tornatore del 1988. Fece le sue ultime apparizioni in Sabato, domenica e lunedì di Lina Wertmüller (1990) e Fate come noi di Francesco Apolloni (2001).

La sua presenza in teatro, intanto, continuava tra la considerazione del pubblico e della critica: fu con Giuseppe Patroni Griffi in Napoli notte e giorno (ispirato a Raffaele Viviani), con Francesco Rosi nel dramma di Patroni Griffi In memoria di una signora amica insieme a Lilla Brignone, e con Tonino Calenda col quale nel 1979 iniziò un fruttuoso sodalizio partecipando alla messa in scena di testi superbi, tra i quali La Madre di Bertolt Brecht tratto dall’o­monimo romanzo di Massimo Gor'kij (nel ruolo di Pelagia Vlassova, Pupella diede vita a una delle sue interpretazioni più mature e dolenti), Aspettando Godot di Samuel Beckett insieme al grande Mario Scaccia, e Questa sera... Amleto.

Nel 1962 Pupella Maggio aveva sposato l'attore Luigi Dell'Isola, dal quale ebbe l'unica figlia Maria e dal quale divorziò nel 1976. Nel 1983 l'attrice napoletana riuscì a realizzare un vero evento: la riunione con gli «amati–detestati» fratelli superstiti, Rosalia e Beniamino, per rappresentare con la regia di Calenda ...’Na sera ...’e Maggio, che vinse il Premio della Critica Teatrale come migliore spettacolo dell’anno (purtroppo, la morte per ictus colse l'anziano Beniamino nel camerino del Teatro Biondo di Palermo).

L’8 dicembre del 1999, sulla soglia dei novant'anni, Pupella Maggio moriva nella sua casa di Roma.

Carlo Azeglio Ciampi (allora Presidente della Repubblica) disse per ricordarla: «...Fi­glia d’arte della straordinaria famiglia Maggio che ha dato così grande prestigio alla tradizione della commedia napoletana, recitò da protagonista nella compagnia scarpettiana. L'incontro artistico con Eduardo De Filippo segnò il clamoroso successo personale come sensibilissima interprete di gran parte dei lavori del maestro. Non è stata solo la più grande attrice napoletana del '900, ma una protagonista della storia teatrale italiana che resta legata anche al suo nome...».

Nel suo articolo Pupella Maggio – Nata Giacinta, detta ‘a Duse’ (comparso su Sipario 2010), Gastone Geron così scrive: «Semmai v’è stata donna ed attrice di carattere forte, pronta alla battuta feroce dietro l’apparenza conciliante, questa è stata proprio la figlia d’arte battezzata con il floreale nome di Giacinta, ma da tutti e da sempre chiamata Pupella forse perché al suo primo anno di vita era apparsa in scena, su una cesta sorretta da papà Domenico, nella commedia di Eduardo Scarpetta "La pupa movibile". Dalla moglie Antonietta, "don Mimì"... aveva avuto la bellezza di sedici figli... Ben sei "guaglioni" Maggio avevano deciso di intraprendere la professione paterna... La consapevolezza dei suoi eccezionali doni nativi spingeva peraltro "la pupa movibile" dell’esordio in fasce a qualche autocompiacimento di troppo, mal tollerato nel competitivo clan familiare, al punto che i fratelli erano arrivati malignamente a chiamarla "a Duse" imputandole una qualche aria da Divina... Pettegolezzi a parte, Pupella era arrivata ai vertici salendo ad uno ad uno i gradini dell’"arte"... dalla commedia dialettale alla drammaturgia di respiro europeo, anzi internazionale, essendo stata capace di negarsi ad un certo punto perfino ad Eduardo pur di sottrarsi al maso chiuso della "napoletanità"...». ("Persinsala.it", 13 aprile 2010)

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