sabato 22 dicembre 2012

Charles Laughton, “cattivo” immenso e indimenticabile


Charles Laughton


Cinquanta anni addietro, il 15 dicembre del 1962, moriva a Hollywood Charles Laughton, grande e versatile attore inglese (il più popolare degli anni Trenta), che ha spaziato dal genere avventuroso al dramma e alla commedia, dal genere biografico allo storico e al fantastico, dal grottesco all'horror e al noir, ma anche regista cinematografico e teatrale. Si guadagnò l'Oscar come miglior attore nel 1934 a soli trentacinque anni.

è stato scritto: «Come altri caratteristi degli anni Trenta divenne un divo che gareggiò in popolarità con gli idoli–rubacuori dello schermo: Gary Cooper, Ronald Colman e Clark Gable.» (Charles Laughton, un impareggiabile cattivo, ne “Il Cinema – Grande storia illustrata”, Ist. Geografico De Agostini, Novara 1981).

Di origini irlandesi e cattoliche per parte di madre, nacque a Scarborough (Yorkshire) il 1° luglio del 1899 (i genitori erano proprietari di un hotel) e studiò presso un collegio di Gesuiti ove fu sottoposto a un'educazione tanto rigida da influenzare la perdita della fede e il suo temperamento. Si può dire che avesse un innato talento per il teatro; infatti, lo amò sin da bambino e più tardi volle studiare alla prestigiosa “Royal Academy of Dramatic Art” di Londra. Si fece notare debuttando nel 1926 con L'ispettore generale (The Revizor) di Gogol' (era Osip), proseguendo con Hercule Poirot in Alibi (1928) adattato dal romanzo “The Murder of Roger Ackroyd” di Agatha Christie (Charles fu il primo attore a interpretare il personaggio del detective belga); seguirono il Giardino dei ciliegi e Le tre sorelle di Anton Cechov, e le mirabili interpretazioni in quattro importanti spettacoli teatrali di Shakespeare per il mitico teatro londinese Old Vic (interpretò Macbeth, Enrico viii, Angelo e Prospero). Nel 1936 fu a Parigi alla Comédie-Française, ove interpretò Sganarelle nella commedia di Molière's Le Médecin malgré lui, primo attore inglese a ricevere quella parte e a ottenere una vera ovazione (il suo francese era perfetto grazie al servizio militare prestato sul fronte occidentale durante la guerra). Si dedicò, inoltre, a spettacoli di autori contemporanei.

Notato dal cinema, dopo aver interpretato Piccadilly (1929) di E.A. Dupont, il suo primo film  (era un antipatico frequentatore di locali notturni), fece la gavetta in parti di scarso rilievo e in pellicole di serie B. Nel film storico Il segno della croce (The Sign of the Cross) (1932) di Cecil B. De Mille diede però sangue e corpo a un superbo Nerone. De Mille disse che Laughton  aveva giocato col personaggio di Nerone non prendendolo sul serio (gli conferì petulanza e puerilità, stoltezza e viziosità) e lo stesso Laughton –  che era un attore insicuro, ansioso e insoddisfatto circa i risultati della sua recitazione, e che lo fu sempre – disse di essersi ispirato a Mussolini, aggiungendo: «Cecil B. De Mille intendeva Nerone come una personalità forte, un dominatore. Io lo intesi in maniera assolutamente opposta: un uomo la cui raffinatezza non faceva che aumentare l'orrore delle orge organizzate in suo onore.». Il film ebbe un successo grandissimo: «La sua interpretazione impressionò tanto il pubblico che l'immagine del monarca divenne per gli spettatori sinonimo di dissolutezza, di un libertino poligamo, senza alcun ritegno, che urla “le buone maniere e l'etichetta appartengono al passato… il galateo è morto”.» (Charles Laughton, un impareggiabile cattivo, ne “Il Cinema – Grande storia illustrata”, Ist. Geografico De Agostini, Novara 1981).  Come ha scritto Joe Denti: «Il successo fu internazionale, grazie anche allo scalpore che fece il film dove si poteva vedere la sensuale Claudette Colbert, nei panni di Poppea, immergersi senza veli in una vasca colma di latte.» (http://www.iospio.it/master.php?pagina=notizia.php&id_notizia=4622).

Negli anni seguenti l'attore viaggiò di continuo tra gli Stati Uniti e l'Inghilterra. Fu uno stupendo Enrico viii nel film Le sei mogli di Enrico viii (The Private Life of Henry viii) (1933) di Alexander Korda, che gli valse appunto il premio Oscar, ed ebbe al suo fianco la celebre attrice inglese Elsa Lanchester (conosciuta mentre girava una serie di cortometraggi, di cui lei era la protagonista, e sposata nel 1929) e fu l'inizio di un prezioso sodalizio artistico e di vita. Con lo stesso Alexander Korda girò L'arte e gli amori di Rembrandt (Rembrandt) (1936). Fu anche l'interprete dell'ossessivo, viscido e prepotente padre di Elizabeth Barrett, Edward Moulton-Barrett, ne La famiglia Barrett (The Barrets of Wimpole Street) (1934) di Sidney Franklin (da segnalare una curiosità: Laughton aveva soltanto tre anni in più di Norma Shearer, che interpretava sua figlia).

Gli si aprirono allora le porte del cinema migliore, comprese quelle di Hollywood (firmò un contratto con la Paramount) ove nel 1932 apparve in almeno sei film, inclusa la cupa storia di amore e odio de Il diavolo nell'abisso (The Devil and the Deep), nella quale: «Il suo personaggio era contraddistinto dall'autoritarismo e dalla tracotanza, caratteristiche che dovevano rivelarsi “su misura” per la carriera di Laughton attore.» (Charles Laughton, un impareggiabile cattivo, ne “Il Cinema – Grande storia illustrata”, Ist. Geografico De Agostini, Novara 1981). Fu, quindi, Micawber in David Copperfield (1935) di George Cukor; l'inesorabile ispettore Javert ne Il sergente di ferro (Les misérables) (1935) di Richard Boleslawski (Lewis Milestone, che nel 1952 ne girò il remake con un  misurato Robert Newton nel ruolo di Javert, disse: «L'interpretazione di Laughton è passata alla storia, al di là delle critiche, ma io la ritengo pessima. Esagerata in tutto.»); il terribile capitano William Bligh ne La tragedia del Bounty (Mutiny on the Bounty) (1935) di Frank Lloyd insieme a Clark Gable (la sua interpretazione fu ricca di sfumature e di sadismo ma mitigata da un che di solitario e malinconico); l'ambiguo capo dei pirati Sir Humphrey Pengallan (un giudice di pace della Cornovaglia che nascondeva accuratamente le sue losche attività) ne La taverna della Giamaica (Jamaica Inn) (1939) di Alfred Hitchcock, basato su una storia di Daphne du Maurier e coprodotto dallo stesso Laughton insieme a Erich Pommer (col quale aveva creato la Mayflower Pictures); e un eccezionale, irriconoscibile e struggente gobbo Quasimodo in Notre Dame (The Hunchback of Notre Dame) (1939) di William Dieterle con Maureen O'Hara, insieme alla quale recitò anche in Questa terra è mia (This Land is Mine) (1943) di Jean Renoir, interpretando il mite maestro elementare Albert Lory pronto a difendere la sua patria.

Fu indimenticabile nel ruolo del perverso magistrato Lord Thomas Horfield nel capolavoro giudiziario Il caso Paradine (The Paradine case) (1947) di Hitchcock con Alida Valli e Gregory Peck; in quello di un inedito commissario Jules Maigret nel poliziesco L'uomo della Torre Eiffel (The Man on the Eiffel Tower) (1948) di Burgess Meredith – suo primo film a colori –; nel ruolo del magnate dell'editoria «petulante e grossolano, caparbio nella sua intransigenza, anche se patetico» nel film Il tempo si è fermato ( The Big Clock) (1948) di John Farrow; e nel ruolo sofferto del calzolaio ubriacone Salford nel film Hobson il tiranno (Hobson's Choice) (1954) – forse una delle sue migliori interpretazioni – del grandissimo regista inglese David Lean (quello, per intenderci, di Breve incontro, Laurence d'Arabia, Il dottor Zivago e La figlia di Ryan). Seguirono altri successi. Fu nuovamente Enrico viii ne La regina vergine (Young Bess) (1953) di George Sidney; fu il malandato ma capace avvocato difensore sir Wilfrid Robarts, affiancato dalla moglie Elsa Lanchester nel ruolo dell'asfissiante infermiera (ruoli per i quali entrambi furono candidati all'Oscar), nel thriller giudiziario Testimone d'accusa (Witness for Prosecution) (1957) di Billy Wilder con Marlene Dietrich e Tyrone Power; fu il saggio e onesto patrizio Sempronio Gracco nel film storico Spartacus (1960) di Stanley Kubrick con Laurence Olivier; e fu infine il senatore del Sud Seabright Cooley nel drammatico Tempesta su Washington (Advise & Consent) (1962) di Otto Preminger con Walter Pidgeon e Henry Fonda (il suo ultimo film, prima che un tumore renale ponesse fine alla sua vita quando aveva soltanto sessantatre anni).

Laughton, intanto, non aveva trascurato il teatro: nel 1947 era stato un indimenticabile Galileo Galilei in Vita di Galileo di Brecht, diretto dal grande Joseph Losey, e aveva interpretato diversi testi di George Bernard Shaw e di Shakespeare. Diresse, inoltre, molti spettacoli teatrali a Broadway. Numerose furono negli anni le sue incisioni discografiche di testi recitati (inclusi brani della Bibbia) e le sue partecipazioni televisive sin dal 1956.

Volle misurarsi con la regia cinematografica con il film La morte corre sul fiume (The Night of the Hunter) (1955), che sorprese il pubblico e la critica per la sua originalità, un noir angoscioso e misogino in cui raccontava l'incubo di due ragazzini perseguitati dalla psicopatia del pastore protestante Harry Powell (aveva ucciso diverse vedove per denaro, inclusa la loro madre Willa Harper, e voleva sapere a ogni costo dai fratellini ove fosse nascosto il denaro del ricco padre), i quali riescono a fuggire aiutati dalla buona vecchietta Rachel. La pellicola fu interpretata da un convincente Robert Mitchum insieme a una straordinaria Shelley Winters e a una tenera Lillian Gish (Laughton contribuì sia alla sceneggiatura, sia alla produzione). Nel tempo il film è stato rivalutato dai critici e considerato come uno dei migliori degli anni Cinquanta, anche se sul momento fu un insuccesso al botteghino. Scrive Joe Denti: «Laughton nutriva una dichiarata antipatia per i bambini e in molti ritenevano che il suo burbero carattere, facile all’esaltazione come alla depressione, fino ad arrivare al disprezzo della propria persona, fosse legato al disagio di non accettare la propria omosessualità, temendo divenisse cosa pubblica.»
(http://www.iospio.it/master.php?pagina=notizia.php&id_notizia=4622). Nel suo articolo Bellissimo film che non ottenne il successo che meritava, scrive Tiziano Sossi: «Grande fiaba orrorifica, più per atmosfera che per scene violente, resa convincente da una regia secca e originale. Harry come orco, Rachel come fata e i due fratelli come Hansel e Gretel. La fotografia in bianco e nero di Stanley Cortez è una festa per gli occhi. Le inquadrature grazie alle luci maniacalmente posizionate sono una rilettura dell'espressionismo. […] Atto d'accusa contro il fanatismo nella religione cristiana e i falsi profeti, con riferimento al sud degli Stati Uniti. Forse la più grande e sfaccettata interpretazione di Mitchum […] Tratto dal romanzo di Davis Grubb e girato in poco più di un mese. Laughton, a causa dell'insuccesso commerciale, non poté realizzare la sua trasposizione de“ Il nudo e il morto” di Mailer.»
(http://www.mymovies.it/dizionario/recensione.asp?id=15493). Ha scritto Gianni Canova: «Il film è una sorta di fiaba cupa e inquietante nella quale i due ragazzini si trovano a confronto con una vera e propria incarnazione del male, che finirà sconfitta dopo una lunga fuga sul fiume attraverso un mondo dalle sfumature oniriche. Sebbene non abbia avuto un buon riscontro di pubblico, il film viene oggi unanimemente considerato uno dei vertici del cinema fantastico.» (Cinema, le garzantine, a cura di, Garzanti, 2009).

Nonostante alcune voci insistenti di bisessualità di Charles, Laughton ed Elsa Lanchester rimasero sempre insieme e insieme divennero cittadini americani nel 1950 scegliendo di vivere a Hollywood; non ebbero figli (la cosa fece parte, forse, di un patto prematrimoniale tra i due coniugi). Laughton morì dopo una dura e lunga battaglia contro un cancro renale. Come scrive Denti: «Wilder lo avrebbe voluto, come barista, nella deliziosa commedia “Irma la dolce”.»
(http://www.iospio.it/master.php?pagina=notizia.php&id_notizia=4622). Cremato, Charles Laughton fu interrato nel cimitero di Hollywood Hills in Los Angeles.

La moglie Elsa Lanchester pubblicò un libro dal titolo Charles Laughton and I (Faber and Faber, London 1938), ove raccontò molti particolari della sua vita col marito, e Charles Higham dedicò al grande attore la biografia Charles Laughton: An Intimate Biography (Doubleday, New York 1976).

Scrive Joe Denti: «Charles diceva di avere la faccia come il di dietro di un elefante, ma sapeva anche che con quella parte meno nobile del pachiderma, era capace di trasmettere con la stessa intensità, grazia, calore, umanità, sadismo, perfidia e violenza. Partoriva con sofferenza le sue interpretazioni dando vita, con istrionico talento, ad una serie di personaggi cosiddetti “negativi”, come il tirannico capitano Bligh, in “Gli ammutinati del Bounty”. […] Il suo metodo di lavoro era così maniacale che finiva per alienarsi la simpatia dei colleghi. Anche i registi lo amavano poco, tanto da essere etichettato come attore scorbutico e problematico. Alfred Hitchcock non sopportava il suo protagonismo durante la lavorazione di “La taverna della Giamaica”, nonostante ciò non esitò a sceglierlo per il ruolo del giudice in “Il caso Paradine”, perché sapeva che Laughton era capace di rubare la scena a chiunque, con una sola occhiata. “Possono censurare tutto, ma non il mio sguardo”, amava ripetere l’attore.»
(http://www.iospio.it/master.php?pagina=notizia.php&id_notizia=4622).

Bosley Crowther, critico del New York Times, dichiarò che la sua interpretazione del maggiordomo vittoriano in Forever and a Day (Per sempre e un giorno ancora) (1943) di Edmund Goulding e Cedric Hardwicke era stata «a superb performance». Nel suo libro “The Great Movie Stars: The Golden Years”, David Shipman scrisse: «Laughton was a total actor. His range was wide.».

Ha scritto Gianni Canova: «Con il suo fisico corpulento, le labbra carnose, gli occhi acuti e penetranti, e con le sue grandi capacità attoriali, ha costruito una galleria di personaggi spesso indimenticabili, sebbene solo in rari casi abbia interpretato ruoli da protagonista, mentre come regista ha realizzato un unico film, considerato uno dei capolavori incontestabili del cinema fantastico.» (Cinema, le garzantine, a cura di, Garzanti, 2009).

Laughton ha certamente saputo sublimare i suoi ruoli di cattivo: «L'aspetto fisico aiutò molto Laughton, così pesante e goffo, a creare il tipo del cattivo. […] Laughton dette un corpo tozzo e massiccio a personaggi spietati, inflessibili o tirannici […] dominava il film in cui recitava, ma non aveva una grande varietà di accenti. […] Paradossalmente, era proprio l'antipatia e la pena suscitata dai suoi personaggi che rendeva Laughton così popolare. Il pubblico lo detestava, ma capiva che attraverso di loro Laughton esprimeva il dramma dell'uomo che detesta se stesso. Charles Laughton era in grado di rendere sullo schermo le più intime e nascoste debolezze del migliore e del peggiore degli uomini. Anche i cattivi da lui impersonati possedevano sempre un barlume di umanità […]» (Charles Laughton, un impareggiabile cattivo, ne “Il Cinema – Grande storia illustrata”, Ist. Geografico De Agostini, Novara 1981).

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