Locandine La Bibbia (J. Houston) Sansone e Dalila
(C.B. DeMille)
La Bibbia è una fonte inesauribile di amori
struggenti e passioni peccaminose, di conflitti drammatici e forti sentimenti, di
vili tradimenti e brutali tragedie, di aspri rimpianti e vendette mostruose.
Andando
in ordine cronologico, ricordo la Genesi (il primo libro del
Pentateutico della Bibbia, forse opera di Mosè), che narra la creazione, il
peccato di Adamo ed Eva, il diluvio e la storia di Abramo. All’inizio della
vicenda umana, questo libro stupefacente ci narra l’amore e la tragedia
esistenziale di Adamo ed Eva
(la sposa plasmata da una costola di lui), eguali eppure diversi, entrambi
creati a “immagine e somiglianza”
di Dio: «[…] Allora l’uomo disse: /
“Questa volta essa / è carne dalla mia carne / e osso dalle mie ossa. / La si
chiamerà donna / perché dall’uomo è stata tolta”. / Per questo l’uomo
abbandonerà suo padre e sua madre si unirà a sua moglie e i due saranno una
sola carne. Ora tutti e due erano nudi, l’uomo e sua moglie, ma non ne
provavano vergogna.» (2. Creazione della donna.). Quando, ingannata
dal serpente, Eva mangia la mela –
il frutto proibito e l’elemento di perdizione del genere umano – e poi la porge a Adamo che era con
lei e anch’egli ne mangia: «[…] Allora
si aprirono gli occhi di tutti e due e si accorsero di essere nudi; intrecciarono
foglie di fico e se ne fecero cinture. Poi udirono il Signore Dio che
passeggiava nel giardino alla brezza del giorno e l’uomo con sua moglie si
nascosero dal Signore Dio, in mezzo agli alberi del giardino. […]» (3.
Tentazione e caduta.).
Nella
“Genesi”, sono narrati anche l’amore sterile di Abramo e Sara e quello, benedetto dalla nascita
d’Ismaele, tra Abramo e Agar,
la schiava egiziana data in moglie ad Abramo dalla stessa Sara. Dopo 13 anni,
però, Dio benedirà il vuoto matrimonio dei due anziani coniugi Abramo e Sara
con la nascita d’Isacco. E sempre in questo Libro, come dimenticare il quieto
amore tra Isacco e Rebecca («La giovinetta era molto bella d’aspetto, era
vergine, nessun uomo le si era unito», 24. Incontro con Rebecca.)
e il loro romantico incontro, segnato dall’incantamento degli sguardi
nonostante che il loro matrimonio fosse un’unione combinata dai genitori: «[…] Isacco uscì sul far della sera per svagarsi in campagna, e, alzando gli
occhi, vide venire i cammelli. Alzò gli occhi anche Rebecca, vide Isacco e
scese subito dal cammello. […] Isacco introdusse Rebecca nella tenda che era
stata di sua madre Sara; si prese in moglie Rebecca e l’amò. […]» (24.
Rebecca accetta di diventare sposa di Isacco.).
E che
dire dell’amore di Giacobbe –
il figlio d’Isacco – e Rachele,
ostacolato da Labano, il padre di lei e zio materno di lui. Bisogna premettere
che Giacobbe era fratello gemello di Esaù (nato per primo e favorito di Isacco,
divenuto un cacciatore mentre il gemello era un uomo tranquillo che seguiva
Dio). Con un primo inganno Giacobbe riuscì ad acquistare da Esaù la
primogenitura, una volta che era affamato, in cambio di un piatto di lenticchie
(Genesi 25, 29-34). Con un secondo
inganno, quando Isacco in punto di morte avrebbe dovuto benedire Esaù, Giacobbe
si sostituì al gemello indossando una pelle di animale per simulare il fratello
piuttosto peloso. Per sfuggire l'ira di Esaù, Giacobbe era poi scappato dallo
zio Labano. Durante la fuga, aveva fatto un sogno profetico: una scala
congiungeva la terra col cielo e su di essa gli angeli salivano e scendevano;
intanto Dio parlava con Giacobbe promettendo – a lui che gli era devoto – la terra sulla quale stava dormendo e un'immensa discendenza
(Giacobbe chiamò quella terra Betel, Bet–El,
ossia “casa del Padre”): «Io sono il Signore, il Dio di Abramo e di tuo padre
Isacco; darò questa terra a te e ai tuoi discendenti. Essi saranno numerosi
come la polvere della terra.». Arrivato dallo zio Labano, Giacobbe si era
innamorato della figlia Rachele, fanciulla bellissima, ma il padre per
dargliela in matrimonio volle che lo servisse per ben sette anni.
«Ora Labano aveva due figlie; la maggiore si
chiamava Lia e la più piccola si chiamava Rachele. Lia aveva gli occhi smorti,
mentre Rachele era bella di forme e avvenente di aspetto, perciò Giacobbe amava
Rachele. Disse dunque: “Io ti servirò sette anni per Rachele, tua figlia
minore”. […] Così Giacobbe servì sette anni per Rachele: gli sembrarono pochi
giorni tanto era il suo amore per lei.». Combinato il matrimonio, viene
organizzata la festa nuziale: «Ma quando fu sera, egli prese la figlia Lia e la
condusse da lui ed egli si unì a lei. […] Quando fu mattina… ecco era Lia!
Allora Giacobbe disse a Labano: “Che mi hai fatto? Non è forse per Rachele che
sono stato al tuo servizio? Perché mi hai ingannato?”. Rispose Labano: “Non si
usa far così nel nostro paese, dare, cioè, la più piccola prima della maggiore.
Finisci questa settimana nuziale, poi ti darò anche quest’altra per il servizio
che presterai presso di me per altri sette anni”. Giacobbe fece così: terminò
la settimana nuziale e allora Labano gli diede in moglie la figlia Rachele. […]
Egli si unì anche a Rachele e amò Rachele più di Lia. Fu ancora al servizio di
lui per altri sette anni.» (29. Giacobbe sposa Lia e Rachele.). Ma Jahvè
– che punisce la superbia – rese sterile il grembo di Rachele
(troppo avvenente e fiera dell’amore del marito) mentre volle arricchire di
molti figli il grembo di Lia (meno bella e meno amata). Dalle due mogli e dalle
ancelle Giacobbe ebbe complessivamente dodici figli, che daranno origine alle
dodici tribù di Israele. Alla fine, fece pace con Esaù. Tutta questa narrazione
è caratterizzata da una forte incisività e da un linguaggio semplice ma pieno
di fascino e folclore.
Nel Libro
dei Giudici (che erano i capi militari e politici, ai quali Dio
si era affidato tra il 1200 e il 1025 a.C. per placare le tribù d’Israele), è
narrato l’amore funesto di Sansone per
Dalila. Nato da madre sterile e benedetto da Dio, Sansone aveva la sua
grande forza nei capelli e approfittando di questa forza aveva sgominato i
Filistei: «In seguito si innamorò di
una donna della valle di Sorek, Dalila. Allora i capi dei Filistei andarono da
lei e le dissero: “Seducilo e vedi da dove proviene la sua forza così grande e
come potremmo prevalere su di lui per legarlo e domarlo; ti daremo ciascuno
mille e cento sicli d’argento” […]». Sansone è molto innamorato, e Dalila
gli chiede in continuazione il segreto della sua forza; egli tenta in vari modi
d’imbrogliarla ma Dalila si lamenta: «[…] Come puoi dirmi: Ti amo, mentre il tuo cuore non è con me?».
Alla fine, costretto a cedere alle lusinghe dell’amore e alle pressioni di
Dalila, le svela ingenuamente il suo grande segreto: «Allora Dalila vide che
egli le aveva aperto tutto il suo cuore, mandò a chiamare i capi dei Filistei e
fece dir loro: “Venite su questa volta, perché egli mi ha aperto tutto il suo
cuore”. Allora i capi dei Filistei vennero da lei e portarono con sé il denaro.
Essa lo addormentò sulle sue ginocchia, chiamò un uomo adatto e gli fece radere
le sette trecce del capo. Egli cominciò a infiacchirsi e la sua forza si ritirò
da lui. […] I Filistei lo presero e gli cavarono gli occhi; lo fecero scendere
a Gaza e lo legarono con catene di rame. Egli dovette girare la macina nella
prigione.» (16. Sansone tradito da Dalila.). Quando iniziano a
ricrescere i capelli, Sansone si fa portare a una festa dei Filistei, in una
casa che sulla terrazza ospitava tutti i capi e circa tremila persone; con
l’aiuto di Dio afferra con forza due colonne portanti, dicendo: «Che io muoia insieme con i Filistei!»
(16. Morte di Sansone.). Fa così rovinare la casa addosso ai capi e al
tutto il popolo, causando anche la propria morte. Nella storia di Sansone e
Dalila c’è qualcosa di metaforico che potrebbe valere ancora oggi: il forte
potere di seduzione della donna, che può distruggere o annullare il senno e i
poteri dell’uomo.
Nel
libretto Rut – considerato
dal punto di vista della critica letteraria un “gioiello della Bibbia” –
si narra l’amore di Booz e Rut,
progenitori di Davide e del Messia. Rut è una straniera appartenente a un
popolo nemico di quello d’Israele ed è la vedova di un figlio di Noemi, originaria
di Betlemme. Noemi decide di ritornare a Betlemme, da dove s’era allontanata
molti anni prima a causa di una carestia; Rut, nuora affettuosa e fedele, non
vuole lasciare Noemi e rinuncia a un altro possibile vantaggioso matrimonio.
Per procurare il cibo a entrambe, Rut va a spigolare nel campo di Booz, un
parente ricco (e non più giovanissimo) della suocera. Booz incontra Rut
sull’aia e le dimostra confidenza e affetto, anche perché è affascinato dalle
sue virtù morali. Noemi viene a saperlo e, poiché nella serata Booz avrebbe
dovuto ventilare l’orzo sull’aia, suggerisce a Rut una spinta strategia di
seduzione (inaudita per una vedova ebrea, timorata di Dio): «[…] Su dunque,
profumati, avvolgiti nel tuo manto e scendi all’aia; ma non ti far riconoscere
da lui, prima che egli abbia finito di mangiare e di bere. Quando andrà a dormire,
osserva il luogo dove egli dorme; poi va’, alzagli la coperta dalla parte dei
piedi e mettiti lì a giacere; ti dirà lui ciò che dovrai fare.». Rut fa tutto
come le è stato suggerito da Noemi: «Verso
mezzanotte quell’uomo si svegliò con un brivido, si guardò attorno ed ecco una
donna gli giaceva ai piedi. Le disse: “Chi sei?”. Rispose: “Sono Rut, tua
serva; stendi il lembo del tuo mantello sulla tua serva, perché tu hai diritto
di riscatto.» (3. Noemi propone a Ruth il matrimonio con Booz.). Lusingato,
perché è un uomo anziano, Booz la lascia dormire nel suo giaciglio e il mattino
dopo si affretta a comprare la casa, i beni e il campo di Noemi, acquistando
così anche Rut: «Poi Booz prese Rut,
che divenne sua moglie. Egli si unì a lei e il Signore le accordò di concepire […]»
(4. Booz sposa Rut.). [Brani tratti da La Sacra Bibbia – Antico
Testamento,
Edizione Ufficiale della Conferenza Episcopale Italiana – CEI S.R.L. per il Testo Sacro, Roma 1974]
Con
riferimento alle storie d’amore nella Bibbia (compresa quella di Rut) Elena
Loewenthal, in Terre promesse – Per non smarrirsi nella Bibbia (“La Stampa web” del 9/11/2003), annota con la sua affascinante scrittura: «è cronaca di storie d’amore che stanno
nascoste sotto una coperta, appena prima di cominciare, sull’aia dopo che si è
ventilato il grano. E’ storia di viaggi infiniti, verso il fertile Egitto, il
roccioso settentrione, e luoghi senza nome. è
sequenza di profeti rassegnati alla disfatta della propria voce.».
P.S. La Bibbia ha spesso ispirato il cinema.
Molto di quel che ho raccontato è stato rappresentato nel monumentale colossal La Bibbia (The Bible) (1966) di John
Huston, una superproduzione non considerata certamente tra i suoi capolavori
(il regista prestò il suo talento alla voce narrante – voce italiana, quella stupenda di Arnoldo Foà), produttore
Dino De Laurentiis, tra gli sceneggiatori Vittorio Bonicelli, Mario Soldati e
Orson Welles, fotografia di Giuseppe Rotunno, con Michael Parks (Adamo), Ulla
Bergryd (Eva), Richard Harris (Caino), Franco Nero (Abele), John Huston (Noè e
Dio), Pupella Maggio (moglie di Noè), Peter O´Toole (uno dei tre angeli), George
C. Scott (Abramo), Ava Gardner (Sara), Zoe Sallis (Agar), Gabriele Ferzetti (Lot)
ed Eleonora Rossi Drago (la moglie di Lot). Diviso in due parti, il film non ha
portato sullo schermo l'intera Bibbia ma soltanto i primi ventidue capitoli del
Libro della Genesi. Laura, Luisa e Morando Morandini (ne il Morandini, Zanichelli
editore) scrivono: «Colosso mitico–religioso hollywoodiano in salsa italiana
con alcune sequenze di alta suggestione spettacolare (l'arca di Noè, la torre
di Babele). Non è difficile per i fan di Huston individuarvi le costanti
tematiche e stilistiche dell'agnostico regista americano; agli altri basta lo
spettacolo.». I Morandini riportano anche che J. Huston disse: «le autorità
ecclesiastiche hanno così paura delle controversie dogmatiche che preferiscono
vedere un ateo che filma la Genesi piuttosto che affidarlo a un cattolico, sono
persuaso che se non avessero trovato un ateo si sarebbero accontentati di un
ebreo». Il film vinse due David di Donatello nel 1966 (per il miglior
produttore e regista straniero) e il Nastro d'argento (per la miglior
scenografia).
Da ricordare anche La Bibbia – Giacobbe
(Jacob) (1994), film TV di Peter Hall con Matthew Modine (Giacobbe), Sean
Bean (Esaù), Irene Papas (Rebecca), Giancarlo Giannini (Labano) e Cecilia Dazzi
(Billah). Ricostruisce in modo dettagliato e minuzioso la biografia di questo
personaggio biblico, i suoi conflitti con Dio e la sua grande fede,
puntualizzando la lotta con il fratello Esaù per la discendenza (a causa della
quale è costretto ad abbandonare la sua casa) e la storia d'amore con Rachele, che
riesce a prevalere nonostante gli ostacoli di Labano e i lunghi anni di
drammatica sottomissione. La fede incrollabile di Giacobbe in Dio ne farà l'erede
dell'Alleanza tra Jahvè e Abramo.
Un notevole film Sansone e Dalila (Samson and Delilah)
(1949) è stato girato da Cecil B. DeMille, con Victor Mature (Sansone) e Hedy
Lamarr (Dalila); narra con maggior dettaglio la storia già raccontata. Le
coreografie del film, molto belle, furono curate dal danzatore e coreografo
Theodore Kosloff. Pur essendo tratto dalla Bibbia (Libro dei Giudici, capitoli
13-16) e raccontando una materia nobile, il film creò al regista DeMille problemi
di censura per le scene di sangue e di sesso, forti e spinte per l'epoca.
Questo film fu la prima di tre produzioni mastodontiche con le quali il regista
concluse la sua carriera: le altre furono Il più grande spettacolo
del mondo (1951) e I dieci
comandamenti (1956). Si racconta che – dovendo controllare migliaia di
comparse e talora migliaia di animali –,
dirigeva dall'alto di una piattaforma, armato di megafono e comunicando via
radiotelefono con i suoi molteplici aiuto–registi
sparsi per il set. Era certamente stato influenzato nella sua opera dagli epici
film del cinema muto italiano e è stato osservato dalla critica che «la sua
personalità dispotica e accentratrice aveva bisogno di affermazioni grandiose
ed era in grado di esprimersi sul piano professionale solo in superproduzioni
fastose e non certo in buoni film a basso costo» (“Cecil B. DeMille”, Il
Cinema – Grande storia illustrata, vol.
2, Ist. Geografico De Agostini, Novara 1981). E il regista è oggi ricordato
soltanto per queste sue grandiose eccentricità cinematografiche considerate
come «pretenziose e tronfie volgarità» (così si era espresso il critico James
Age). Questo film fu il precursore dei film epici degli anni Cinquanta e gli
effetti speciali furono creati da Gordon Jennings, che impiegò quasi un anno di
lavoro per realizzare la complicata scenografia (costata 100.000 dollari)
dell'idolo filisteo di Dagon e delle due colonne (costruiti in scala 1:3, ma
sempre altissimi: l'uno 5 metri e le altre 11 metri); la sequenza finale risultò
tuttavia molto convincente e possente, e Jennings venne candidato all'Oscar (“Gli
effetti speciali del cinema epico”, Il Cinema – Grande storia illustrata, vol. 4). Il film iniziò anche l'epoca
d'ora di Hollywood in fatto di spettacolarità biblica, anche se il film Sansone
e Dalila procurò «una certa dose di critiche e di scherno… e d'incomprensibile scetticismo» (“Il
cinema epico– religioso”, Il
Cinema – Grande storia illustrata, vol.
9). Hanno commentato Laura, Luisa e Morando Morandini: «È, forse, il più
assurdo e delirante tra i colossi biblici di Hollywood. Ignorarlo sarebbe
stolto quasi quanto prenderlo sul serio. La mano del regista è elegante.
Notevole il seno di V. Mature, più imponente di quello di H. Lamarr. Oscar per
scene e costumi.» (ne il Morandini, Zanichelli editore).
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