Dante di Gustavo Doré Sceneggiato TV
La Vita nuova – intesa sia nel significato di vita
giovanile sia nel senso di vita completamente rinnovata dall’amore – è una sorta di diario intimo, o
meglio di “operetta autobiografica”,
costituita dalla raccolta in ordine cronologico dei commenti in prosa e delle
rime dedicate a Beatrice Portinari.
In toni
quasi mistici, Beatrice è cantata come un prodigio del Paradiso davanti al
quale non si può che restare in muta e trepidante adorazione. Dante parla d’amore
secondo i canoni del “dolce Stil Novo” ma, poiché è già il gran poeta che
conosciamo (in modo auto–referenziale
diceva di se stesso: «Sono colui che sono, non per grazia di ricchezza, sì per
grazia di Dio»), la sua esperienza amorosa prende il sopravvento sul manierismo
culturale e Beatrice – la donna
amatissima – ci appare non un
arido e freddo simbolo ma una donna viva, anche se trasfigurata in “donna–angelo” dal vagheggiamento amoroso
del poeta che è completamente rapito da quello che considera «un amore perfetto».
E Beatrice diverrà il suo costante punto di riferimento, la sua luce nel buio,
il suo faro nella tempesta.
In questa
giovanile composizione poetica a carattere autobiografico – costituita da alcuni brani in
prosa, da venticinque sonetti, da quattro canzoni, da una stanza e da una
ballata – viene descritto il
primo incontro di Dante e Beatrice, entrambi coetanei, avvenuto per la prima
volta quando il poeta aveva appena nove anni (e il nove, per Dante, è
certamente un numero simbolico e miracoloso). Il secondo incontro – durante il quale i due si scambiarono
soltanto un fugace saluto –
avvenne nove anni dopo, quando entrambi avevano 18 anni. L’amore per Beatrice
possiede Dante in una maniera così totalizzante che, per evitare pettegolezzi, è
costretto a fingere amore per due diverse “donne–schermo”, amareggiando così Beatrice che gli toglie il saluto.
In una orrida visione, Dante vede Beatrice nuda, portata da Dio in un «drappo
sanguigno» e costretta a nutrirsi del cuore del poeta; subito dopo, Amore
piangente sparisce in cielo con la donna amata. Questa spaventosa visione di
morte ha però il significato dell’accettazione dell’amore per Dante da parte di
Beatrice, la cui morte trasforma l’amore umano del Poeta in Amore assoluto,
fonte di elevazione e ispirazione. E nella trasfigurazione del poeta l’amata diventa
una forte guida morale.
Ed ecco i
tre sonetti più belli e più noti della “Vita Nuova” (1292–1293).
Capitolo XXI.
Sonetto: Ne li occhi porta la mia donna
Amore.
Ne li
occhi porta la mia donna Amore,
per che
si fa gentil ciò ch’ella mira;
ov’ella
passa, ogn’om ver lei si gira,
e cui
saluta fa tremar lo core,
sì che,
bassando il viso, tutto smore,
e d’ogni
suo difetto allor sospira:
fugge
dinanzi a lei superbia ed ira.
Aiutatemi,
donne farle onore.
Ogne
dolcezza, ogne pensero umìle
nasce nel
core a chi parlar la sente,
ond’è
laudato chi prima la vide.
Quel
ch’ella par quando un poco sorride,
non si pò
dicer né tenere a mente,
sì è novo
miracolo e gentile.
Capitolo XXVI.
Sonetto:
Tanto gentile e tanto onesta pare.
Tanto
gentile e tanto onesta pare
la donna
mia quand’ella altrui saluta,
ch’ogni
lingua devèn tremando muta,
e li
occhi no l’ardiscon di guardare.
Ella si
va, sentendosi laudare,
benignamente
d’umiltà vestuta;
e par che
sia una cosa venuta
da cielo
in terra a miracol mostrare.
Móstrasi
sì piacente a chi la mira
che dà
per gli occhi una dolcezza al core
che
’ntender no la può chi no la prova:
e par che
de la sua labbia si mova
un
spirito soave pien d’amore,
che va
dicendo a l’anima: Sospira.
Sonetto: Vede perfettamente onne salute.
Vede
perfettamente onne salute
chi la
mia donna tra le donne vede;
quelle
che vanno con lei son tenute
di bella
grazia a Dio render merzede.
E sua
bieltate è di tanta vertute,
che nulla
invidia a l’altre ne procede,
anzi le
face andar seco vestute
di
gentilezza, d’amore e di fede.
La vista
sua fa onne cosa umìle;
e non fa
sola sé parer piacente,
ma
ciascuna per lei riceve onore.
Ed è ne
li atti suoi tanto gentile,
che
nessuno la si può recare a mente,
che non
sospiri in dolcezza d’amore.
Nel brano
in prosa della “Vita Nuova” (Capitolo XXVI.) che
precede il sonetto Tanto gentile e tanto
onesta pare, Dante scriveva: «[…] Diceano molti, poi che passata era: – Questa non è femina, anzi è uno de
li bellissimi angeli del cielo. –
E altri diceano: – Questa è una
meraviglia; che benedetto sia lo Segnore, che sì mirabilmente sae adoperare! - […]».
Il libro termina (Capitolo XLII.) col proposito di Dante di scrivere un’opera
ancora più eccelsa, ispirata anch’essa a Beatrice, ove egli possa dire tutto
quello che non è stato mai detto per nessun altro essere di sesso femminile. Ed
egli sogna che, alla fine di ciò, possa riunirsi in cielo alla donna tanto
amata; il poemetto finisce con queste ultime parole: «E poi piaccia a colui che
è sire de la cortesia, che la mia anima se ne possa gire a vedere la gloria de
la sua donna, cioè di quella benedetta Beatrice, la quale gloriosamente mira ne
la faccia di colui “qui est per omnia saecula benedictus”.».
Nel Convivio (1304–1307) Dante identificherà Beatrice
con la Filosofia, immagine di perfezione e verità, guida alla sicura redenzione
di tutti. Ma quale uomo – del
passato o del presente – ha mai
dato tanta importanza o conferito tale ruolo alla donna amata? Era ancora un fanciulletto,
quando il poeta s’innamorò di Bice, la figlia del fiorentino Folco Portinari (andata
poi sposa a Simone dei Bardi), ma questo amore lo coltivò e lo conservò per
sempre nel suo cuore, anche dopo la morte di lei avvenuta nel 1290. Si discute
se tra Dante e Beatrice siano esistiti rapporti reali e se il loro amore abbia
raggiunto una certa concretezza; in realtà ciò non ha nessuna importanza,
perché questo amore è certamente esistito nell’immaginario del poeta – sempre e con forza immutata – per tutta la vita. Dante, inoltre,
è stato tra i primi a considerare la donna non soltanto come oggetto d’amore e
desiderio ma anche come soggetto capace di amare, decidere e scegliere con
senso morale.
Da anni in provincia di Salerno, presso le
grotte dell’Angelo di Pertosa (attraversate da un fiume navigabile) e il complesso
monastico della Certosa di San Lorenzo Padula, sono messi in scena i celebri
spettacoli de L’Inferno e de Il Purgatorio di Dante. Per
celebrare San Valentino, nel febbraio del 2013, dopo più di 700 anni dalla
nascita del loro amore, «Dante e Beatrice cederanno alla tentazione e si
lasceranno travolgere dalla passione facendo cadere tutti i tabù del dolce
stilnovo. Un bacio, vero, per festeggiare tutti gli innamorati e promuovere la
cultura». Il regista e ideatore degli spettacoli Domenico Maria Corrado ha
dichiarato: «È un omaggio a tutti gli innamorati attraverso una coppia simbolo
della letteratura italiana. Un’iniziativa per certi versi provocatoria, ma che
in realtà vuole rendere più accattivante la cultura celebrando l’amore. Dai
tempi di Dante ad oggi molte cose sono mutate e quindi anche la cultura deve
sperimentare nuove strade» (ved.: lacittadisalerno.gelocal.it/cronaca/2013/02/13/news/cosi-dante-e-beatrice-si-baciano-a-teatro-1.6528217).
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