martedì 3 aprile 2012

Marcello Marchesi, la surreale ironia della comicità



Marcello Marchesi


Cento anni addietro nasceva Marcello Marchesi, uno dei più grandi umoristi italiani. Nacque a Milano il 4 aprile del 1912. Ingegno multiforme, fu scrittore comico, sceneggiatore e autore di programmi radiofonici e televisivi, pubblicitario, conduttore televisivo e regista cinematografico e teatrale ma anche paroliere e cantautore.

Ultimo di 6 fratelli, all'età di tre anni, fu mandato a Roma in casa dello zio Guido e vi rimase per diciotto anni sino alla morte dello zio, in seguito alla quale ritornò a Milano. Si laureò in Giurisprudenza ma, nonostante una quieta vita di routine presso uno studio legale, coltivava il tarlo del mondo dello spettacolo.

Nel 1936, durante un lavoro studentesco al Teatro Lirico (alla cui stesura aveva lavorato), Andrea Rizzoli lo reclutò per il giornale umoristico che la sua casa editrice aveva intenzione di pubblicare, “Il Bertoldo”, che tra i collaboratori ebbe anche l'umorista e sceneggiatore romano Vittorio Metz (1904–1984). Come riporta Massimo Emanuelli (Marcello Marchesi: Basta la parola, ne L'Opinione della domenica, 13/10/2002, http://www.storiaradiotv.it/): «Sul Bertoldo la sua firma non compare tanto spesso quanto le sue idee: Marcello Marchesi creava vulcanicamente spunti per rubriche e personaggi che poi lasciava da sfruttare agli altri.». Marcello Marchesi divenne il vero motore del giornale, gettando le basi per il suo genio poliedrico che andava dall'attività di giornalista a quelle di scrittore umorista, sceneggiatore e regista ma anche di simpatico attore presentatore. Collaborò successivamente con il “Marc'Aurelio”, il “Tascabile” di Zavattini e “Omnibus” di Leo Longanesi.

Lavorò all'EIAR, producendo nel 1937 il programma A2 Radioenciclopedia e nel 1939 Cinquemila lire per un sorriso condotto da Corrado. Sono rimasti mitici: Umoristi italiani al microfono, mostra personale di Marcello Marchesi (1943) per la regia di Nino Meloni, e Terziglio – Il primo impiego (1943) (scritto insieme con Fellini) per la regia di Claudio Fino, con interpreti Giulietta Masina, Nunzio Filogamo e Mario Riva. Nel teatro milanese diede il meglio di sé, scrivendo a partire dal 1938 alcuni testi del teatro di rivista del tempo.

Quando Vittorio Metz decise di ritornare a Roma, Marchesi lo seguì e iniziò una prolifica attività nel cinema che pose le basi del moderno cinema comico italiano. Sceneggiarono insieme Imputato, alzatevi! (1939), di Mario Mattòli con il grande comico torinese Erminio Macario. Scrisse Marchesi: «Presi dall'entusiasmo, riempimmo la sceneggiatura di tante battute che il pubblico non aveva il tempo di ridere: se rideva ne perdeva metà, una metà coprendo di risate le battute pari, l'altra metà le dispari». Seguirono Il pirata sono io! (con Erminio Macario) e Non me lo dire! (1940), e Catene invisibili e Labbra serrate (1942), film di Mario Mattòli.

Durante la Seconda Guerra Mondiale, Marchesi partecipò  alla battaglia di El Alamein, ove venne ferito a un polmone. Ritornato in Italia, fu convinto da Vittorio Metz, amico inseparabile e compagno di lavoro da sempre, a ritornare a vivere nella capitale (vedere il sito personale: http://www.marcellomarchesi.it/biografia/).

Nel dopoguerra, con Vittorio Metz    lavoravano insieme rinchiusi in una stanza dell'albergo Moderno in Roma, pressati dai produttori creò un vero e proprio genere, aprendo nel cinema «strade al genere comico parallele e contigue a quelle della rivista, dell'avanspettacolo e dei giornali umoristici» (Brunetta GP., Storia del cinema italiano 1895-1945, vol. 1, Editori Riuniti, Roma 1979). Scrissero una sessantina di film rimasti nella storia della commedia italiana, molti per il grande Totò, alcuni dei quali diretti da Mattòli e dal fraterno amico Steno. Sono da ricordare: Fifa e Arena e Totò al giro d'Italia (1948), Signorinella, Adamo ed Eva e I pompieri di Viggiù (1949), Tototarzan e Totò sceicco (1950), Totò terzo uomo, I cadetti di Guascogna e Arrivano i nostri (1951), tutti di Mario Mattòli; L'imperatore di Capri (1949) di Luigi Comencini; Figaro qua, Figaro là e 47 morto che parla (1950) e Una bruna indiavolata (1951) di Carlo Ludovico Bragaglia; Bellezze in bicicletta (1951) di Carlo Campogalliani; Totò lascia o raddoppia? (1956) e Totò, Vittorio e la dottoressa (1957) di Camillo Mastrocinque; e Susanna tutta panna (1957) di Steno (vedere: scheda su mymovies.it).

Ha scritto Gianni Canova (Garzantina del Cinema, Garzanti, 2009): «Fertilissimo ingegno, grande improvvisatore, vulcanico battutista, lavora nell'avanspettacolo scrivendo – in tandem con l'amico V. Metz – copioni per i maggiori interpreti del teatro di rivista. Al cinema approda come gagman delle sceneggiature dei film di Macario e Totò; sopratutto per quest'ultimo, insieme a molti altri colleghi di futura fama (Steno, G. Guareschi, E. Flaiano ecc.), scrive lazzi e battute […]», e i suoi film «si fanno ricordare più per la bizzarria di certe situazioni e per la verve degli interpreti (soprattutto Walter Chiari) che per la compiutezza dell'insieme.». A proposito di Totò – per il quale aveva contribuito a creare “moderne farse all'italiana”, zeppe di battute volte a evidenziare soprattutto il genio istrionico e surreale del comico napoletano – ha scritto Marchesi: «Io adoravo già Totò come attore di teatro, mi divertivo moltissimo alle sue scenette, che erano chilometriche, perché duravano dai quaranta ai quarantacinque minuti e durante queste scenette il pubblico si divertiva da pazzi e alla fine non applaudiva nemmeno, tanto era spossato dal ridere. Alla fine della guerra mi capitò di fare il primo film comico della ripresa cinematografica italiana, con Totò. Lo facemmo io e Steno e si chiamava Fifa e arena, ed era un film su un torero, il titolo già diceva tutto. Però quel film, che era diretto da Mattòli e che conteneva le gag più facili, ebbe un grandissimo successo, e suscitò l'interesse di moltissimi registi e sceneggiatori che capirono che Totò, oltre a essere un animale da teatro, era anche un animale da cinema. Cioè quei gesti che avevano una proporzione teatrale nell'immenso boccascena di un Sistina o di un Valle, lui li sapeva riproporre proporzionati, così come le mimiche e i movimenti degli occhi, alla inquadratura cinematografica. […] facevamo dei film comici permeati di attualità, perché la gente era sitibonda di ridere del mondo in cui si trovava, in quanto aveva molto sofferto nel mondo in cui si trovava qualche anno prima. Non erano sceneggiature difficili da fare, e lavorare con Totò era abbastanza facile, perché Totò era uno stimolatore, anzi bisognava frenarlo più che istigarlo […] Si parlava un po' con lui e dal soggetto si passava al trattamento, quindi a una sceneggiatura che lui infiorettava con battute. […] Quella tra noi e il comico era talmente una simbiosi che era come se diventassimo tre Totò. I film nostri (dico nostri coinvolgendo anche i registi) erano film pure brutti, però avevano una carica di vitalità e un desiderio di comunicare, di scuotere, che li salvava. […] Totò forse meritava di più. E lo dimostrò il fatto che ha poi fatto i film di Monicelli e altri. […] Noi volevamo solamente far ridere. S'intende che Totò portava una complicità sua molto efficace. […] Rivedendo i film di Totò, sento che è un'esperienza passata e irripetibile, abbastanza istruttiva, ma non utile. Istruttiva per capire certa mentalità e gusti del passato, ma non utile per costruirci niente. Oramai il mondo è cambiato molto.» (vedere: http://www.antoniodecurtis.org/marcello_marchesi.htm).

Marcello Marchesi fu anche regista cinematografico in sette film (insieme con Vittorio Metz e Marino Girolami): Milano miliardaria (1951) con Isa Barzizza e Dante Maggio; Sette ore di guai (1951) con Totò, Carlo Campanini e Giulietta Masina; Il mago per forza (1951) con Sophia Loren; Era lui... sì! sì! (1951) con Walter Chiari e Carlo Campanini; Tizio, Caio, Sempronio (1951) con Nino Taranto e Aroldo Tieri; e Lo sai che i papaveri e Noi due soli (1952) con Walter Chiari e Carlo Campanini; nell'ultimo film, affrontava gioie e dolori che nascono dal vivere in un mondo post–atomico (vedere: http://www.mymovies.it/filmografia/?r=8650).

Marchesi aveva, però, continuato a scrivere per il ricco varietà e la superba rivista del teatro romano, contribuendo a lanciare artisti come Wanda Osiris, Carlo Dapporto, Walter Chiari, Alberto Sordi, Ugo Tognazzi, Tino Scotti, Gino Bramieri e Sandra Mondaini. Nel 1942, al Teatro Quirino di Roma, presentò la rivista Za Bum. Insieme con Vittorio Metz scrisse I fanatici (1952–1953), mitica rivista interpretata dal divertente duo Billi e Riva e con un'esordiente Franca Rame. Fu poi la volta di Controcorrente (1953–1954), che innovava la rivista facendo scomparire la passerella, le scene e i costumi per un intrattenimento nuovo “stile cabaret” con il grande Walter Chiari, affiancato da Bice Valori e Marina Bonfigli, musiche e canzoni di Domenico Modugno. Ricordiamo ancora: Attenti al martello, Alta tensione (1957), Sayonara Butterfly (1958) e Cielo, mio marito! (1972), scritta con Maurizio Costanzo, con Gino Bramieri e Ombretta Colli.

Ritornato a Milano, a partire dal 1952 Marchesi si dedicò alla neonata TV come produttore e come autore di testi: i suoi programmi televisivi coprono tre decenni di ottimi contenuti televisivi. A lui si debbono: Invito al sorriso (1954) per la regia di Mario Landi con Sandra Mondaini, Ti conosco mascherina (1955) per la regia di Vito Molinari con gli indimenticabili Antonella Steni e Alberto Bonucci (il testo era stato scritto con Carletto Manzoni e Giovanni Mosca), Questo si questo no (1956), La piazzetta (1956) con Billi e Riva, Lui e lei (1956) con Nino Taranto, Delia Scala, Nuto Navarrini e Sandra Mondaini (il testo era stato scritto con l'inseparabile Vittorio Metz). Fu con l'amico Walter Chiari in La via del successo (1958). Ma numerosi altri sono gli spettacoli di successo scritti da Marchesi e amati dal pubblico televisivo: l'indimenticabile L'amico del giaguaro (1961) con Corrado, Gino Bramieri, Raffaele Pisu e Marisa Del Frate, La prova del nove (1965), Il signore ha suonato (1966), lo stupefacente Quelli della domenica (1968) con l'esordiente Paolo Villaggio e la graffiante comicità delle sue “maschere”, il dottor Kranz e di Fracchia, «varietà di rottura… che apre le porte alla nuova comicità, con tempi, ritmi e contenuti lontani dalla tradizione… che con la sua aggressività comunicativa… frantuma l'immagine patinata ed edulcorata dello spettacolo leggero» (come ha scritto Aldo Grasso nella Storia della televisione italiana, Garzanti, Milano 1992). Furono sue, le sceneggiature di diverse fortunate edizioni di Canzonissima e suoi i testi de Il buono e il cattivo (1973) con i giovani Cochi Pozzetto e Renato Ponzoni al loro esordio, e di Bambole non c’è una lira (1977) per la regia di Antonello Falqui e la direzione musicale di Gianni Ferrio (scritto insieme a Falqui, Maurizio Costanzo, Gino Landi e Dino Verde), con Tino Scotti, Pippo Franco, Christian De Sica, Isabella Biagini, Loredana Bertè e Leopoldo Mastelloni, dedicato alla storia del varietà tra il 1935 e il 1960, in tempi in cui il varietà televisivo sembrava ormai prossimo alla fine. Ha scritto Aldo Grassi: «Marcello Marchesi è stato una miniera di idee per la televisione italiana ed ha contribuito a scriverne la storia fin dagli esordi, insieme all'inseparabile Metz e ad altri protagonisti […] La sua capacità di fissare, anche in poche parole, un'ironia e una comicità mai fuori posto, semplice ed incisiva, ha regalato al pubblico italiano anni di divertimento.» (Garzantina della televisione, a cura di Aldo Grasso, Garzanti, 2008).

Ma come non ricordare lo spettacolo televisivo nel quale Marcello Marchesi comparve nel doppio ruolo di sceneggiatore e conduttore televisivo, facendosi conoscere e adorare dal grande pubblico. Era il 1963, ne Il signore di mezza età, accanto a Marchesi recitavano con insolita verve Lina Volonghi (indimenticabile e comica nel suo ruolo di “bella tardona”) e Sandra Mondaini (straordinaria nel ruolo di “snob di sinistra”) e i testi con intelligente ironia e bonomia si prendevano gioco dei tanti vizi italiani e del declino a causa dell'avanzare dell'età (Marchesi aveva scritto: «…è un signore / di mezza età / l'altra mezza / non si sa…»).

Marcello Marchesi fu anche un genio della pubblicità: per 4.000 sketch per Carosello inventò notissimi slogan pubblicitari, tra i più sagaci dell'epoca, tanto da meritarsi l'appellativo di “primo copyrighter italiano”. Come dimenticare: «Con quella bocca può dire ciò che vuole… Falqui: basta la parola!… Il brandy che crea un'atmosfera… Il signore sì che se ne intende… Non è vero che tutto fa brodo» (da Wikiquote, aforismi e citazioni in libertà)? Ha scritto Massimo Emanuelli: «Non va dimenticata l'attività di pubblicitario, come poteva infatti Marcello Marchesi restare indifferente alle possibilità di Carosello? Dopo tutto si trattava sempre di battute. Un lavoratore forsennato. Uno sketch dopo l'altro, uno slogan dopo l'altro. Ammetteva di averne escogitato qualcuno, diventato proverbiale.» (Marcello Marchesi: Basta la parola, ne L'Opinione della domenica, 13/10/2002, http://www.storiaradiotv.it/).

Stakanovista dello scrivere, Marchesi pubblicò anche numerosi libri. Dopo l'esordio letterario con la raccolta di poesie Aria de Roma (1932), pubblicò con Rizzoli (Milano) la trilogia: Essere o benessere (1962), Diario futile di un signore di mezza età (1963) e Il sadico del villaggio (1964). Seguirono, pubblicati con Scheiwiller, I cento neoproverbi (1965), Il "Chi sarebbe" (1967) definizionario di celebrità [111 definizioni in parte raccolte dalla viva voce del popolo] e Sancta pubblicitas (1970). Fu poi la volta de Il meglio del peggio – L’Italia dal Boom allo Sboom (prefazione di Roberto Gervaso, BUR, Milano 1975) ricordo tratte da questo volume due poesiole piene d'impietoso sarcasmo (piccoli epigrammi che l’autore definiva “colonnine di parole aride come cifre, le cifre di un bilancio giornaliero”): «Proprietario triste / Sono padrone di duecento cessi / Forse duecentoventi, / con annessi / alcuni appartamenti» e «Supertimido / Affogò / Perché si vergognava / A gridare / Aiuto» , e Scherzi a parte (Sugarco, Milano 1975). Tutti questi testi sono ricchi di aneddoti, piccole osservazioni, brevi sentenze, elenchi umoristici, aforismi e proverbi che colpivano nel cuore l'Italia del boom, spaccona e convenzionale, con i suoi valori effimeri e con la sua disperazione nascosta, l'Italia nel suo passaggio epocale dal mondo rurale all'era industriale (aveva scritto: «L'Italia è una donna di facili consumi»). Colpiva al cuore anche l'italiano medio, elettrizzato dallo spendere ma schiavo dei riti e dei miti del consumismo (vedere: http://www.treccani.it/enciclopedia/marcello-marchesi_(Dizionario-Biografico)/). Scrisse, inoltre, due romanzi, Il malloppo (Bompiani, Milano 1971) che gli meritò il Premio per l’estate del 1972 e l'autobiografico Sette zie (1977, ripubblicato nel 2001 da RCS–Bompiani, Milano 2001) che raccontava l'esperienza di vita in casa dello zio milanese che viveva a Roma e quel suo continuo e nevrotico alternarsi tra Roma e Milano.

Ha scritto Massimo Emanuelli: «Marcello Marchesi è stato il più grande battutista italiano del secondo '900, ironia, giochi di parole, battute fulminanti sono state le sue armi di battaglia. Marchesi è stato uno dei pochi italiani capaci di conciliare due città come Milano e Roma, non patendone l'antitesi, anzi alimentandosene.  Inesauribile fonte di comicità e di ironia, lavoratore infaticabile, Marchesi pubblicò anche numerosi libri: nei quali raccolse racconti e scenette di successo. […] ebbe molti allievi fra i quali Maurizio Seymandi […], e Maurizio Costanzo […]. Lo stesso Costanzo che ad oltre venticinque anni di distanza dalla scomparsa di Marchesi così si esprimeva: “Marcello Marchesi era un grande scrittore, un grande umorista, un grande autore televisivo e cinematografico, lavorai con lui sei anni, eravamo una coppia d'autori, era una persona straordinaria, ebbe una vita molto affascinante. Aveva vissuto per anni sposato, un giorno tornò a casa, la cameriera piangeva, lui le domandò perché, lei rispose: è morto l'avvocato. E così Marcello scoprì che la moglie aveva da vent'anni una relazione con questo avvocato. Marchesi se andò, si trasferì a Roma, intorno ai cinquant'anni la moglie l'aveva convinto che era vecchissimo, lui girava con un Mercedes con autista e con un plaid sulle gambe. Buttò via tutto, si comprò una 500, si innamorò di un'altra donna, fece un figlio avanti con gli anni.”» (Marcello Marchesi: Basta la parola, ne L'Opinione della domenica, 13/10/2002, http://www.storiaradiotv.it/). Forse, per questo, alcune sue battute sull'amore e sul matrimonio sono veramente al vetriolo: «L'amore ha diritto di essere disonesto e bugiardo. Se è sincero… Nessuna nuora, buona nuora… Felicità: chi è felice è stupido. (Non è vero, ma consola)… Quanto ho sofferto quando ho saputo che l'inventore dell'alta fedeltà è cornuto… è sbagliato raccontar le favole ai bambini per ingannarli, bisogna raccontarle ai grandi per consolarli… La lussuria si sconta col matrimonio o con la solitudine… L'adulterio non è più un reato, è uno svago» (vedere: http://www.drzap.it/O_Marchesi.htm).

Altre sue frasi sono rimaste mitiche e grondano un feroce sarcasmo: «Se ritardo d'un paio d'ore succede la fine del mondo, se muoio non se ne accorge nessuno… Un caso pietoso commuove, due anche, tre deprimono, dieci amareggiano, cento scocciano, mille rallegrano gli scampati… Vivi e lascia convivere… Chi s'inferma è perduto… Chi va piano va sano e viene tamponato poco lontano… Dimmi con chi vai e ti dirò se vengo anch'io… Il mondo è fatto a scale, chi è furbo prende l'ascensore… La pubblicità è il commercio dell'anima… La rivoluzione si fa a sinistra, i soldi si fanno a destra… L'importante è che la morte ci trovi vivi… Anche le formiche nel loro piccolo s'incazzano… [Citazione resa celebre dall'omonimo fortunatissimo bestseller di aforismi umoristici curato da Gino e Michele e Matteo Molinari, Einaudi 1991]» (da Wikiquote, aforismi e citazioni in libertà). E veramente straordinari ed esilaranti sono alcuni suoi “neoproverbi”: «L'uomo propone e Dio indispone… Chi non lavora si arrangia… Chi tardi arriva male parcheggia… La cultura a dispensa dispensa dalla cultura… Impara l'arte, mettila da parte e fatti raccomandare… L'unione fa lo sciopero… L'occasione fa l'uomo ministro… Mentre voi dormite Freud lavora… Homo condomini lupus» (da Wikiquote, aforismi e citazioni in libertà).

Ma Marcello Marchesi fu anche paroliere e cantautore, per sé e per altri; fu cantante solista dell'Orchestra “Circolo Jazz Hot”. Sono da ricordare: Mai, mai mai (1936); Bellezze in bicicletta (1951), cantata da Silvana Pampanini nel film omonimo e incisa dalla grande Mina nel 1983; Bella tardona e Vorrei essere te (1963); Che bell'etàAh! Se avessi vent'anni di meno (1963); Ho soffrito per te (1966), cantata da Enzo Jannacci e Cochi & Renato; e Taratapunziè (1972) scritta per Enrico Simonetti, Pippo Baudo e Loretta Goggi.

Nel 1976 Marcello Marchesi, a sessantaquattro anni, aveva sposato in seconde nozze Enrica Sisti, molto più giovane di lui, e aveva avuto un figlio, Stefano Massimo (aveva detto: «Per la gioia sono ingrassato di dieci chili»). Nel fulgore della carriera e nel pieno della gioia familiare, il 19 luglio del 1978, in vacanza a Cabras con la famiglia, un banale incidente pose fine alla vita di Marchesi nel mare di San Giovanni di Sinis, nel golfo di Oristano: sbattuto da un'ondata su uno scoglio, morì sul colpo per un micidiale trauma cranico (aveva soltanto 66 anni). Ha scritto Massimo Emanuelli: «Per far divertire il figlio nel mare della Sardegna fece una capriola, picchiò la testa e morì. Poca acqua, una situazione comica che diventò tragica prima che Marcello Marchesi potesse commentarla con qualche battuta folgorante. Marcello Marchesi annegò in fretta come nelle sue battute: “io sono un battutista – diceva – io sono un battutaro, uno sloganaro”, una vita di corsa, una sintesi di infinite vite possibili e impossibili. […] Chissà quante cose avrebbe poi realizzato Marcello Marchesi, chissà cosa farebbe oggi, con l’attuale tv spazzatura… Lavorerebbe senz’altro per le emittenti locali.» (Marcello Marchesi: Basta la parola, ne L'Opinione della domenica, 13/10/2002, http://www.storiaradiotv.it/).

Aveva scritto di lui il giornalista Roberto Gervaso (1937–), che si diletta anch'egli di aforismi: «Gli umoristi da noi non hanno mai avuto fortuna. Non che non ce ne siano. Ce ne sono, ma si contano sulle dita d'una mano: mosche bianche in uno sciame di mosche nere, e pecore nere in un gregge di pecore bianche. Uno dei più fecondi è Marcello Marchesi. Del grande umorista ha la sagacia psicologica, l'indulgenza e la malinconia, soprattutto la malinconia… Ha l'agilità, l'entusiasmo, la verve d'un ventenne. È sempre pronto a far brigata, spettacolo, bisboccia. Come animatore non ha rivali: surclassa persino Walter Chiari, che gli deve i più bei testi del suo repertorio e i suoi successi più clamorosi.».

E Gianluigi Falabrino (1930–2010), scrittore e storico della pubblicità, ha osservato: «Per circa vent'anni, fino alla morte tragica per un banale incidente sulla spiaggia, avvenuta nel 1978, Marcello Marchesi fu il prolifico autore di slogan, ispiratore di marchi e di campagne, sceneggiatore di Caroselli. Il nerboruto eroe o atleta, che scolpiva la parola Plasmon alla fine del Carosello, nacque da un'idea di questo umorista prestato alla pubblicità.».

Dino Falconi e Angelo Frattini (Guida alla Rivista e all'Operetta, Academia, Milano 1953) hanno scritto così: «Un autore addirittura vulcanico è Marcello Marchesi: Marchesi è capacissimo, in una stessa giornata, di scrivere uno sketch di rivista, il soggetto di un film e una scena per la radio. La sua attività non conosce limiti, né di tempo né di spazio. La sua giornata consta di circa duecento ore, perché riesce a conglobare parecchie notti. […] Gli altri vanno faticosamente in cerca di idee, lui deve eliminarne a dozzine perché ne ha troppe. Spesso ne regala qualcuna, così, come un altro fa l'elemosina, cercando di non farsi vedere […]».

L'estensore del testo Libri di aforismi da ristampare. Omaggio a Marcello Marchesi, postato il 1 marzo del 2011 (http://aforisticamente.com/2011/03/01/libri-di-aforismi-da-ristampare-omaggio-a-marcello-marchesi/) così scrive: «Eppure Marcello Marchesi non solo è uno dei più brillanti umoristi del novecento, ma anche uno dei più arguti e ironici facitori di forme brevi (“Il foglio bianco mi spaventa. I pezzetti di carta, invece, il bordo dei giornali, le scatole di sigarette vuote mi ispirano, come mi ispirano i piccoli avvenimenti, le cose di poco momento, i pompons di cui è piena una giornata della vita”) dove la barzelletta surrealista si mescola con il calembour, l’epigramma con il microracconto, la notazione diaristica con l’aforisma, il neoproverbio con la parodia, la sentenza con la boutade, lo slogan con il nonsense, il dialogo con la citazione.».


Per concludere accostabile al grande comico romano Ettore Petrolini (1884–1936), anch'egli attore, drammaturgo, scrittore e sceneggiatore – Marchesi può essere considerato uno dei più geniali umoristi italiani. La sua ironia venata di surreale sarcasmo ma piena di leggerezza, la sua comicità mai volgare ma intelligente e profonda, la sua generosità verso i collaboratori e gli interpreti, la sua simpatica comunicatività, e i suoi paradossali giochi di parole non sono stati dimenticati, e non debbono essere dimenticati. A questo mira, quest'omaggio scritto per ricordarlo!

Nessun commento:

Posta un commento