René Clément
Il 18 marzo di questo
anno, avrebbe compiuto cento anni il grande regista René Clément, distintosi
per le enormi qualità artistiche, per l'eccezionale talento cinematografico e per
l'abile mestiere. I suoi film più importanti hanno spesso portato avanti un
giudizio morale severo e inappellabile sugli orrori della guerra e sulle
mostruosità del nazismo, combattute grazie a una Resistenza descritta con i
toni di «un'epopea anti–retorica».
René Clément nacque a Bordeaux nel 1913 ed era ancora un
giovane studente di architettura presso l'École des Beaux-Arts (che dovette
abbandonare per la morte del padre), quando nel 1934 incontrò Jacques Tati che
lo mise a contatto con il cinema (insieme sceneggiarono filmetti comici,
scritti a quattro mani). Di quell'anno è il suo primo cortometraggio, On demande une brute, de Charles
Barrois. Iniziò quindi la sua attività di aiuto regista e operatore, girando
documentari in Arabia e in Africa del Nord (attraversando traversie di salute e
subendo anche alcuni arresti); di quel periodo è da ricordare L'Arabia proibita (L'Arabie interdite) del
1937. Dello stesso 1937 è il film Cura
il tuo sinistro (Soigne ton gauche), che sceneggiò insieme con Tati,
interpretato dallo stesso attore comico.
Durante la guerra, da soldato semplice, collaborò con il
servizio cinematografico dell'esercito, e in quel periodo girò il bel documentario
La grande pastorale (1943).
Imparò molto dal direttore della fotografia parigino Henry
Alekan (1909–2001) e insieme raggiunsero la celebrità con il film diretto da
Clément Operazione Apfelkern (La
bataille du rail) (1946), opera di grande realismo, dedicata alla Resistenza,
espressa non tanto come lotta partigiana armata quanto piuttosto come sabotaggio
per fiaccare l'occupazione nazista; la pellicola narra di un attentato
ferroviario; scrive Gianni Canova: «Girato nei veri luoghi della vicenda e con
autentici operai delle ferrovie, il film imprime una virata al cinema francese
innestandovi una dose di asciutto realismo e ottiene il Gran premio della
giuria per la miglior regia a Cannes.» (Cinema,
le garzantine, Garzanti, 2009). Sempre con la collaborazione di Henry Alekan, Clément
girò I maledetti (Les maudits) (1947)
con Fosco Giachetti e Henri Vidal, un apologo sulle mostruosità naziste che
aveva come cupo teatro un sottomarino tedesco (in seguito Alekan collaborò anche
con Jean Cocteau, André Cayatte, Marcel Carné, Yves Allégret, Abel Gance, Jean
Delannoy e Wim Wenders, rivelandosi anche un vero maestro della fotografia in
bianco e nero). Clément fu accanto a Jean Cocteau e Alekan in La bella e la bestia (La belle et la bête)
(1946) con Jean Marais (attore feticcio di Cocteau).
Nel 1946 Clément girò Il
padre tranquillo (Le Père tranquille o La Vie d'une famille française durant
l'occupation), nel quale il regista celebrava – senza mistificazioni –
la lotta partigiana durante l'occupazione di un buon padre di famiglia che
conduceva la sua personale resistenza dall'interno della quotidianità e della sua
abitazione piccolo–borghese. Diresse,
quindi, Le mura di Malapaga (Au–delà
des grilles) (1949), rappresentazione romantica e sentimentale ma anche amara
e disillusa delle ferite del dopoguerra genovese, con un grande Jean Gabin e
una sofferta Isa Miranda, premiato a Cannes e vincitore dell'Oscar come miglior
film straniero (alla sceneggiatura collaborarono i nostri Cesare Zavattini e
Suso Cecchi d'Amico); per questo film si è parlato di film «di ambizioni
psicologiche», di tentativo di «fondere il “vecchio” verismo francese con il
neorealismo italiano» (Il cinema francese
del dopoguerra, 3° volume, cap. 40, “Il Cinema – Grande storia illustrata”,
Ist. Geografico De Agostini, Novara 1981). Da ricordare anche L'amante di una notte (Le château de verre)
(1950), storia melodrammatica di fuga e tradimenti con Fosco Giachetti, Jean
Marais ed Elisa Cegani.
Già nell'empireo dei grandi del cinema, nel 1952 Clément diresse
il lirico e delicato film di guerra Giochi
proibiti (Jeux interdits), certamente il suo capolavoro, ove ritorna
nuovamente la dolorosa e impietosa rappresentazione dei traumi della guerra in due
ragazzini orfani che si creano un “universo segreto” (Paulette di cinque anni e
Michel di undici anni); il film si aggiudicò il Leone d'Oro a Venezia, il
premio della critica a Cannes e l'Oscar per il miglior film straniero. Scrive
Canova: «è un'opera che tenta di
scrutare senza morbosità, il fondo oscuro che la tragedia della guerra ha
sedimentato nella psiche di due bambini, i quali per i loro giochi si sono
costruiti un finto cimitero» (Cinema,
le garzantine, Garzanti, 2009).
Continuando la sua arrestabile ascesa, nel 1954 Clément
presentò a Cannes il brillante ma sarcastico e amaro film inglese Le amanti di Monsieur Ripois (Monsieur
Ripois o Knave of Hearts) con un immenso e «incontenibile» Gérard Philipe (insieme
con Valerie Hobson e Joan Greenwood) nella parte di un “tragico” e “ridicolo” dongiovanni,
sullo freddo e disincantato sfondo di una Londra crudele, che si aggiudicò un Premio
speciale della giuria a Cannes.
Seguirono lo stupendo Gervaise
(1956), forte e naturalistico nella sua descrizione di una sordida e opprimente
Parigi dei bassifondi (tratto dall'“Assomoir” di Émile Zola); il film,
interpretato da Jany Holt e una superba Marie Schell (con il seducente bianconero
di René Juillard), racconta le vicende tristi amare di una lavandaia di fine Ottocento,
costretta a logorarsi per mantenere la famiglia e il marito ubriacone, la quale
viene umiliata anche dall'amante. Maria Schell si aggiudicò la coppa Volpi a
Venezia.
Seguirono: La diga
sul Pacifico (This Angry Age) (1958), colossal di produzione internazionale
con Silvana Mangano, Anthony Perkins e Richard Conte, tratto dall'omonimo romanzo
di Marguerite Duras e dedicato alla dissoluzione nell'Indocina francese di una
famiglia di proprietari terrieri (fu definito dalla critica lo «Zoo di vetro in
Oriente»); Delitto in pieno sole (Plein
Soleil) (1959), tratto dal romanzo di Patricia Highsmith “The talented Mr.
Ripley”, con Alain Delon, Maurice Ronet e Marie Laforêt, influenzato in modo
percettibile da Hitchcock, così da pagare il suo tributo alla grande tradizione
del giallo; Che gioia vivere (Quelle
joie de vivre) (1961), uno dei rari film comici di Alain Delon e René
Clément; Il giorno e l'ora (Le jour et
l'heure) (1963), con Simone Signoret, Geneviève Page e Stuart Whitman,
considerato un film sconclusionato, in grado di mettere in difficoltà anche la
grande attrice Simone Signoret nel ruolo di una signora parigina malmaritata
che ha una tresca con un aviatore texano; Crisantemi
per un delitto (Les félins) (1964) con Jane Fonda e Alain Delon; Parigi brucia? (Paris brûle–t–il?)
(1966) con Jean-Paul Belmondo, Charles Boyer e Alain Delon, tratto dal
best-seller di D. Lapierre e L. Collins, nel quale ritorna la rappresentazione della
Resistenza nella Parigi occupata; L'uomo
venuto dalla pioggia (Le passager de la pluie) (1969) con Gabriele Tinti,
Charles Bronson e Marlène Jobert; La
corsa della lepre attraverso i campi (La
course du lièvre à travers les champs) (1972) con Jean-Louis Trintignant, Robert
Ryan e Lea Massari; e Babysitter – Un maledetto pasticcio (Jeune fille libre le soir) (1975),
con Maria Schneider e Sydne Rome, che fu il suo ultimo film.
Intensa fu anche la sua attività di sceneggiatore; infatti,
di molti dei suoi film Clémente scrisse le sceneggiature. Ritiratosi piuttosto
prematuramente dall'attività cinematografica per l'esaurirsi della sua vena, morì
nel Principato di Monaco il 17 marzo del 1996.
Ne Il cinema francese del dopoguerra, 3° volume, cap. 40 (“Il Cinema –
Grande storia illustrata”, Ist. Geografico De Agostini, Novara 1981), si è
osservato che nel dopoguerra una nuova generazione di autori si affacciava, tra
i quali appunto René Clemént, che con “Operazione Apfelkern” forniva «un saggio
– insolito per il film francese – di neorealismo integrale, non privo di
affinità con quello di Rossellini»; si è parlato anche di «stile di spoglia
epicità e di asciutta tensione». In Tendenze
del cinema francese negli anni Cinquanta, 4° volume, cap. 49 (“Il Cinema –
Grande storia illustrata”, Ist. Geografico De Agostini, Novara 1981) è stato
riportato che Clément fu «essenzialmente un artigiano che dipendeva formalmente
dal copione e che non sembrava particolarmente animato dall'ansia di esplorare
le potenzialità del mezzo di espressione che aveva scelto».
Ha scritto nell'Enciclopedia del
Cinema (2003), Bruno Roberti: «Al centro del suo cinema vi è la nozione di
conflitto, sia nel senso di un'indagine sulle vicende e le ferite della Seconda
guerra mondiale, sia, più in generale, nella resa visiva di azioni e passioni
umane osservate lucidamente e nella dimensione esistenziale che sovente
imprigiona i suoi personaggi in un ingranaggio implacabile. L'inventiva e il
virtuosismo tecnico di Clément risultano così, di volta in volta, agganciati
all'analisi, spinta fino all'evidenza crudele, di situazioni limite, esemplari
delle condizioni di crisi cui l'azione del film offre sbocco psicologico e
snodo drammatico. […] La puntualità nel costruire un'architettura filmica che
in modo stringente si attagliava alla progressione drammatica, coadiuvata in
questo dall'incisività luminosa e dalla fluidità nel muovere la macchina da
presa in situazioni elaborate e difficili di un grande operatore come Henry
Alekan, restò caratteristica di molte opere di Clément.». Sostiene ancora Roberti
che, nei suoi primi film dedicati alla Resistenza Clément: «seppe esaltare
l'unicità di un'esperienza filmica di tal genere, facendo così emergere uno
stile che univa l'efficacia drammatica dei film bellici statunitensi alla
scabra durezza del Neorealismo italiano.». Parlando, invece, dei numerosi
gialli e noir, scritti e diretti da Clément, ha osservato Roberti: «tutte
variazioni sul thriller che, pur nella loro macchinosità e nell'accentuazione
contorta delle psicologie, testimoniano l'abilità di Clèment nel costruire
ingranaggi drammaturgici capaci di trasmettere suggestione e angoscia, ma anche
di comunicare la densità precisa di un ambiente e di un personaggio, il senso
concreto dell'ambiguità del reale». – vedere
anche su
http://www.treccani.it/enciclopedia/rene-clement_(Enciclopedia-del-Cinema)/.
Nessun commento:
Posta un commento