Prima di copertina dell libro
Riporto il contenuto di
una mia intervista rilasciata al prof. Iain Halliday che insegna Lingua e
traduzione nella Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Catania, in
occasione della presentazione del libro Se
devi amarmi… amami per amore –
Biografia d'amore di Elizabeth Barrett e Robert Browning (Aracne, Roma 2012), tenutasi a Catania
presso il Katane Palace Hotel il 7 gennaio del 2013, alla quale hanno
partecipato la prof.ssa Dorotea Amato Pistone, il prof. Giuseppe Pappalardo e lo
stesso prof. Iain Halliday (moderatore il prof. Francesco Belfiore).
A. Com'è nato il progetto del saggio?
(1) Quand'ero
ragazzina, quasi bambina, attingendo alla ben fornita libreria della mia cara
mamma (naturalmente zeppa, oltre che di grandi classici, di libri per
signorine) sono incappata in un libro rosa del 1932 di Andrea Dessì (autore
semisconosciuto), dal titolo La famiglia
Barrett, che in forma romanzata raccontava la storia d'amore di Elizabeth
Barrett e Robert Browning. Confesso che questo libro mi aveva così affascinata
che ogni tanto lo riprendevo in mano per rileggerlo con piacere.
(2) Qualche anno
più tardi ho scritto un'antologia dedicata al cane nella letteratura antica e
moderna, e stavolta mi sono scontrata con un delizioso piccolo libro di Virginia
Woolf, grande scrittrice e critica inglese, Flush
– una biografia, che uscì nel 1932 (lo stesso anno
dell'uscita del libro di Dessì). Nel 1934 uscì, inoltre, il film di Sidney
Franklin The Barretts of Wimpole Street
(con Charles Laughton, Norma Shearer e Frederic March), ciò fa pensare a una
riscoperta dei due poeti in questi primi anni Trenta (lo stesso Franklin
preparò il riuscito remake conosciuto come Alleanza vietata - Forbidden
Alliance con John Gielgud, Jennifer Jones e Bill Travers, meritandosi due candidature all’Oscar. Dd'altra
parte, all'idealismo filosofico e alla poesia metafisica di Browning, negli
anni trenta guardarono con interesse i
poeti Ezra Pound (1874–1963)
e Thomas Stearns Eliot (1888–1965),
che – dopo un lungo
periodo di oblio –
posero in evidenza la drammatica ricchezza del “flusso di coscienza” ante–litteram di alcuni dei monologhi di Robert Browning.
Flush raccontava la stessa storia d'amore vista attraverso i
candidi occhi di Flush, il cocker spaniel di Elizabeth Barrett, che, divenendo
il testimone oculare del nascere di quel nuovo amore di Elizabeth per Robert
che gli sottraeva parte dell'amore esclusivo che fino a quel momento Elizabeth
aveva nutrito per lui, veniva via via diventando sempre più geloso. Le pagine
su Flush della Woolf sono veramente deliziose e Flush ci appare come un cane
giovane e gagliardo, giocoso ed entusiasta, ma in grado di capire e condividere
le emozioni degli umani e di mutare la vita e il carattere della triste
Elizabeth (donna complicata: tossico–dipendente dal laudano usato largamente dalle isteriche donne
dell'Ottocento – ma
non era innocuo essendo un derivato alcolico della morfina – e, col senno di poi,
certamente anoressica). Per Elizabeth inferma, il dolce cocker spaniel aveva
rinunciato al sole e alla vita all'aperto per condividere il buio e la
solitudine della sua stanza ma poi era arrivato Robert e il piccolo Flush si
era sentito ignorato e infelice. Aveva finito poi per decidere di amare sia
Elizabeth sia Robert dello stesso amore. La Woolf ebbe a dire: «Scrivo ogni
mattina, e mi diverto a scrivere ogni parola di Flush».
Ma la biografia di Flush è, naturalmente, la biografia di
Elizabeth (e anche una fedele e attenta ricostruzione della Londra vittoriana):
infatti, Virginia fece delle ricerche accurate attraverso diversi epistolari
della Barrett sugli altri importanti protagonisti della vita della Barrett, tra
i quali la cameriera Lily Wilson che le fu devotissima: insieme con lei e con
Flush, Elizabeth e Robert fuggirono in Italia (non prima però di essersi
sposati, data la severità dei costumi vittoriani).
(3) Soltanto
qualche anno dopo, mi è poi capitato tra le mani un piccolo libro che conteneva
alcuni sonetti di Elizabeth, tratti dai i Sonetti dal portoghese (Sonnets from the
Portuguese), che in sequenza cronologica seguivano tutte le fasi
dell’innamoramento e del fidanzamento, tradotti da Daniela Marcheschi (che ho
avuto il piacere di conoscere su facebook), che mi sono sembrati così belli che
è nato in me il desiderio di condividere questa bellezza con gli altri.
E, inoltre, per motivi familiari amo l'Inghilterra come una
seconda patria e ho sempre adorato la letteratura inglese dell'Ottocento: Jean
Austen con i suoi libri, Charlotte Bronte con Jane Eyre ed Emily Bronte con Cime
tempestose. stao, quindi, per me estremamente interessante studiare questo
periodo letterario.
B. Quanto tempo hai
preso per scrivere questo saggio?
Non so precisare il tempo esatto perché la gestazione è stata
piuttosto lunga. Infatti, scrivere questo saggio non è stato facile, perché i
due poeti in Italia sono poco conosciuti e quindi il materiale reperibile in
italiano era scarsissimo; per fortuna, invece, i due poeti sono conosciuti e
amatissimi nel mondo anglosassone e il materiale che ho trovato sul web (nei
siti specialistici dedicati alla letteratura vittoriana e ai due poeti) era enorme
e ciò mi ha aiutato a trovare molte informazioni.
Per conoscere a fondo Elizabeth Barrett, molto importante è
stato per me il testo integrale in italiano di Aurora Leigh, un lungo poema in versi
liberi (blank verses) che in modo autobiografico racconta una complessa e
melodrammatica storia d’amore tra una giovane ragazza con aspirazioni
artistiche (voleva essere una poetessa) e il cugino, un uomo buono e saggio ma
vero rappresentante del maschilismo vittoriano. Il testo è di una modernità
eccezionale: Elizabeth vi confuta il concetto che una donna non possa scrivere
vera grande poesia (un pregiudizio del tempo) e vi rivela la convinzione dell'eguaglianza
tra uomo e donna, assolutamente inedite per quel periodo. Elizabeth – anche se
molto innamorata – ci teneva a riaffermare la propria individualità; come
riportato da George Barnett Smith (Elizabeth
Barrett Browning. The Cornhill Magazine, 29:471–90, 1874), scrisse: «Io non scrivo per piacere ad alcuno,
neanche per piacere al mio stesso marito».
Vi ricordo che al tempo dell Barrett e della stessa Virginia
Woolf le donne non avevano né spazi né indipendenza economica: la Austen
scriveva in cucina ed Emily Dickinson appuntava le sue poesie ai margini delle
ricette da cucina, e le donne non potevano nemmeno ereditare (vi ricordo Orgoglio e pregiudizio e Dowton Abbey, visto di recente in
televisione, nei quali in assenza di eredi maschi la casa di famiglia andava al
cugino maschio). La Woolf ha scritto benissimo tutto questo in due saggi
superbi: Le tre ghinee e Una
stanza tutta per sé. Riconosciamolo: anche oggi la camera da studio
è di assoluta pertinenza maschile!
Quello che
mi ha entusiasmato di più è stato scoprire come Elizabeth, nell'amore, avesse saputo
superare moltissimi problemi: la sua infermità, gli ostacoli posti da un padre
geloso e psicopatico, la certezza di essere diseredata e la penuria di denaro
di Robert, la differenza di età che allora non era affatto trascurabile
(Elizabeth aveva sei anni più di Robert), la necessità di dover vivere
all’estero, i pettegolezzi creati dalla grave trasgressione dell’amore
clandestino (e del matrimonio segreto e della fuga) – Robert, dopo aver sposato Elizabeth in
Inghilterra si era trovato al centro di un vero e proprio “gossip”: molti
sospettavano che avesse sposato Elizabeth perché più famosa e ricca di lui, e a
Londra era segnato a dito come il «marito della signora Browning» – , e infine
l’implacabile e cieca vendetta del temuto padre tradito che non volle mai più
vederla.
Elizabeth,
che era una donna problematica (tossicodipendente e probabilmente anoressica),
per amore, seppe puntare sul futuro (anche se nebuloso) perché aveva una grande
fiducia nella Vita e in Robert che l'aveva fatta innamorare perché aveva saputo
guardare, oltre la facciata, nella profondità della sua anima (e in realtà soltanto
questo è l'amore, costruito sulla roccia, che resiste alle delusioni esistenziali,
al declino per l'invecchiamento e le malattie, l'amore che non ha bisogno di
silicone o di chirurgia estetica).
C. Elizabeth Barrette e Robert in che modo sostennero
il Risorgimento?
Nella
metà dell’Ottocento, Firenze ospitava una vivace e colta comunità anglo–americana, costituita da
artisti e letterati che in Italia preferivano Firenze a Roma, al tempo
infestata dalla malaria e quindi malsana, e che solidarizzavano con il
Risorgimento. Molti di essi gravitarono nella cerchia formatasi attorno ai due
poeti di successo.
E
Elizabeth Barrett svolse un'attività politica vera e propria. Dopo il ritorno
degli austriaci, nell’aprile del 1848, invece di abbandonare l’Italia come gli
altri inglesi, i Browning rimasero a Firenze e (dopo la proibizione della esposizione
del tricolore) provocatoriamente Elizabeth – ormai completamente votata alla causa dell’indipendenza
italiana – volle
nel suo salone il bianco delle tende, vicino al verde delle pareti e al rosso
del velluto delle cortine.
Ispirata dal Risorgimento e dai fatti toscani del 1848 – «una italiana nel cuore
(an Italian at heart)» – , si avvicinò al movimento del Romanticismo italiano scrivendo il poema
Le finestre di casa Guidi (Casa Guidi
Windows) (1850), costituito da una prima parte nella quale mostrava
entusiasmo per le istanze di libertà del popolo fiorentino e da una seconda
parte (scritta dopo l’armistizio che aveva ridotto Venezia sotto il controllo
austriaco) nella quale manifestava un profondo senso di disillusione. Dieci
anni dopo, nel 1860, la Barrett pubblicò la nuova raccolta poetica di carattere
politico Poesie davanti al Congresso (Poems before Congress): convinta
delle ragioni dei Fiorentini, Elizabeth aveva concentrato cos' tante attenzioni
ed energie nella politica italiana da preoccupare sia Robert, sia gli amici più
intimi. Con toni d’indignazione e d’invettiva, nella prefazione del libro,
sollecitava i suoi connazionali a prendersi a cuore i gravi problemi
dell’Italia: questi atteggiamenti furono considerati inopportuni e indecorosi
per una donna, alienandole la simpatia degli Inglesi che le attribuirono erroneamente
dei sentimenti anti–britannici. In effetti, le due opere non ebbero molto successo,
contribuendo a diminuire la sua popolarità in Inghilterra. E il 1861 vide
coincidere la morte della Barrett e l'unità d'Italia –avrei voluto che il libro uscisse nel 2011 che vedeva i 150 anni
dell'Unità d'Italia ma l'editore non ha fatto in tempo – e, purtroppo, Elizabeth
non ebbe il piacere di sapere che il 19 novembre del 1865 la Camera avrebbe approvato
la legge che spostava la capitale d’Italia da Torino alla sua amatissima
Firenze, in mezzo allo sconcerto e alle vibrate proteste dei torinesi.
Articolo eccellente. Null'altro da dire.
RispondiEliminaCredo che inserirù parti di esso in un mio scritto, seguite, naturalmente da nome e cognome suo. La ringrazio di avermi illuminato. Prof.Gennaro Iavazzo
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