martedì 14 febbraio 2012

Vladimir Sokoloff, Anselmo in Per chi suona la campana



Vladimir Sokoloff 



Il 15 febbraio di cinquanta anni addietro, nel 1962, moriva il popolare attore russo naturalizzato americano Vladimir Nikolayevič Sokoloff, nato a Mosca il 26 dicembre del 1889.

Conosciuto come attore cinematografico, teatrale e televisivo, Sokoloff era un uomo colto e sensibile: aveva fatto studi di filosofia e letteratura, e presso l'Accademia Moscovita di Arte Drammatica era stato allievo del grande Kostantin Sergeevič Alekseev, detto Stanislavskij (1863–1938), che nei primi del '900 aveva creato un suo stile d'insegnamento di recitazione denominato anche psicotecnica, basato sullo studio psicologico del personaggio e sull'approfondimento e la rielaborazione interiore dell'attore, il quale doveva imparare l'estrinsecazione delle sue emozioni interne.

Come attore e assistente alla regia, Sokoloff si fece le ossa nel prestigioso Teatro d'Arte di Mosca. Nel 1923 fu in Germania (Berlino) e nel 1925 debuttò nel cinema. Con l'incombere del Nazismo, si trasferì in Francia (Parigi) ove nel 1933 trionfò nel Don Chisciotte (Don Quixote) di Georg Wilhelm Pabst, con il quale aveva girato anche Il giglio nelle tenebre (Die Liebe der Jeanne Ney) (1927), L'opera da tre soldi (Die 3 Groschen–Oper) (1931) e L'Atlantide (Die Herrin von Atlantis) (1932).

Nel 1934 fu ne Il lago delle vergini (Lac aux dames), diretto dal grande regista francese Marc Allégret e nel 1936, diretto dallo stesso regista, partecipò a Sous les yeux d'occident. Nel 1936 recitò in Mayerling di Anatole Litvak.

Col maturare degli eventi che precedettero lo scoppio della guerra, nel 1937, emigrò negli Stati Uniti al seguito della compagnia di Max Reinhardt. Iniziò così una brillante carriera hollywoodiana di caratterista multietnico, grazie anche ai suoi particolari tratti somatici (vivaci, interessanti e piuttosto esotici) e alla straordinaria versatilità nell'interpretare protagonisti provenienti da molte e diverse parti geografiche. Fu lanciato dall'interpretazione del pittore Paul Cezanne nel film Emilio Zola (The Life of Emile Zola) (1937) di William Dieterle (col quale girò poi diversi altri film).

Nel 1937 apparve nell'indimenticabile e romantico Maria Walewska (Conquest) di Clarence Brown con Charles Boyer e Greta Garbo, storia d'amore immortale tra Maria Walewska – una nobile polacca spinta dal desiderio d'indipendenza del suo paese – e Napoleone Bonaparte

Nel 1942 Sokoloff era l'arabo Hyder Khan in Avventura al Marocco (Road to Morocco) di David Butler; nel 1943 era il prete greco in La dama e l'avventuriero (Mr. Lucky) di H.C. Potter; nel 1945 era il filippino Buenaventura J. Bello ne Gli eroi del Pacifico (Back to Bataan) di Edward Dmytryk; nel 1946 era l'italiano Polda nel film di Fritz Lang Maschere e pugnali (Cloak and Dagger), nel 1948 era il cinese Lum Chi Chow nel semidocumentaristico Oppio (To the Ends of the Heart) di Robert Stevenson; nel 1952 interpretò un altro cinese (Kwan Sum Tang) ne L'avventuriero di Macao (Macao) di Josef von Sternberg; e nel 1957 fu Aziz Rakim in Istanbul di Joseph Pevney, con il quale nel 1958 partecipò anche a Il capitano dei mari del Sud (Twilight for the Gods).

Fu però nel 1943 che, interpretando il ruolo del guerrigliero spagnolo Anselmo in Per chi suona la campana (For Whom the Bell Tolls), divenne noto al grande pubblico. Il film era tratto dall'omonimo romanzo che Ernest Hemingway (1899–1961) pubblicò nel 1940, ispirandosi alla sua vicenda autobiografica di amore e morte, violenza e tragedia, eroismo e sconfitta, pulsione al suicidio e voglia di vivere, ma anche solidale cameratismo virile e amor di patria. Durante la guerra civile spagnola del 1936–1939, lo scrittore si era aggregato ai repubblicani partecipando come corrispondente di guerra (schierato da una parte, pur nella violenta contrapposizione fra sinistra e destra, era convinto che in ogni caso si trattasse di uomini in guerra contro altri uomini). Il libro fu nominato per il Pulitzer ma non lo vinse e la Paramount per esso pagò a Hemingway una cifra astronomica per quel tempo (circa 150.000 dollari), chiamando per la sceneggiatura Dudley Nichols che preferì focalizzare la vicenda sentimentale più che gli aspetti politico–ideologici.

Il film – interpretato da Gary Cooper (Robert Jordan), Akim Tamiroff (Pablo) e Ingrid Bergman (Marìa) – racconta le vicende del giornalista Robert Jordan (l’«Inglès»), volontario in Spagna, incaricato dal generale spagnolo repubblicano Russo Golz di distruggere un ponte sotto il controllo franchista, sito fra Madrid e Segovia; e Anselmo (interpretato appunto da Sokoloff) era il membro anziano della banda di Pablo e la guida dell’«Inglès» verso il campo del capo. Anselmo rimarrà da solo a controllare il ponte durante una terribile e improvvisa tempesta di neve; Robert e Anselmo uccideranno le due sentinelle del ponte, posizioneranno la dinamite e riusciranno a far esplodere il ponte; dopo l’esplosione, però, una grossa scheggia colpirà e ucciderà l'eroico Anselmo. Dietro le linee nemiche, Robert Jordan farà conoscenza con Marìa, orfana e psicologicamente segnata da uno stupro, la cui vita è stata devastata dalle brutalità della guerra civile. Il film ebbe nove nomination ma vinse un solo Oscar, attribuito a Katina Paxinou quale attrice non protagonista (per il suo ruolo in Pilar). Il doppiatore romano Amilcare Pettinelli (1886–1963) – la magica voce di Victor Sjöström ne "Il posto delle fragole" – ha doppiato Vladimir Sokoloff  nel ruolo di Anselmo.

Il titolo del libro di Ernest Hemingway fu tratto dai versi del religioso inglese John Donne (1572–1631) Nessun uomo è un’isola, contenuti in “Meditation XII” che celebravano l’amore universale. Poeta e predicatore, Donne fu uno scrittore di poemi religiosi e sermoni, e un uomo profondamente diviso tra scienza e filosofia, cattolicesimo e protestantesimo, nuovo razionalismo e sensibilità poetica, amore umano e amore divino; ricavò la sua notorietà dai versi d’amore profano composti in età giovanile. Così recita la sua poesia: «Nessun uomo è un’isola, / completo in se stesso; / ogni uomo è un pezzo del continente, / una parte del tutto. / Se anche una sola zolla / venisse lavata via dal mare, / l’Europa ne sarebbe diminuita, / come se le mancasse un promontorio, / come se venisse a mancare / una dimora di amici tuoi, / o la tua stessa casa. / ... / La morte di qualsiasi uomo / mi sminuisce / perché io sono parte dell’umanità. / E dunque non chiedere mai / per chi suona la campana: / suona per te.».

Dopo questo successo internazionale, Vladimir Sokoloff continuò a lavorare nel cinema segnalandosi con Il mostro dell'inferno verde (Monster from the Green Hell) di Kenneth G. Crane (1958), I magnifici sette (The Magnificent Seven) di John Sturges – ove interpretava il saggio e solidale anziano coinvolto nel destino dei suoi paesani –, Cimarron di Anthony Mann (1960), Fuga da Zahrain (Escape from Zahrain) di Ronald Neame e Taras il magnifico (Taras Bulba) di J. Lee Thompson (1962) (in diversi film recitò insieme a Yul Brynner).

Dagli anni sessanta il suo interesse slittò verso la televisione: partecipò ad alcune serie di successo, quali Alfred Hitchcock presenta (Alfred Hitchcock Presents) (1958), Carovane verso il West (Wagon Train) (1961), Gli intoccabili (The Untouchables) (1960–1961) e Ai confini della realtà (The Twilight Zone) (1961-1962).


Sokoloff morì per un ictus a 72 anni nel 1962 in West Hollywood (California, USA) e fu seppellito in Hollywood Forever Cemetery. Con la sua interpretazione di Anselmo, eroico guerrigliero disponibile al sacrificio, sullo sfondo dell’orrida guerra e sul solco del “tema del coraggio” tanto amato da Hemingway, Vladimir Sokoloff aiutò lo scrittore ad esaltare l’inevitabile coinvolgimento morale di ciascuno di noi nei problemi esistenziali e nelle tragedie politico–sociali di tutti.

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