Irma Gramatica Emma Gramatica
Il 14 di questo mese
sono passati cinquant'anni dalla morte di Irma
Gramatica, grande attrice italiana di notevole temperamento, d'irresistibile
naturalezza e di carattere difficile e intransigente. Nata Maria Francesca, vide
la luce a Fiume – allora
austroungarica – il 25 novembre del 1867 e morì a Firenze il 14 ottobre
del 1962. Ebbe due sorelle, anch'esse attrici, Emma (altrettanto grande e
famosa) e Anna (nota col nome del marito Ruggero Capodaglio, fratello della
grande Wanda). Fu considerata la più grande attrice drammatica del periodo dopo
Eleonora Duse, della quale fu prima discepola e poi rivale.
Respirò sin da bambina la polvere del palcoscenico: infatti,
il padre Domenico era un suggeritore e la madre Cristina Gandil (di origine
ungherese), una sarta di scena, entrambi nella compagnia di Giacinta Pezzana (1841-1919)
grande attrice della compagnia Sadovski con Luigi Monti (1836-1904). Esordì a sette
anni nella commedia Cause ed effetti
del commediografo modenese Paolo Ferrari (1822-1889).
Vissuta a Stigliano nel Senese, studiò nel Collegio delle Dorotee
di Firenze. Divenuta la madre nel 1883 sarta di scena di Eleonora Duse (1858-1924)
nella “Compagnia Città di Torino”, nel 1884, alla prima della compagnia presso
il teatro Valle di Roma, Irma debuttò fortunosamente (sostituiva un generico)
nella Fedora di Victorien Sardou,
cavandosela così bene da essere chiamata nel 1885 per il ruolo di amorosa nel
dramma In portineria di Giovanni
Verga, tratto dalla novella Il canarino
del n. 15, frutto di un autore desideroso di “fondare in Italia un teatro
che avesse la semplicità della vita” (la Duse aveva interpretato nel 1884 Santuzza
nella Cavalleria rusticana di Verga).
Nella primavera del 1885 la famiglia Gramatica seguì la “Compagnia
Città di Torino” in Sudamerica in una lunga tournée, durante la quale ebbe fine
definitivamente il primo infelice matrimonio della Duse (con il coinvolgimento
della stessa Irma): nel 1881 Eleonora aveva sposato Tebaldo Checchi, attore
nella sua compagnia e aveva avuto una bambina, Enrichetta). Durante quella
stessa tournée, la Gramatica conobbe l'attore Armando Cottin, che sposò nel
1887.
Rientrata in Italia, fu insieme con la Duse-Andò nella “Compagnia
drammatica della Città di Roma” e, dopo il matrimonio, con il marito entrò a
far parte della compagnia Aleotti-Lotti-Cerruti, molto meno importante, ma ove
finalmente Irma poté maturare la sua grandezza d'interprete in ruoli da
protagonista nel repertorio francese di Sardou e Dumas figlio. Questa compagnia
intraprese una tournée in Argentina, e i due sposi partirono (lasciarono il
loro bimbo due anni alle cure di una zia paterna), affrontando un destino di
miseria: quella «morte di fame» (come ebbe a scrivere Irma) decretò la fine del
matrimonio, fallimento che fece soffrire molto l'attrice.
Nel 1892 entrò nella compagnia di Italia Vitaliani (un'importante
attrice del tempo, cugina di Eleonora Duse e sua rivale “silenziosa”) e nel
1893 nella Emanuel-Reiter; fu in quest'ultima compagnia che Irma iniziò a
curare lo studio psicologico del personaggio e la naturalezza della recitazione.
Fra le interpretazioni di quel periodo (che suscitarono grandi consensi della
critica e trionfi insperati per l'attrice), sono da ricordare: Hedda Gabler del grande drammaturgo
norvegese Henrik Ibsen (1828-1906), Il padrone
delle ferriere tratto dal romanzo dello scrittore francese Georges Ohnet (1848-1918),
e Morte civile, capolavoro del
drammaturgo ligure Paolo Giacometti (1816-1882), testo in polemica con
l'indissolubilità del matrimonio, ammirato da Émil Zola e divenuto cavallo di
battaglia di tutti gli attori più celebri della fine dell'Ottocento.
Nel 1894 l'attrice passò alla compagnia Maggi-Marchi,
mettendosi in luce con il repertorio francese; sono rimaste memorabili le
interpretazioni di Nanà di Zola, Odette di Sardou, Romanzo di un giovane povero di O. Feuillet e Re Lear di W. Shakespeare. Superba la sua interpretazione di Teresa Raquin di Zola al teatro Alfieri
di Torino nel 1895 con la compagnia Mozzidolfi-Marchetti (Giacinta Pezzana v'interpretava
la suocera paralitica). Con la sorella Emma entrò poi nella compagnia Aliprandi-Biagi-Orlandini.
Nel marzo del 1896 passò nella compagnia del grandissimo Ermete Zacconi (1857-1948),
appartenente alla scuola verista: di questo periodo sono Casa di bambola di Ibsen, Luisa
Miller di F. Schiller, La bisbetica
domata di Shakespeare, La moglie
ideale di Marco Praga, La potenza
delle tenebre di L. Tolstoj, Tristi
amori di Giacosa, e l'ultimo spettacolo con il quale Zacconi sciolse la
compagnia, il dramma Spettri di
Ibsen.
Nel 1897 Irma Gramatica creò una propria compagnia con la
quale raggiunse un grande successo, grazie alla sua maturità interpretativa e
al «suo modo di non recitare»; da ricordare soprattutto: Trilby (adattato da P. Potter dal romanzo di G. Du Maurier), Denise di Dumas figlio, Spiritismo di Sardou, una nuova e più
moderna rappresentazione di Casa di
bambola, un'audace e inquietante La
rosa azzurra di A. Vivanti (fischiata dal pubblico ma apprezzata da G.
Carducci), e una scabrosa La scuola del
marito di Giannino Antona Traversi.
Nel 1900, con Virgilio Talli e Oreste Calabresi, formò quella
che è stata definita dalla critica “la maggiore compagnia del secolo nuovo”,
rappresentando in modo esemplare le migliori produzioni drammaturgiche del
tempo. Da ricordare: Come le foglie
di Giacosa, Sperduti nel buio di R.
Bracco, Dal tuo al mio di G. Verga, Demi-monde di Dumas figlio e La signora delle camelie sempre di
Dumas figlio (la critica parlò di «una bella e pura derivazione di Eleonora
Duse»). E la sua sensibilità di grande attrice era divenuta tale che nel 1904 le
fu offerto il ruolo di Mila di Codro ne La
figlia di Jorio con Ruggero Ruggeri (1871-1953) – con il quale aveva una
relazione d'amore –, pensato in
origine per la Duse dallo stesso Gabriele D'Annunzio. Lo spettacolo era stato
in realtà finanziato in parte dalla stessa Duse e si arrivò alla definitiva
rottura con D'Annunzio. Ne derivò che, dopo soltanto tre repliche, nonostante
il successo e la considerazione della critica, a disagio per la situazione con
Eleonora Duse, Irma Gramatica preferì lasciare il posto a Teresa Franchini. La
compagnia si sciolse nel 1906 ma non cessò però la partecipazione dell'attrice
a molti altri spettacoli di successo, tra i quali La locandiera di Carlo Goldoni e L'albergo dei poveri di M. Gor'kij.
Nel 1906 con Teresa Mariani, sotto la direzione di F. Andò, Irma
diede corpo a una diversa compagnia che mise in scena nuovi spettacoli e che riprese
alcuni successi precedenti. Ammalatasi di artrite vertebrale e di esaurimento
nervoso, rimase lontana dalle scene per un lungo periodo, riprendendo a
lavorare in modo più saltuario e con stagioni ridotte. Nel 1912, insieme alla
sorella Emma, interpretò il ruolo della madre ne La professione della signora Warren di G.B. Shaw.
Nel 1915 entrò a far parte della “Compagnia stabile del
teatro Manzoni di Milano”, organizzata da Praga e dal conte G. Visconti di
Modrone, che debuttò con il dramma di Dario Niccodemi, Ombra, voluto dall'attrice e divenuto poi un suo testo privilegiato.
Fu un successo enorme mentre un fiasco clamoroso fu Se non così, scritto nel 1899 da L. Pirandello, che ne imputò tutta
la responsabilità all'attrice (per lo scrittore “la sua recitazione aveva addirittura
capovolto il significato del lavoro”). La compagnia fu sciolta a causa della Prima
Guerra mondiale. Seguirono recite non sempre all'altezza, da parte di
un'attrice delusa e desiderosa di lasciare il teatro (in quel periodo non
felice, la Gramatica ebbe modo di manifestare «il desiderio di non tornare mai
più a respirare in quella cloaca massima che si chiama palcoscenico»). Nel 1923
riprese a recitare con un repertorio rinnovato e più adatto alla sua non più
giovane età e ai suoi capelli bianchi (anche se ebbe difficoltà a calarsi nello
spirito e nella parte della donna anziana); da ricordare Israël di Bernstein e Leonarda
di B. Bjørnson.
Seguì il ritiro della Gramatica alla “Quarnarina”, una sontuosa
villa a Signa nei pressi di Firenze, e quindi in un'altra residenza fiorentina,
costretta a qualche ritorno saltuario sulle scene per bisogno di denaro; sono
da ricordare di quel periodo: Gian
Gabriele Borkmann di Ibsen, La città
morta di D'Annunzio, Tra vestiti che
ballano di P.M. Rosso di San Secondo, Elettra
di Sofocle (accanto alla sorella Emma) e Le
coefore di Eschilo. Nel 1930 recitò Stefano
di J. Deval con Luigi Carini e Renzo
Ricci (interpretando un ruolo di madre con una sensibilità enorme).
Nel 1937 fece compagnia con la sorella Emma, recitando in
due commedie i cui ruoli erano perfetti e costruiti su misura per le due
attrici già piuttosto anziane: All'insegna
delle sorelle Kadar di R. Lelli e Passeggiata
col diavolo di G. Cantini. Nel 1938, Irma entrò nella “Compagnia del Teatro
Nuovo di Milano” con Ruggero Ruggeri ma il feeling del passato era ormai morto
e sepolto e la stagione non fu per nulla felice: il Macbeth di Shakespeare vide il
congedo definitivo dell'attrice dal mondo del teatro.
Irma Gramatica fu anche un'attrice di cinema sin dai suoi
albori. Ricordiamo: Il suicidio sublime
(1914) da un soggetto di V.E. Bravetta per la regia R. Tolentino con U. Mozzato,
e – dopo cinque anni di assenza
dalle scene – Porto (1935) di Amleto Palermi con Elsa
De Giorgi e Camillo Pilotto (in un altro indimenticabile ruolo di madre
rassegnata e dolente). Ne Il fu Mattia
Pascal (1936) di P. Chenal con Isa Miranda e Pierre Blanchard interpretò il
ruolo della sgradevole vedova Pescatore, suocera di Mattia. Nel 1941 ritornò al
cinema con Sissignora di Ferdinando
Maria Poggioli insieme a Emma e con Maria Denis, Roldano Lupi, Leonardo
Cortese, Evi Maltagliati e Rina Morelli (Irma era un'acida zitella); Orizzonte dipinto di Salvini con Memo
Benassi, Ermete Zacconi e un'esordiente Valentina Cortese (Irma interpretava
una vecchia attrice); I mariti – Tempesta d'amore di Camillo
Mastrocinque, presentato al festival di Venezia, con Mariella Lotti e Amedeo
Nazzari (Irma era la duchessa Matilde di Herrera). Ma è rimasto nella memoria
di molti il film Sorelle Materassi
(1943) di F.M. Poggioli insieme a Emma e con Massimo Serato e Clara Calamai
(Irma era Teresa Materassi). Dopo qualche altra partecipazione, nel 1951
l'attrice si congedò in modo definitivo dal cinema (aveva 84 anni) con il film
di Mario Sequi Incantesimo tragico con
Massimo Serato, Rossano Brazzi e Maria Felix, (interpretava il ruolo di una nonna
centenaria).
Nel 1935 fu chiamata come insegnante per un biennio presso
la neo–nata “Accademia
Nazionale d'Arte Drammatica”, frequentata allora da Ave Ninchi, Aroldo Tieri e
Orazio Costa.
Dagli
anni Cinquanta, iniziò per Irma Gramatica un triste periodo di declino:
costretta a vendere la residenza fiorentina, viveva ospite delle sorelle o di
qualche amica; visse poi in una pensione veneziana con la sorella Anna
(Messina, 19 settembre 1879 – Bologna, 29 giugno 1961) rimasta vedova
dell'attore Ruggero Capodaglio, che dal 1946 si ritirò presso la Casa di riposo
per artisti Lyda Borelli di Bologna. Nel 1952 Irma si trasferì a Tavarnuzze di
Impruneta, vicino Firenze, ove morì il 14 ottobre del 1962, alla veneranda età
di 95 anni. Nel 1956 era stata nominata Commendatore della Repubblica.
Si è detto di Irma Gramatica: «Personalità artistica di
schietta originalità, fu nei momenti più felici interprete di grande efficacia
e talora di inconsueta potenza…»
(http://www.treccani.it/enciclopedia/irma-gramatica/).
Si è parlato di «un'attrice tormentata ed inquieta, con una dizione tagliente
ed un'economia gestuale, che può essere scambiata per superficialità e scarso
coinvolgimento nell'interpretazione, mentre è invece lavoro di perenne ricerca
di profondità», aggiungendo o che «la nota saliente della sua recitazione
consiste proprio in una grandissima semplicità d'espressione» (http://www.mymovies.it/biografia/?a=19177).
è stato commentato in un articolo
dal titolo Irma Gramatica, la grande
attrice di Fiume: «Inizia
giovanissima a recitare, dimostrando subito la sua enorme bravura e il suo
innato talento. […] L’anno 1896 la vede già prim'attrice interpretare parti
alquanto difficili per la non ancora trentenne Irma.Grazie al precedente rapporto
con eccezionali attori e attrici, perfeziona giorno dopo giorno la sua
personale esegesi melodrammatica, variando da repertorio a repertorio. I
registi ormai possono affidarle qualsiasi ruolo interpretativo, ella si
dimostra perfetta e sensibile sia col nuovo teatro che con agli autori
romantici del 19° secolo.»(http://www.totalita.it/articolo.asp?articolo=271&categoria=4&sezione= 31&rubrica=32).
Desidero
dare qualche informazione su Emma Gramatica, che fu spesso
accanto a Irma nelle esperienze sia teatrali che cinematografiche. Emma era
molto più giovane di Irma: era nata a Borgo San Donnino (Fidenza, Parma) il 25
ottobre 1874 (morì a Ostia l'8 novembre del 1965 alla veneranda età di 91 anni)
ma non ebbe né le opportunità di educazione né il fascino femminile della
sorella più grande. Piccolina e poco appariscente, senza la musicalità della
voce di Irma, seppe costruirsi una notevole cultura e sviluppare una forza
interpretativa e un'incisività impareggiabili, mitigate da toni di intenso
patetismo. Giovanissima, anche Emma incrociò il suo destino con quello della
grande Eleonora Duse, debuttando nella Gioconda
di Gabriele D'Annunzio nel ruolo della sirenetta (con la Duse fu anche
all'estero). Divenne ben presto prima attrice nelle compagnie di alcuni grandi
attori di fine Ottocento e primi del Novecento (Ermete Zacconi, Flavio Andò,
Enrico Reinach ed Ermete Novelli), ed entrò a far parte della famosa compagnia
Gramatica-Carini-Piperno, che lanciò e formò il grandissimo attore Renzo Ricci (1899-1978).
Notevoli furono le interpretazioni in La
Samaritana di Rostand; Ma non è una
cosa seria e Così è se vi pare
di Pirandello; e Candida, La professione della signora Warren, Pigmalione e Santa Giovanna di G.B. Shaw.
Emma frequentò
la prosa radiofonica dell'EIAR (e successivamente della RAI) e il cinema con
una maggiore continuità rispetto alla sorella Irma. Fu
nel lacrimevole dramma popolare La
damigella di Bard (1936) di Mario Mattoli con Luigi Cimara, Carlo
Tamberlani e Romolo Costa; nelle Sorelle Materassi
(1944) di Ferdinando Maria Poggioli, accanto alla sorella Irma (Emma era Carolina
Materassi); nel grottesco e neorealista Miracolo a Milano (1951) di Vittorio De Sica con Paolo Stoppa, Alba
Arnova, Guglielmo Barnabò e Brunella Bovo (era la nonna dell'ingenuo Totò); nel
brillante Peppino e la vecchia signora
(1954) per la sua stessa regia (direzione tecnica di Piero Ballerini) con Peppino
De Filippo; e nel satirico Don Camillo
monsignore... ma non troppo (1961) di Carmine Gallone con Fernandel, Gino
Cervi, Gina Rovere e Valeria Ciangottini.
Emma ebbe
modo di partecipare nel 1956 ad alcuni spettacoli di prosa televisiva: La damigella di Bard di Salvator Gotta,
regia di Claudio Fino, con Paolo Carlini, Nino Pavese e Mercedes Brignone; I dialoghi delle Carmelitane di Georges
Bernanos, regia di Tatiana Pavlova, con Adriana Innocenti, Annabella Cerliani,
Camillo Milli, Evi Maltagliati, Lea Padovani, Luigi Pistilli, Paolo Carlini e
Tino Carraro; e Ventiquattr'ore felici
di Cesare Meano, regia di Claudio Fino, con Luigi Vannucchi, Pina Cei, Ivo
Garran e Sandro Tuminelli. Nel 1958 partecipò a Primo amore di Orio Vergani, regia di Guglielmo Morandi, con
Tatiana Farnese, Mario Feliciani e Aldo Silvani. Infine, nel 1964, novant'enne,
fu nella commedia Ritorno a Bountiful
di Marcello Sartarelli, regia di Pino Cuomo, con Vittorio Mezzogiorno, Didi
Perego e Andrea Checchi. Io sono tra quei pochi fortunati che hanno potuto
vederla recitare in TV (ero appena una ragazzina ma la ricordo perfettamente,
non l'ho mai dimenticata, e da lì è nata la mia devozione per il teatro!).
Si è
scritto: «Ha la voce chioccia ed è tutt'altro che avvenente, tanto che in molti
– Duse compresa – le consigliano di lasciar perdere.
Lei invece persevera, oltre ai già citati “limiti”, possiede infatti decisione
e volontà di ferro, associata ad un'incredibile versatilità – e naturalezza – che le consente di affrontare un
repertorio estremamente vario. Distintasi, all'inizio, in ruoli di carattere
romantico, si dedica poi al teatro naturalistico, interpretando anche numerose
opere di Ibsen e di Bataille; grazie ai suoi successi, il pubblico italiano può
apprezzare i lavori di George Bernard Shaw. Dal 1916 a capo di proprie
compagnie, è applaudita anche all'estero (Francia, Germania, Ungheria, Spagna).
Attrice eclettica si adatta ai più disparati personaggi […]» (http://www.mymovies.it/biografia/?a=4172).
Si è anche commentato: «fu soprattutto ammirata per la perfetta misura di toni
e di passaggi con la quale seppe rendere la bontà nascosta di donne miti e
sofferenti»
(http://www.treccani.it/enciclopedia/emma-gramatica/).
Le carte
veneziane di Emma Grammatica, rinvenute fortunosamente, sono state messe in
salvo e hanno fornito preziose informazioni sulla sua attività negli anni Dieci
e Venti: «Autodidatta per formazione, di raffinata sensibilità e volontà tenace
e ferma, poche attrici come Emma Gramatica hanno sentito l'arte con tanto
disperato amore, coraggio indomito, determinazione, lavorando per favorire sui
palcoscenici italiani l'avvento di un teatro idealistico. Donna versatile,
attrice notevole, si affiancò ad altri grandi nomi del teatro del '900
rivelando – così come emerge dallo studio dei documenti disponibili – la
capacità di gestire una compagnia, di discutere d'affari, di proporre al pubblico
(e ai direttori di teatro) il meglio della drammaturgia europea, i testi più
innovativi o sperimentali.» (a cura di Luisa Pagnacco,
http://www.istitutointernazionaleperlaricercateatrale.it/venezia/archivio-memoria-teatrale/copione-e-carte-di-emma-gramatica/).
Antonio
Gramsci, in “Emma Gramatica”, 1° luglio 1919 (Cronache teatrali dall’«Avanti!»,
1916-1920), osservava che a quel tempo la tecnica teatrale era stata
scombussolata da alcuni deteriori aspetti commerciali come il «mutarsi dei
rapporti economici tra l’impresario del teatro, divenuto industriale associato
in un trust, il capocomico, divenuto mediatore, e i comici soggiogati alla
schiavitù del salario», e così scriveva: «Poche resistenze si verificarono a
questo imperversare della concorrenza e della speculazione. Resistere d'altronde
è difficile. Qualcuno cercò di salvare almeno una parte della libertà d'espressione
artistica di fra le urla e gli stridi avidi del mercato capitalistico. Emma
Gramatica è certamente di questi pochi: segno della sua personalità e della sua
volontà artistica. Ribellarsi sarebbe stato pazzo e puerile […]. Ribellarsi
avrebbe solo significato essere immediatamente privati delle possibilità
maggiori di espressione. Ma c'è adattamento e adattamento. La Gramatica ha
conservato una sua libertà di movimento e di scelta: c'è una ricerca continua,
una lotta continua nella sua attività: c'è vita. […] A Torino, almeno, dove
l’industrialismo teatrale opera implacabile come un flagello, la Gramatica è la
sola che in questi ultimi anni ha “prodotto” novità, ha suscitato dall'interiore
sua vita creature nuove, che vibrano d'amore e di odio o svolgono la quotidiana
fatica del vivere in forme non logorate e rese opache dall'abitudine e dallo
schema del mestiere, che è regolato dalla legge del minimo sforzo. Ha tentato,
ha osato, dicono che abbia anche arrischiato dei capitali senza certezza di
rivalsa, per imporre fantasmi artistici che altrimenti non avrebbero mai
passeggiato sulle scene italiane. Vive dunque in lei e opera incessantemente,
condizionando anche l'attività pratica, il principio della creazione
irresistibile e prepotente che foggia una personalità e plasma un carattere
secondo le leggi sue proprie: le leggi della bellezza.»
(http://www.quartaparetepress.it/index.php/2012/07/05/gramsci-cronache-teatrali-emma-gramatica/)
Nel 1951
raccontava Indro Montanelli che, quando aveva venti anni, Emma Gramatica si era
venuta a trovare a Palermo in macchina con il grande scrittore francese Anatole
France (1844-1924) e aveva paura di essere troppo ingombrante sul sedile ma
France le aveva detto: «Vous êtes comme les anges, qui n'ont pas de derrière!»;
scriveva Montanelli: «Qualcosa come mezzo secolo dev'esser trascorso da allora,
ed Emma somiglia un po' meno a un angelo, ma grassa non la si può dire nemmeno
adesso. La vita che mena, d'altronde, non le consentirebbe di diventarlo. Alla
sua età, ha girato per tre anni consecutivi, tutti i teatri dell'America del
Sud, volando da Buenos Aires a Santiago, da Santiago a Lima, da Lima a Caracas,
e recitando una sera in italiano e la sera dopo in spagnolo, lingua che, sino
al momento di partire, ignorava totalmente. Ora è tornata per girare un film
con De Sica, e sono fatiche a cui molti giovani non resistono.».
Guido Gozzano (1883-1916), in una sua poesia cita Emma
Gramatica in modo nascosto. Il poeta torinese, morto giovane stroncato dalla
tisi, considerato dalla critica l'ultimo dei classici (Eugenio Montale lo
definì «classico antico»), è
stato il più importante rappresentante del Crepuscolarismo (che in poesia fu un
movimento di rottura e d'avanguardia) e cantò in modo distaccato e con voce
modesta le piccole cose e i piccoli sentimenti della vita, ponendosi contro la
classicità imperante rappresentata da Carducci, e contro la retorica
declamatoria e decadente incarnata da D'annunzio. In Un rimorso – poesia dedicata a una donna che somiglia alla «piccola attrice famosa», che in modo
teneramente insultante chiama ora «la
povera cosa che m’ama», ora «bionda
povera cosa», e che nel leitmotiv della poesia (che si ripete come un
tormentone) affranta gli chiede: «Ma,
Guido, che cosa t’ho fatto / di male per farmi così?» – Gozzano così scriveva:
«i. O il tetro Palazzo Madama… / la sera…
la folla che imbruna… / Rivedo la povera cosa, // la povera cosa che m'ama: /
la tanto simile ad / una piccola attrice famosa. // Ricordo. Sul labbro
contratto / la voce a pena s'udì: / “O Guido! Che cosa t'ho fatto / di male per
farmi così?”// ii. […] / O noto
profumo disfatto / di mammole e di petit–gris… / “Ma Guido, che cosa t'ho
fatto / di male per farmi così?” // iii.
Il tempo che vince non vinca / la voce con che mi rimordi / o bionda povera
cosa! // Nell'occhio azzurro pervinca / nel piccolo corpo ricordi / la piccola
attrice famosa… // Alzò la veletta.
S'udì / (o misera tanto nell'atto!) / ancora “Che male t'ho fatto, / o Guido,
per farmi così?” // iv. […] /
Passavano giovani gaie… / Avevo un cattivo sorriso: / eppure non sono cattivo,
/ non sono cattivo, se qui / mi piange nel cuore disfatto / la voce: “Che male
t'ho fatto, / o Guido, per farmi così?”». (da Gozzano – Tutte le
poesie, Grandi Tascabili Economici Newton, Newton Compton Editori, Roma
1993).
La «piccola
attrice famosa» era appunto Emma Gramatica. è
stata identificata perché, in una lettera di Gozzano a G. De Renzi spedita da
Ceresole Reale del 3 agosto 1907, parlando di Emma Gramatica, Guido scriveva: «Avete
parlato di me con la piccola attrice famosa?».
Molte informazioni sulle due sorelle attrici, le dobbiamo
alle sue biografie di Luigi Maria Personè, Irma
ed Emma. Due grandi del teatro italiano (Prato, Società pratese di storia
patria, 1987): abbiamo saputo per esempio da Personé il vero anno di nascita di
Irma Gramatica, su cui esisteva qualche incertezza.
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